La Francia ha un problema con l’influenza aviaria

La situazione è grave. Molto grave. L’inverno 2021-2022, in Europa, è stato il peggiore mai registrato. Ci riferiamo all'influenza aviaria, un problema di cui si parla poco, troppo poco. Le stime, nel nostro continente, parlano di 50 milioni di capi di pollame abbattuti. Di questi, 21 milioni riguardano la sola Francia. Il Paese più colpito. Nonché quello i cui costi legati alla malattia sono oramai esorbitanti: 1,1 miliardi di euro.
Proprio le conseguenze sanitarie ed economiche, giovedì, hanno spinto il governo francese ad annunciare una campagna vaccinale su vasta scala per l’autunno del 2023. Una misura, urgente, per salvare l’industria avicola ma anche per evitare che il virus, dai polli, possa passare all’uomo. A tal proposito, è bene comunque precisare ciò che affermano le autorità ticinesi: il virus dell’influenza aviaria si trasmette raramente all’uomo. La trasmissione da persona a persona non è di fatto documentata.
La situazione
Finora, l’Europa non ha mai considerato la vaccinazione del pollame per l’influenza aviaria. E questo perché, per parecchio tempo, il territorio è stato risparmiato dall’aviaria. Il timore dei professionisti del settore avicolo, in Francia, è che una campagna vaccinale massiccia possa generare sospetti sul fronte commerciale se non addirittura restrizioni. Tradotto: le esportazioni potrebbero rallentare o, peggio, fermarsi. Qualcosa, tuttavia, va fatto per frenare l’emergenza. Nell’inverno 2020-2021, ad esempio, la Francia ha segnalato quasi 1.500 focolai. Tantissimi. Un numero quattro volte superiore rispetto al 2016. Un aumento, leggiamo, legato agli uccelli migratori provenienti dall’Asia. Prima di raggiungere il sud, questi uccelli solitamente si radunano in Siberia e in Kazakistan. Dove vengono effettuati dei controlli a campione. Se abitualmente la contaminazione si aggira fra lo 0,1 e lo 0,2% dei prelievi, nell’agosto 2021 il tasso era del 14%.
Quest’anno, la Francia ha segnalato che anche uccelli non migratori hanno contratto l’aviaria. È successo con i gabbiani, ad esempio. E così, gli scienziati ritengono che, verosimilmente, le specie selvatiche abbiano contaminato quelle d’allevamento come i polli. E viceversa, creando un circolo vizioso e pericoloso.
Gli esperti del settore si aspettano molti altri casi quest’inverno, in particolare lungo i due assi migratori verso l’Africa: l’asse occidentale e quello orientale.
Vaccino, ma come?
La Francia, ma non solo, nel tentativo di evitare il peggio aveva optato per il confinamento dei polli. Già verso la fine del 2021, nel sud-ovest del Paese. Quindi, il governo aveva chiesto agli allevatori di uccidere i capi anche di fronte a un singolo caso e, ancora, di non rimettere il pollame in libertà finché la situazione non si fosse stabilizzata. Spoiler: la situazione non si è stabilizzata.
Dopo un 2022 nerissimo, il ministro dell’Agricultura francese, Marc Fesneau, ha annunciato il citato piano di vaccinazione. La strategia, o meglio una strategia, dovrà essere presentata entro marzo 2023 affinché la campagna inizi in autunno. E qui le cose si complicano, dato che di idee sul tavolo ne sono state messe molte e spesso anche confuse. Si è parlato anche di costi: 500 mila euro per mettere in piedi il tutto. In parallelo, la Francia sta lavorando su un vaccino specifico per le anatre, fra le specie più sensibili al virus. Tornando ai polli, e ai tacchini, questi volatili sono regolarmente vaccinati in Cina e in Messico ma si discute parecchio sull’efficacia dei preparati. Non a caso, i Paesi Bassi si sono chinati proprio su un nuovo vaccino per i polli mentre l’Ungheria sta affrontando l’aviaria partendo dalle oche. La risposta, al netto della situazione francese, deve essere europea.
E le esportazioni?
La filiera francese, dopo l’annuncio della campagna vaccinale e, a maggior ragione, dopo aver sopportato l’abbattimento di molti esemplari, chiede soprattutto maggiori garanzie. La vaccinazione, dicevamo, potrebbe spingere alcuni Paesi a non importare più pollame francese. Ecco allora che gli allevatori, al governo, hanno chiesto di mettere in campo la miglior diplomazia possibile per garantire al pollo francese la competitività di sempre. Dal canto loro, gli allevatori stanno già studiando soluzioni alternative da abbinare alla vaccinazione. Come lo spostamento di alcuni allevamenti – vista la concentrazione nel sud-ovest – o la diminuzione di polli per singolo allevamento.
Il virus e l’uomo
Come per ogni virus, è difficile stabilire con certezza come si evolverà quello dell’aviaria. In mutazione continua, per ora è riuscito a fare il salto in alcuni mammiferi: citiamo la volpe, l’orso e il visone. Ci sono stati dei casi riguardanti l’uomo, ma senza trasmissione da persona a persona e, per fortuna, con sintomi lievi. La circolazione insistente di questo virus, però, potrebbe cambiare le carte in tavola e diventare un problema anche per noi. La virata della Francia sul vaccino, dunque, nelle intenzioni dovrebbe permettere agli animali di evitare le conseguenze gravi della malattia e agli allevatori di ridurre le perdite economiche provocate da confinamenti e abbattimenti.
Il tutto, va da sé, frenando la circolazione del virus e, quindi, impedendogli di mutare.