Corea del nord

Kim, il dittatore-bambino che ha ordinato al Paese di non ridere

Dieci anni fa l’ascesa al potere a soli 28 anni - Le ambizioni nucleari e il pericolo degli hacker manovrati da Pyongyang - Il complicato rapporto con la Cina e i rischi per la stabilità regionale
Kim Jong Un, 38 anni, governa la Corea del Nord dal 2011. È salito al potere dopo la morte del padre, Kim Jong Il. ©KEYSTONE
Dario Campione
28.12.2021 22:00

«L’intera vita di Kim Jong Il, che con volontà di ferro ed energia sovrumana ha tracciato un sentiero su un terreno spinoso e inesplorato, tenendo alta la bandiera rossa dai primi giorni della sua grande leadership fino all’ultimo momento della sua vita, risplende come nobile e rivoluzionaria. Kim Jong Il è stato un leader eccezionale e una patriota impareggiabile, e ha dedicato tutto sé stesso alla prosperità eterna della Corea socialista, alla felicità del popolo e alla realizzazione della causa del Partito». Il sito Internet del Rodong Sinmun, organo ufficiale del partito unico al potere a Pyongyang, sembra essere preda di un’impazzita macchina del tempo. I toni, le parole, gli aggettivi rimandano agli anfratti della storia politica del Novecento. Gli stessi in cui erano stati riposti, senza grandi nostalgie, gli scarichi armamentari della propaganda.

A dispetto di tutto ciò che odora anche soltanto lontanamente di contemporaneo, dalle pagine del Rodong Sinmun rimbalzano le immagini e le descrizioni di un mondo tanto apparentemente irrealistico quanto terribilmente vero. Il mondo chiuso, inaccessibile e in parte sconosciuto della Corea del Nord, erede ultima (sulla carta, almeno) della rivoluzione leninista.

Previsioni sbagliate

Da dieci anni, dalla morte del padre Kim Jong Il avvenuta il 17 dicembre 2011, la Corea socialista è governata da Kim Jong Un, salito al potere a soli 28 anni dopo un apprendistato politico brevissimo.

L’improvvisa ascesa del giovane Kim alla guida di una «imprevedibile nazione dotata di armi nucleari» (la definizione è del “Guardian”), spiazzò all’epoca molti osservatori e scatenò previsioni di ogni genere su come, e per quanto tempo, lo stesso Kim avrebbe governato l’impenetrabile Stato dell’Asia Orientale.

Alcuni vaticinarono la precoce scomparsa politica di un «ragazzo» che doveva ancora guadagnarsi la lealtà della cerchia ristretta del Partito dei lavoratori e degli alti ufficiali dell’Esercito. La macchina statale, secondo altri analisti, avrebbe usato la successione per sfruttare l’inesperienza di Kim, facendo precipitare il Paese e il mondo in un’incertezza senza precedenti.

All’inizio del gennaio 2012, quando la leadership di Kim Jong Un era appena avviata, Victor Cha, direttore degli Affari asiatici della Casa Bianca tra il 2004 e il 2007, scrisse: «Che si sfaldi nelle prossime settimane o nel giro di alcuni mesi, il regime non sarà in grado di tenersi insieme dopo la prematura morte del suo leader, Kim Jong Il».

Ci fu anche chi, facendo leva più sulla speranza che su aspettative realistiche, immaginò un nuovo stile di comando sotto il «cosmopolita» Kim Jong Un, il quale era pur sempre stato educato in un esclusivo collegio svizzero e professava amore incondizionato per il basket della NBA.

Nella realtà, le cose sono andate molto diversamente. Secondo Duyeon Kim, tra le più apprezzate editorialiste del New York Times e in passato consulente del ministero degli Esteri di Seul, «è stato un errore per alcune persone presumere che Kim Jong Un potesse agire da riformatore. Essere istruiti in Occidente non significa automaticamente aderire ai valori democratici. Alla fine, si trattava di garantire che la dinastia Kim durasse per sempre, quindi è naturale che Kim abbia fatto di tutto per mantenere una salda presa sul potere assoluto. Il dittatore nordcoreano ha mantenuto questa sua presa attraverso una combinazione tipica degli apparati di regime: ha fatto salve le élite che sostengono la leadership della sua famiglia e impiegato pratiche brutali per imporre la lealtà ed eliminare le minacce».

Crescita tecnologico-militare

Antonio Fiori
Antonio Fiori

Chi conosce molto da vicino la Corea del Nord, avendone fatto l’oggetto dei propri studi, è Antonio Fiori, professore associato di Relazioni internazionali dell’Est asiatico all’Università di Bologna e autore, tra gli altri, di “Il nido del falco. Mondo e potere in Corea del Nord” (2016) e di “Enigma Corea del Nord. Storia e segreti di una nuova potenza atomica” (2017), libro quest’ultimo curato con Axel Berkofsky.

