Lo studio

La fiducia nei vaccini è in calo

Negli ultimi tre anni 67 milioni di bambini non sono stati sottoposti alle vaccinazioni di routine o lo sono stati solo in parte – La direttrice generale dell'UNICEF Catherine Russell sottolinea: «Durante la pandemia, la paura e la disinformazione si sono diffuse tanto quanto il virus stesso»
© Hussain Ali/Pacific Press
Paolo Galli
20.04.2023 06:00

«All’apice della pandemia, in pochissimo tempo sono stati sviluppati vaccini che hanno salvato molte vite. Eppure, nonostante questo successo storico la paura e la disinformazione si sono diffuse tanto quanto lo stesso virus».

Così Catherine Russell, direttrice generale dell’UNICEF. Da un nuovo rapporto del fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia emerge che negli ultimi tre anni 67 milioni di bambini non sono stati sottoposti alle vaccinazioni di routine o lo sono stati solo in parte. Ciò è riconducibile, secondo lo stesso UNICEF, all’interruzione della presa a carico in sistemi sanitari al limite delle capacità, alla penuria di risorse, a conflitti, alla fragilità e, appunto, al calo della fiducia. È quest’ultima motivazione quella che più di ogni altra, oggi, ci fa riflettere.

La stessa Russell continua: «Questi dati trasmettono un segnale poco rassicurante. Non possiamo permettere che la fiducia nelle vaccinazioni di routine diventi un’altra vittima della pandemia, perché la prossima ondata di decessi potrebbe riguardare il morbillo, la difterite e altre malattie evitabili, e toccare in primis i bambini».

Un aumento dello scetticismo

Un monito, quello della direttrice generale dell’UNICEF, che non può cadere inascoltato. Anche se, come ricorda il comunicato, «la fiducia nei vaccini è incostante e dipende dal periodo». In quasi la metà dei 55 Paesi interessati dall’inchiesta, oltre l’80 per cento degli interpellati ne riconosce comunque l’importanza per i bambini. Il sostegno ai vaccini è quindi tuttora «relativamente importante».

Il rapporto mette tuttavia in guardia sulla convergenza dei fattori seguenti, i quali potrebbero comportare un aumento dello scetticismo: «L’incertezza sulla reazione alla pandemia; il crescente accesso a informazioni fuorvianti; il calo della fiducia nella scienza; la polarizzazione politica». Fattori che possono pesare ovunque, indipendentemente dal grado di sviluppo dei singoli Paesi. Ma è chiaro che ve ne sono alcuni più toccati di altri. «In Paesi come la Repubblica di Corea, la Papua Nuova Guinea, il Ghana, il Senegal e il Giappone la percezione dell’importanza delle vaccinazioni per i bambini è calata di oltre un terzo dall’inizio della pandemia».

Il pericolo

I bimbi nati poco prima o durante la pandemia, ricorda l’UNICEF, hanno ormai superato l’età in cui di solito vengono sottoposti alle vaccinazioni, il che sottolinea l’urgenza di adottare misure per recuperare il ritardo e prevenire la diffusione di malattie potenzialmente letali.

Alcuni dati a supporto di questa urgenza? Eccoli: «Nel 2022 i casi di morbillo sono stati il doppio dell’anno precedente, mentre il numero di bambini colpiti da paralisi dovute alla poliomielite è cresciuto del 16 per cento. Rispetto al triennio precedente, nel periodo 2019-2021 il numero di bambini poliomielitici è aumentato di otto volte». Il tutto è andato a inserirsi in un contesto già notoriamente segnato da enormi disuguaglianze, le quali si sono addirittura acuite a causa della pandemia.

«Dei 67 milioni di bambini che tra il 2019 e il 2021 hanno saltato vaccinazioni di routine, 48 milioni non hanno ricevuto alcun vaccino. A fine 2021, il problema concerneva in particolare India e Nigeria, due Paesi con un tasso di nascite molto elevato in quel periodo, ma anche Myanmar e Filippine». È evidente che, in questi stessi Paesi, i bambini meno raggiungibili sono quelli che vivono nelle regioni più isolate; isolate da ragioni economiche o sociali, ma spesso anche per colpa dei conflitti in corso.

Le rivendicazioni

L’UNICEF muove alcune chiare rivendicazioni, invitando i governi a «identificare e raggiungere tempestivamente tutti i bambini, soprattutto quelli che durante la pandemia di coronavirus non sono stati vaccinati; rafforzare la domanda di vaccini, segnatamente adottando misure volte a creare fiducia sulla loro importanza; finanziare i servizi di vaccinazione e la presa a carico medica; ripristinare sistemi sanitari resistenti attraverso investimenti nel personale femminile, l’innovazione e la produzione locale».

Catherine Russell ricorda come le vaccinazioni abbiano salvato milioni di vite e protetto intere comunità dallo scoppio di epidemie. E quindi sottolinea: «Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che le malattie non conoscono confini. Le vaccinazioni di routine e sistemi sanitari forti sono gli strumenti migliori per prevenire future pandemie, decessi inutili e tanta sofferenza. I fondi stanziati a suo tempo per le campagne di vaccinazione contro il COVID-19 e ancora disponibili devono essere investiti nel potenziamento dei servizi di vaccinazione nell’interesse di ogni bambino».

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