La Corte Suprema condanna Jair Bolsonaro a 27 anni e tre mesi

La Prima sezione della Corte Suprema brasiliana ha emesso una condanna a 27 anni e tre mesi per l'ex presidente Jair Bolsonaro, condannato per tentato colpo di Stato e altri reati connessi. A proporre l'entità della pena è stato il giudice relatore del caso, Alexandre de Moraes. «La gravità e l'intensità della colpevolezza, dei motivi, delle circostanze e delle conseguenze del reato sono ampiamente sfavorevoli all'imputato Jair Messias Bolsonaro» ha detto de Moraes, relatore del caso, durante la votazione sulla determinazione della pena per l'ex presidente. Secondo Moraes, il leader di destra «ha strumentalizzato l'apparato statale e mobilitato agenti e risorse pubbliche con l'intento di diffondere false narrazioni per provocare instabilità sociale e perpetuarsi al potere».
Dopo la condanna, non si sono fatte attendere le reazioni, in particolare quelle dei figli. Durissimo il primogenito, il senatore Flavio Bolsonaro, che sui social ha accusato la Corte Suprema di aver «spezzato i pilastri della democrazia» condannando «un innocente che ha osato non piegarsi a un dittatore chiamato Alexandre de Moraes». E ancora: «Mio padre è forte e determinato ad affrontare a testa alta questa persecuzione», ha scritto, aggiungendo che «la storia dimostrerà che siamo dalla parte giusta, quella della difesa della democrazia». Flavio ha denunciato un processo «dal verdetto già scritto», elogiando il voto del ministro Luiz Fux, unico a chiedere l'assoluzione dell'ex presidente. Ha inoltre accusato la giudice Carmen Lúcia, che ha dato la maggioranza per la condanna, di «non individuare nemmeno un solo comportamento e di non citare nemmeno una prova concreta. Persone che non si conoscono e non si sono mai parlate sono state trasformate in un'unica organizzazione criminale. Le narrazioni sono diventate la base giuridica». Anche il deputato federale Eduardo Bolsonaro, dagli Stati Uniti, ha attaccato duramente, parlando di «suprema persecuzione» e scrivendo in maiuscolo «voglioni uccidere Bolsonaro», chiedendo un'amnistia «ampia, generale e senza restrizioni» per tutti e denunciando «la persecuzione di Moraes» contro la sua famiglia e gli ex alleati del padre.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dal canto suo ha parlato di «condanna sorprendente», affermando che quanto avvenuto al leader brasiliano è quanto «hanno cercato di fare» con lui.
Tornando in Brasile, la sinistra al governo ha parlato di «giorno storico per la democrazia». Lindbergh Farias, il leader alla Camera del Partito dei lavoratori (PT) del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, ha definito il voto della giudice Carmen Lúcia «contundente» e ha detto che «l'amnistia va sepolta una volta per tutte». Sui social, il leader del governo José Guimarães ha sottolineato che «nessuno è al di sopra della legge», mentre la ministra Gleisi Hoffmann ha parlato di «vittoria della democrazia e della sovranità nazionale» e il ministro Paulo Teixeira ha esultato: «Oggi abbiamo sepolto di nuovo la dittatura».
All'opposto, il leader dell'opposizione, Luciano Lorenzini Zucco del Partito liberale (PL) di Bolsonaro, ha accusato la Corte di «processo farsa» e di «condanna annunciata». In una nota, i deputati del PL hanno attaccato i giudici Alexandre de Moraes, Cármen Lúcia e Flávio Dino, elogiando invece Luiz Fux, unico magistrato a votare per l'assoluzione. L'opposizione ha annunciato battaglia per un'amnistia «ampia, generale e senza restrizioni» e ha promesso di continuare a denunciare «abusi e irregolarità» del processo.
Bolsonaro e gli imputati erano accusati di associazione a delinquere armata, tentata abolizione violenta dello Stato di diritto democratico, colpo di Stato, danneggiamento aggravato contro il patrimonio pubblico e deterioramento di beni culturali protetti nell'ambito dell'assalto al Congresso nazionale, a Brasilia, dell'8 gennaio 2023, come risposta alla sconfitta dell'allora presidente Jair Bolsonaro nelle elezioni generali in Brasile del 2022. L'8 gennaio una folla di sostenitori di Bolsonaro e altri estremisti di destra aveva attaccato la sede del governo federale brasiliano nella capitale. La folla aveva invaso e vandalizzato il Congresso Nazionale, l'edificio della Corte Suprema e il Palazzo Presidenziale, nella Piazza dei Tre Poteri, cercando di rovesciare violentemente il presidente democraticamente eletto del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, insediatosi il 1. gennaio.
Gli altri imputati oltre a Bolsonaro – considerati il nocciolo duro del complotto golpista – sono Alexandre Ramagem, ex direttore dell'Agenzia brasiliana di intelligence; Almir Garnier, ex comandante della Marina; Anderson Torres, ex ministro della Giustizia ed ex segretario della Pubblica sicurezza del Distretto Federale; Augusto Heleno, ex ministro del Gabinetto di Sicurezza Istituzionale; Mauro Cid, ex aiutante di campo di Jair Bolsonaro e collaboratore di giustizia; Paulo Sérgio Nogueira, ex ministro della Difesa; e Walter Braga Netto, ex ministro della Casa civile.
Sostenuto dalle veglie di preghiera degli evangelici e dalla moglie Michelle, il leader di destra settantenne ha seguito il processo dagli arresti domiciliari, controllato a vista dalla Polizia, che teme la sua fuga.