La Lega alla guida della Camera

Due a zero e palla al centro. È un Matteo Salvini più che soddisfatto a commentare così l’elezione - oggi, con 222 voti su 392 votanti - di Lorenzo Fontana, 43 anni, veronese, a presidente della Camera. E non potrebbe essere diversamente: Fontana è il suo vice nel partito, uno dei suoi fedelissimi. Ma c’è anche un altro motivo dietro alla soddisfazione di Salvini. Dal risiko provocato nella maggioranza dal contrasto tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni per il veto posto dalla futura premier all’ingresso della forzista Licia Ronzulli nel Governo, Salvini sta uscendo con una sintonia con la leader di Fratelli d’Italia che è il migliore dei balsami per attenuare la rabbia per il crollo elettorale del 25 settembre. Una sintonia che si tradurrà nella nomina a ministro dell’Economia e delle Finanze di Giorgetti e, probabilmente, con cinque o sei ministri «politici», contro i quattro che sarebbe destinata ad avere Forza Italia. Più che dell’elezione di Fontana, oggi nel Palazzo politico romano, si è parlato soprattutto del tentativo di Silvio Berlusconi di impedire, con l’astensione dei senatori di Forza Italia, l’elezione - almeno al primo turno - di Ignazio La Russa al Senato, come concordato dai tre partiti del centrodestra. Le ricostruzioni giornalistiche raccontano che davanti al «no» posto da Giorgia Meloni all’ingresso della rappresentante di Forza Italia nell’Esecutivo, il Cavaliere abbia deciso di «dare una lezione» a colei che, come si è visto oggi, considera «una con la quale non si può andare d’accordo», che «non ha nessuna disponibilità ai cambiamenti».
La decisione di astensione non è però rimasta segreta. Informati del pericolo di un atto di «sabotaggio» forzista, quelli di Fratelli d’Italia, tra i quali ci sono molto vecchi conoscitori di come si praticavano in passato le lotte parlamentari, hanno preso le contromisure per difendersi «nel caso in cui». Come? Una serie di telefonate ad «amici» hanno permesso di riunire la ventina di voti necessario per garantire l’elezione di La Russa. Nomi? Forse non se ne sapranno mai. L’operazione deve aver coinvolto anche la Lega, ragion per cui anche Salvini ne era - secondo le ricostruzioni - sicuramente informato. E che il «salvataggio» di La Russa fosse stato preparato lo si è capito quando, prima ancora dello spoglio ufficiale, durante il conteggio delle schede dai banchi di Fratelli d’Italia è partito l’applauso della vittoria.
Tensioni nella maggioranza
La prima reazione di Berlusconi - che per questo votazioni si è trasferito a Roma, a Villa Grande (ex residenza di Zeffirelli) - era stata un rabbioso «Basta parlare. Non tratto più». Si era comunque rallegrato con La Russa (che dai senatori di Forza Italia ha avuto soltanto due voti: quelli di Berlusconi e della presidente uscente del Senato) con il quale, quando ancora lo scrutinio era ancora in corso, aveva avuto una discussione abbastanza accesa, dopo la quale aveva fatto capire di essersi arrabbiato per il veto alla Ronzulli. La vicenda sembrava chiusa, al massimo con una serie di interrogativi su come si sarebbe comportata Forza Italia nell’elezione di oggi per eleggere il candidato leghista. Ma non è stato così. Forza Italia ha votato Fontana, ma lo scontro è proseguito, su un piano più personale tra Berlusconi e la Meloni, perché si è trovato, sui giornali, un altro appunto del Cavaliere, quello con i giudizi molto duri sulla leader di Fratelli d’Italia. «Supponente. Presuntuosa. Arrogante. Offensiva. Nessuna disponibilità ai cambiamenti. È una che non si può andare d’accordo».
Scambio di fuoco e striscione
Immediata la reazione di La Russa: «Berlusconi dica che i suoi appunti sono un fake». Poi a sera, la replica di Giorgia Meloni, durissima, quasi una provocazione: «Gli appunti di Berlusconi? Manca un punto: non sono ricattabile». Adesso ci si chiede come andrà avanti la preparazione del nuovo governo e, soprattutto, come il Quirinale valuterà la coesione della coalizione, già rissosa prima ancora di affrontare i problemi del Paese. Attorno a mezzogiorno Lorenzo Fontana, era stato eletto senza problemi, come concordato dai leader della coalizione, e cioè anche con il voto di Forza Italia, anche se è stato accolto in aula da uno striscione, subito fatto togliere dai commessi, con la scritta: «No a un presidente omofobo pro Putin». Fontana, che è un cattolico integralista, ha assunto in passato posizioni piuttosto nette su diritti civili e temi etici in generale. È stato uno degli organizzatori del Congresso Mondiale delle Famiglie che riunì a Verona, nel 2019, i movimenti globali antiabortisti, antifemministi e anti-LGBT+, e chiede l’abrogazione della legge che in Italia consente alle donne di avere la libertà di interrompere una gravidanza.
Un tempo simpatizzante dell’organizzazione di estrema destra greca «Alba dorata», nel 2014 si era schierato contro le sanzioni alla Russia indossando anche una maglietta per protestare. A chi gli ha fatto domande su questo punto, in questi giorni, Fontana ha risposto di non essere mai stato in Russia, che «le magliette di Putin sono cose di anni fa», e di avere detto due giorni prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina, a proposito delle sanzioni, di essere a favore. Per controbilanciare la sua nomina, l’opposizione avrebbe l’intenzione di votare come vicepresidente Alessandro Zan, paladino dei diritti delle comunità LGBTQ, una cui proposta di legge è ferma da mesi al Senato.