La crisi delle pensioni in Francia: quale impatto sul piano internazionale?

Che ne sarà, ora, della Francia sul piano internazionale? Riformuliamo: quali saranno, o potrebbero essere, effetti e conseguenze del lungo, lunghissimo braccio di ferro interno fra Emmanuel Macron e la popolazione legato alla discussa riforma delle pensioni? Per anni, la scena europea (e globale) è stata il fiore all’occhiello dell’attuale presidente della Repubblica. Di più, in questi mesi tormentati – in teoria – avrebbe dovuto rappresentare una comoda via di fuga dalle grane domestiche. Le cose, però, sono andate e stanno andando diversamente.
Se l'interno condiziona l'esterno
La Francia, dati e cifre alla mano, ha un peso specifico enorme all’interno dell’Unione Europea. In estrema sintesi, è la seconda potenza economico-demografica e la prima potenza diplomatica e militare fra i ventisette Stati membri. Per dire: Parigi vanta un seggio permanente nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il problema, tornando alla riforma, è che a mancare, ora più che mai, è il sostegno dei cittadini. Il paragone con Angela Merkel, in questo senso, è emblematico: cancelliera della Germania dal 2005 al 2021, ha goduto di un ampio consenso interno dal primo all’ultimo giorno. Un consenso che le ha permesso di avere un ruolo importante, se non fondamentale, in Europa e nel mondo.
Macron, al contrario, non ha saputo convincere i francesi della bontà della riforma. Il tutto mentre il debito pubblico del Paese è peggiorato a fronte di una spesa record. L’immagine, insomma, non è esattamente quella di un Paese sano. Tantomeno forte, anche a livello di valori: possibile che, nella culla della democrazia, le autorità debbano usare così tanta violenza nei confronti dei manifestanti?
Per quanto valgano i sondaggi, il calo (ma dovremmo dire la picchiata) in termini di popolarità di Macron è l’immagine plastica della Francia. Una nazione indebolita, frustrata e apparentemente senza controllo.
L'incoerenza e le divisioni
È vero, come ha scritto Michaela Wiegel sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, che Macron ha ancora tutto il tempo per capovolgere l’orizzonte e riprendere in mano le redini del Paese. Ed è altrettanto vero, come hanno lasciato intendere altri analisti, che protestare per un aumento da 62 a 64 anni dell’età pensionabile, all’estero, è visto e interpretato come un capriccio, dato che questa età, altrove, è stata portata da tempo a 67 anni.
Il fulcro di Macron e del macronismo, d’altronde, è sempre stato l’Europa. Anche per rispondere al sovranismo di Marine Le Pen. Il disegno del presidente francese, rafforzato dalla crisi provocata dal coronavirus e dalla guerra in Ucraina, è quello di un’Unione capace di camminare con le proprie gambe. Se la mossa di Vladimir Putin ha spezzato il legame storico con la Russia sul fronte energetico, resta da capire come Macron intende affrancarsi da Washington per la difesa e da Pechino per il commercio.
Detto ciò, diversi esperti hanno sottolineato una certa incoerenza di fondo. Tradottasi nella cosiddetta occasione mancata. All’inizio del conflitto, nello specifico, quando la Germania si è (ri)scoperta fragile a causa della sua forte dipendenza da Mosca per il gas, Macron inavvertitamente ha diviso l’Europa. Come? Affermando che Putin non va umiliato. Parole, queste, che nella parte orientale dell’Unione hanno accolto con sdegno.
Ma chi potrebbe sostituirlo?
A proposito di incoerenza, se l’idea di presentarsi a Pechino con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, è stata salutata positivamente, quanto affermato in aereo, rientrando, ha prodotto l’effetto contrario. Il tema dell’autonomia strategica, proprio quello, ha creato non poco imbarazzo fra i Paesi membri. A maggior ragione se consideriamo che gli Stati Uniti sono l’unica potenza in grado davvero, di offrire la necessaria sicurezza all’Europa. L’intervista concessa in volo, agli occhi dei più, è sembrata un modo per placare gli animi dei cinesi.
Libération, dal canto suo, ha aggiunto un punto a favore di Macron. Considerati gli errori commessi e ribadito il concetto di incoerenza, la domanda da porsi è la seguente: chi potrebbe assumere il ruolo di leader e faro dell’Unione Europea? Risposta: nessuno. Di sicuro non Giorgia Meloni, troppo a destra per poter garantire il necessario equilibrio, e difficilmente Olaf Scholz, le cui idee politiche sono giocoforza schiacciate dal confronto, pesante, con il passato e Angela Merkel. Parafrasando il quotidiano francese, in terra di ciechi beato chi ha un occhio solo.