«Partiamo da un dato - dice Fiori - La Corea del Nord è un Paese sovrano, governato da un regime dittatoriale e caratterizzato da una filosofia di autosufficienza che tale, in realtà, non è mai stata. Un Paese diventato, negli anni, uno dei principali problemi della geopolitica mondiale».

Come e perché si sia giunti a una simile situazione è semplice da spiegare. Kim Jong Un ha impresso alla Corea del Nord, nazione apparentemente impenetrabile ma «meno inaccessibile di quanto si possa credere», un «avanzamento tecnologico-militare incredibile. Non bisogna mai dimenticare i 4 test atomici sotterranei, uno dei quali sicuramente con una bomba H da almeno 200 kilotoni; né i passi avanti fatti con i missili balistici intercontinentali, la cui gittata plausibilmente potrebbe raggiungere le coste americane. La questione essenziale - insiste Fiori - è che i nordcoreani sembrano essere ormai vicini al montaggio di testate atomiche su uno di questi missili. Lo ha ricordato di recente pure Siegfried Hecker, forse il maggiore esperto del programma nucleare di Pyongyang». La minaccia nordcoreana è quindi reale. E ad ampio ventaglio. Viaggia infatti anche in Rete. «Sono tra i più pericolosi hacker al mondo - continua Fiori - come dimostrano le due unità costruite con l’obiettivo di colpire i sistemi informatici occidentali. È noto che i “Guardiani della Pace” capaci di violare nel 2014 il dominio della Sony, costringendo la multinazionale giapponese a buttare via migliaia di computer, altro non erano che hacker di Kim Jong Un, entrati in azione per rappresaglia contro la produzione di un documentario satirico sulla vita del giovane dittatore (“The Interview”, ndr)».

Negli anni, i pirati della Rete di Pyonyang hanno poi sviluppato «capacità incredibili, anche per garantire al regime valuta pregiata. Si spiegano così i clamorosi furti alla Banca centrale del Bangladesh e gli attacchi a moltissimi altri siti di istituzioni piccole e grandi, costrette a pagare riscatti, anche in Bitcoin, per non perdere i propri dati».

I luoghi comuni

Ancora oggi, il rischio maggiore, per chi si avvicina alla realtà nordcoreana, è di essere preda dei luoghi comuni, dei ragionamenti scontati. La subalternità alla Cina, ad esempio. O il dittatore da operetta.

«Se parliamo di integrazione economica e di aiuti alimentari o energetici, la Cina rimane sicuramente un attore necessario per la Corea del Nord, nonostante la pandemia abbia rallentato i rapporti tra i due Stati. Tuttavia - spiega ancora Fiori - dobbiamo scordarci che la Corea sia un vassallo dei cinesi. Non è così. Il regime di Pyongyang è solido grazie soprattutto a un ferreo controllo della polizia e a un autoritarismo fortissimo, fondato sulla tradizione. Peraltro, i cinesi non vogliono la caduta di Kim, anche se preferirebbero sicuramente avere a che fare con un Paese che non mina la stabilità regionale».

Capire la Corea del Nord utilizzando le categorie politiche o sociali dell’Occidente liberale, è soltanto una perdita di tempo. Anche perché «i livelli da tenere in considerazione sono molteplici - conclude Fiori – A Pyongyang, ad esempio, vivono 1,5 milioni di persone, quasi tutte collaterali al regime. Il resto del Paese, invece, è in condizioni di arretratezza conclamata. I contadini si informano quasi unicamente con i giornali affissi nelle piazze, e in questo senso si spiegano i toni propagandistici e irreali del giornale del partito. Ma nel Paese entra illegalmente anche molto materiale vietato. Circolano infatti chiavette Usb con i video delle serie Tv sudcoreane o cinesi, e si può sapere che cosa accade nel resto del mondo. Non tutti i nordcoreani, insomma, vivono reclusi all’interno dei loro confini. Sono attivi pure 1,5 milioni di telefonini sebbene con carte sim bloccate, tutte fornite da un operatore egiziano».

Una dinastia al potere da quasi 74 anni

Il capostipite

Kim Il Sung (1912-1994) è stato il capostipite della dinastia che regge la Corea del Nord da quasi 74 anni. A capo della Repubblica Popolare Democratica di Corea dal 1948 al 1994, è indicato nella Costituzione come «presidente eterno» della nazione.

Il figlio

Kim Jong Il (1941-2011), primogenito di Kim Il Sung, ha governato la Corea del Nord dal 1994 fino alla morte. Nominato «segretario generale eterno» del partito unico al potere, viene salutato come il «caro leader» o il «grande leader della Patria».

Il nipote

Kim Jong Un (1983) è il secondo figlio di Kim Jong Il . È segretario generale del Partito del Lavoro, presidente della Commissione militare centrale e presidente della Commissione affari di Stato.

Il libro

“Enigma Corea del Nord. Storia e segreti di una nuova potenza atomica”, curato da Axel Berkofsky e Antonio Fiori (Mondadori, 2017) è un testo quasi necessario per capire meglio il Paese Est-asiatico.