Politica

John Swinney è il nuovo primo ministro della Scozia

Ieri era stato indicato come leader degli indipendentisti dell'Snp, principale partito nell'assemblea parlamentare di Holyrood, a Edimburgo, al posto del dimissionario Humza Yousaf
©ROBERT PERRY
Ats
07.05.2024 18:54

John Swinney è da oggi il nuovo first minister dell'esecutivo scozzese.

Ieri era stato indicato come leader degli indipendentisti dell'Snp, principale partito nell'assemblea parlamentare di Holyrood, a Edimburgo, al posto del dimissionario Humza Yousaf.

Swinney, 60enne veterano della politica scozzese e già vice first minister nel decennio dominato dalla leadership di Nicola Sturgeon tra il 2014 e il 2023, ha incassato la fiducia dell'aula al suo governo di minoranza grazie all'astensione degli ex alleati Verdi, che la settimana scorsa avevano rotto con Yousaf.

Swinney ha incassato i voti di 64 deputati indipendentisti e l'astensione dei 7 verdi (che equivale a un via libera alla fiducia) su un'assemblea di 130 seggi. Mentre il leader conservatore Douglas Ross si è fermato a 31, il laburista Anas Sarwar a 22 e il liberaldemocratico Alex Cole-Hamilton a 4 (ossia i voti dei rispettivi gruppi).

Nel suo intervento in aula, il first minister entrante si è detto "onorato" della fiducia, non senza rivolgere un omaggio ai suoi due predecessori e compagni di partito (entrambi presenti) Nicola Sturgeon e Humza Yousaf: la prima donna e il primo figlio d'immigrati musulmani ascesi alla carica di capo del governo locale nella nazione del nord del Regno Unito, come ha ricordato. Nello stesso tempo ha teso la mano agli altri partiti, dicendosi convinto che "una maggioranza ampia" di parlamentari condivida con lui la volontà di "rendere la vita degli scozzesi migliore sotto tanti profili cruciali" attraverso decisioni"prese qui in Scozia".

Swinney ha poi parlato di un desiderio "crescente di autogoverno" fra gli scozzesi, glissando però sull'obiettivo dell'indipendenza: bandiera costitutiva dell'Snp. Indipendenza che del resto appare da mesi in calo nei sondaggi, ben al di sotto del 50% dei consensi, sullo sfondo di un'ipotesi di referendum bis post Brexit sul divorzio da Londra più lontana che mai, a dieci anni da quello perduto nel 2014, dopo l'altolà imposto a suo tempo dalla Corte Suprema britannica.

L'elezione di Swinney, già leader di transizione dell'Snp a inizio anni 2000, nell'ultima fase in cui gli indipendentisti furono all'opposizione prima di strappare il primato elettorale e la guida delle istituzioni locali in Scozia al Labour dal 2007 in avanti, rappresenta in ogni modo per ora solo una soluzione d'emergenza, secondo diversi analisti. Soluzione che non cancella le sollecitazioni a un ritorno a urne o almeno di una svolta radicale di programma sollecitate dai tre partiti unionisti. Né ricuce del tutto lo strappo con gli ex alleati Verdi (Scottish Greens), che per ora si limitano ad assicurare un soccorso esterno da contrattare volta per volta dopo aver rotto con Yousaf sulla scia sia dei contraccolpi dello scandalo sulla gestione dei fondi del movimento indipendentista (ereditato dall'era Sturgeon), sia soprattutto della frenata dell'esecutivo uscente sugli ambiziosi impegni intermedi assunti inizialmente sul dossier clima verso l'obiettivo emissioni zero di CO2 in Scozia. E neppure sana se non in superficie - come argomenta Glenn Campbell, Scotland political editor della Bbc - le divisioni interne al medesimo Scottish National Party: fra vecchia guardia e fautori di una maggiore discontinuità, nonché fra progressisti e tradizionalisti sul fronte di riforme quali quella sull'identità transgender.