Russia

La «disperazione» di Vladimir Putin

L'annuncio di una mobilitazione parziale risponde alle pressioni della frangia nazionalista di destra e al fallimento delle strategie adottate in Ucraina, scrivono gli esperti – Ma il prezzo da pagare, in vite umane, rischia di essere altissimo
© AP/Russian Presidential Press Service
Marcello Pelizzari
21.09.2022 16:30

Vladimir Putin è disperato. Lo hanno detto, e sottolineato, diversi esperti e analisti. La mobilitazione parziale, già. Oltre ai falsi referendum nelle zone dell’Ucraina attualmente occupate dalle forze russe e alla minaccia, nemmeno troppo velata, di ricorrere alle armi nucleari.

Sulla carta, decreto presidenziale alla mano, la mobilitazione parziale potrebbe coinvolgere fino a 2 milioni di riservisti. Nel concreto, il ministero della Difesa russo ne chiamerà «solo» 300 mila. Ma, come abbiamo spiegato, il Cremlino deciderà quali uomini, dove e in che quantità inviare in guerra. Scatenando, quindi, logiche paure fra i più giovani e fra chi, il militare, non l’ha mai fatto. Di più, chi è già sotto contratto con l’esercito si è visto prolungare a tempo indeterminato il suo impegno. Ahia.

I riservisti e l'addestramento

La mobilitazione parziale, leggiamo, è stata interpretata come un tentativo, una volta di più, di alzare il livello della tensione. Va detto, per contro, che la madre di tutti i problemi, fronte russo, è che questa guerra, mesi fa, è cominciata con obiettivi troppo ampi rispetto al numero di uomini schierati.

Secondo diversi tattici militari, infatti, per invadere con successo l’Ucraina Mosca avrebbe dovuto utilizzare almeno un milione di soldati. Una cifra certamente superiore rispetto ai 150 mila uomini che, effettivamente, hanno varcato il confine.

Putin, ora, ha firmato un decreto per richiamare al fronte i cosiddetti riservisti. Ovvero, dei civili che, dall’oggi al domani, dovranno imbracciare di nuovo il fucile. Più facile a dirsi che a farsi, considerando che, in genere, la formazione di un cittadino-soldato dura tre mesi.

Il combattimento moderno, d’altronde, è qualcosa di complesso. E impegnativo. Per i civili, insomma, non è esattamente una passeggiata di salute. Anzi, il rischio che altre migliaia di russi incontrino morte certa al fronte è concreto. Per tacere delle tecniche necessarie per far funzionare le attrezzature più moderne.

70-80 mila fra morti e feriti

La mossa, dunque, appare davvero disperata. Complici la fuga dalla regione di Kharkiv e, ancora, la notizia che il Cremlino stesse cercando volontari addirittura nelle prigioni russe.

La domanda, ora, invero è piuttosto semplice: come può pensare, la Russia, di fare la differenza con prigionieri e riservisti senza la benché minima esperienza? Come, se stime occidentali affermano che dall’inizio della guerra fra morti e feriti Mosca ha già perso fra i 70 e gli 80 mila uomini, quindi la metà delle truppe dispiegate?

Di più, detto degli uomini c’è altresì un evidente problema di equipaggiamento. Tant’è che l’esercito russo ha rimesso in servizio giubbotti e armature dell’era sovietica. Roba da museo, per farla breve.

Una condanna a morte di massa

Putin, concludendo, di fatto ha firmato una condanna a morte di massa. Banalmente, se l’esercito ucraino ha ucciso decine di migliaia di soldati russi professionisti, dotati del miglior equipaggiamento possibile, che cosa possono sperare di ottenere i riservisti richiamati da Putin e mandati in guerra con poco o nulla?

La mossa, detto della disperazione, ha forse una sua logica interna. La frangia nazionalista di destra, infatti, ha esercitato non poche pressioni sul Cremlino per la gestione della cosiddetta operazione militare speciale. A maggior ragione dopo la débâcle attorno a Kharkiv, con la stessa frangia che aveva espressamente chiesto una mobilitazione e un’escalation. Putin, con questa decisione, ha accontentato una parte di scontenti. Il prezzo da pagare, tuttavia, sarà altissimo in termini di vite.

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