«La Polonia respinge l’espansionismo di Putin»

Centiniaia di migliaia di profughi ucraini sono entrati in Polonia in pochi giorni e il flusso è continuo. Come lo gestisce il Governo Morawiecki?
«Al primo marzo circa 300 mila profughi ucraini hanno fatto ingresso in Polonia dall’inizio dell’invasione russa nel loro Paese. Significa più di 50mila persone al giorno. Al momento, tuttavia, non esiste ancora un piano centrale del Governo per fornire alloggio o impiego agli ucraini che non hanno nessun parente o amico in Polonia. C’è d’aspettarsi che qualcosa venga predisposto nei prossimi giorni perché il numero di profughi diretti in Polonia dall’Ucraina potrebbe superare il milione di persone».
La Polonia, multata per «disobbedienza» alle regole dell’UE sta dimostrando che la democrazia e la solidarietà sono nel DNA del Paese. Qual è l'impressione a Varsavia? Vi sono stati segni di riconoscimento e di un possibile sostegno comunitario per gestire l’emergenza?
«Assolutamente, in questi giorni milioni di polacchi stanno dimostrando un’incredibile solidarietà verso i vicini ucraini. Raccolgono fondi, cibo, vestiti, medicinali, prodotti per l’igiene femminile. Creano cucine da campo lungo il confine, offrono passaggi e ospitalità nelle loro abitazioni. Parte della popolazione civile e molte ONG locali si sono comportate così anche in passato per assistere profughi e richiedenti asilo di altri Paesi, ma un fenomeno di questa scala non si era mai visto. L’attuale Governo di Varsavia ha sempre dimostrato di voler accogliere gli ucraini come migranti economici in quanto culturalmente affini ai polacchi. Prima dell’invasione russa, circa un milione e 200 mila ucraini vivevano, studiavano o lavoravano già in Polonia. Lo stesso vale per bielorussi, georgiani, armeni. Esistono ed esistevano accordi bilaterali per incoraggiarne e facilitarne l’arrivo in Polonia. Oggi l’Esecutivo polacco dimostra la medesima apertura nell’accogliere gli ucraini, come rifugiati, affrontando in modo deciso una situazione che altrimenti avrebbe potuto divenire da subito una crisi umanitaria. Va però anche ricordato che lo stesso Governo non ha adottato le medesime politiche d’accoglienza con migranti e richiedenti asilo non europei, quali siriani, afghani, curdo-iracheni, nigeriani ed eritrei dal 2015 a oggi. In questi giorni l’opinione pubblica, la politica e i media del Paese sono schierati in modo compatto nei confronti dell’Ucraina».
La Russia è attanagliata dalle sanzioni europee, la Polonia vi ha aderito in pieno. Vista la vicinanza con la Bielorussia, Varsavia non teme di essere trascinata nel conflitto?
«La Polonia al momento ha due grosse preoccupazioni geopolitiche e militari. La prima è senz’altro la Bielorussia di Lukashenko, Stato vassallo di Putin che condivide con essa 400 km di confine. E che ha manifestato più volte l’intenzione di attaccare anch’essa l’Ucraina e dal cui territorio sono partiti razzi e missili contro città e obiettivi ucraini. La seconda preoccupazione è la exclave russa, confinante, di Kaliningrad, un territorio nel quale sono posizionati da anni lanciamissili Iskander con un raggio d’azione di almeno 500km e in grado di trasportare testate nucleari. Bielorussia e Kaliningrad, per giunta, sono separate da un corridoio largo appena 70 km nel suo punto più stretto e scarsamente difendibile, la ’breccia di Suwalki’. Un eventuale attacco militare a questo territorio da parte delle forze russe e bielorusse accerchierebbe i Paesi baltici, tagliandoli fuori dall’Europa. La Polonia è consapevole di questo rischio e della minaccia russa, ma ha scelto comunque di schierarsi fermamente con l’Ucraina, chiedendo da subito forti sanzioni contro Mosca e inviando strumenti di difesa e munizioni a Kiev. Da un lato è solidarietà con gli ucraini, dall’altro rifiuto delle politiche espansionistiche di Putin, che qui è sempre stato temuto».
C'è già stata una discussione parlamentare per la difesa? Si è sentito parlare dell’intenzione di fornire Mig-29 all’Ucraina.
«Oltre a un’ingente fornitura di munizioni e strumenti di difesa militare si era parlato anche del fatto che il Governo di Varsavia fosse pronto a donare 28 caccia Mig-29 agli ucraini. Fino al 28 febbraio, alcune fonti sostenevano che piloti di Kiev fossero già in territorio polacco, pronti a prendere in consegna i jet da combattimento. Al primo marzo, però questa versione dei fatti non è stata ancora né confermata né smentita dal presidente polacco Andrzej Duda. Ciò che Duda ha garantito, per il momento, è che aerei polacchi non saranno coinvolti nel conflitto sorvolando i cieli ucraini».
Preoccupa in particolare la minaccia atomica brandita da Putin. Quali sono i rischi maggiori?
«Un nuovo disegno di legge sulla difesa era stato presentato al Parlamento polacco il 23 febbraio, proprio il giorno prima dell’invasione russa in Ucraina. Prevede che si raggiunga la soglia del 2,3% del PILnazionale destinato alla difesa già nel 2023, anziché nel 2024, con l’obiettivo di portarlo al 2,5% nel 2026 invece che nel 2030. Non è previsto il ritorno al servizio di leva obbligatorio, ma verranno incrementate le forze armate con ricorso anche a volontari e l’incremento di classi specifiche nelle scuole per formare le nuove generazioni alla difesa del territorio. A oggi il disegno di legge deve ancora essere approvato e ancora non si sa se ne verrà presentata una versione aggiornata in seguito ai drammatici eventi di questi giorni».
Teme che vi possa essere un attacco nucleare al territorio polacco?
«La preoccupazione c’è, sottotraccia. Non si avverte panico fra la popolazione, che comunque non si sente completamente al sicuro da questa terribile minaccia esterna, nonostante l’appartenenza alla NATO. Già nel 2014 la giornalista statunitense residente in Polonia Anne Applebaum - esperta di scenari post-sovietici - sosteneva che al Cremlino esistessero simulazioni di attacchi nucleari a Varsavia. All’epoca le sue parole erano viste come un’esagerazione. Oggi meno. I timori per un eventuale attacco nucleare al territorio polacco non sono certo dissipati dal fatto che il 27 febbraio i vicini bielorussi abbiano approvato in un referendum dall'esito pilotato da Lukashenko, la decisione di accogliere testate atomiche nel loro territorio. E questo apre sicuramente scenari temibili a Varsavia».
