Il punto

La riforma della giustizia che ha spaccato Israele

Il ruolo di Netanyahu, il rischio che la democrazia lasci il posto alla tirannia, le proteste e il ruolo dei riservisti: che cosa sta succedendo nel Paese?
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Marcello Pelizzari
27.03.2023 11:00

Non c’è pace in Israele. Un pacchetto di proposte legislative volto a riformare il sistema giudiziario del Paese ha scatenato proteste di massa senza precedenti e, parallelamente, riacceso i riflettori sulle possibili derive antidemocratiche. Ma perché i manifestanti hanno preso di mira, nello specifico, Benjamin Netanyahu? E perché il governo, già molto fragile, si è spaccato sulla questione?

Le modifiche proposte

Il governo di destra intende cambiare la composizione di un comitato che seleziona i giudici per dare la maggioranza ai rappresentanti e agli incaricati del governo. La nuova legislazione, inoltre, limiterebbe e di molto la capacità della Corte Suprema di annullare le leggi approvate dal Parlamento e, ancora, indebolirebbe l’autorità del procuratore generale, di per sé indipendente rispetto al governo.

Perché l’opposizione è sugli scudi?

Il fronte che si oppone alla legislazione, formato da esponenti del centro e della sinistra, afferma che la revisione darebbe una mazzata significativa, se non mortale, all’indipendenza della magistratura. La magistratura, in Israele, è il solo controllo sul potere del governo. Con una simile legislazione, dicono gli oppositori, il sistema israeliano passerebbe da una democrazia liberale che tutela le minoranze a una tirannia governativa della maggioranza. Banalmente, la magistratura sarebbe subordinata alla Knesset e al governo mentre i nuovi giudici sarebbero nominati dai politici.

E Netanyahu?

L’attuale primo ministro, in passato, ha difeso con forza e fermezza l’indipendenza dei tribunali. La recente nomina di Yariv Levin quale ministro della Giustizia, in questo senso, ha rappresentato un’inversione di tendenza, sebbene Netanyahu – a parole – abbia promesso sin da subito che qualsiasi revisione sarebbe stata misurata e, soprattutto, gestita in modo responsabile.

Non solo, su questo fronte si può tranquillamente parlare di conflitto di interessi. Così David Grossman su Repubblica: «Netanyahu è coinvolto in un procedimento legale, essendo stato accusato di corruzione, frode e abuso di potere. Ha dimostrato di essere disposto e capace di fare tutto ciò che è in suo potere per alterare l’intero sistema giudiziario per evitare di finire in prigione. A tal fine, si è alleato con gli elementi più messianici, malavitosi e sgradevoli della società israeliana e ha affidato ai loro rappresentanti portafogli governativi cruciali e altamente sensibili. Quest’uomo non conosce limiti».

Qual è il significato sociale della riforma?

Da settimane un gruppo di accademici e legislatori sta cercando di trovare un compromesso. Un compromesso, il 15 marzo, era stato proposto anche da Issac Herzog, il presidente di Israele, ma è stato respinto poco dopo la sua pubblicazione da Netanyahu.

In termini generali, la società israeliana è divisa in due gruppi: quelli che vogliono uno Stato più laico e pluralista e, dall’altra parte, quelli con una visione più religiosa e nazionalista. A detta dei suoi detrattori, la Corte Suprema è vista come l’ultimo baluardo dell’élite laica e centrista discendente dall’ebraismo europeo. Gli ebrei religiosi, in particolare gli ultraortodossi, percepiscono la Corte come un ostacolo al loro stile di vita.

L’opposizione più significativa al processo, per contro, è arrivata dai riservisti, che svolgono un ruolo significativo nella capacità militare di Israele e che, se la nuova legislazione passasse, potrebbero ricevere ordini militari illegali: la Corte Suprema, infatti, non avrebbe modo di controllare adeguatamente l’attività del governo. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, sabato aveva chiesto di fermare le modifiche giudiziarie; è stato licenziato.

I leader militari temono che la riforma possa spaventare anche i soldati a tempo pieno. Domenica, il capo di Stato Maggiore militare, Herzi Halevi, ha ordinato a tutti i comandanti di parlare con i loro subordinati della necessità di tenere la politica fuori dall’esercito e mantenere la coesione.

L’iter

Il governo aveva programmato un voto finale in Parlamento all’inizio di questa settimana sulla prima parte della revisione, la possibilità di scegliere i giudici della Corte Suprema. Ma dopo le proteste di domenica, è stato detto che Netanyahu potrebbe prendere in considerazione una pausa nel programma. Lunedì mattina, i membri della linea dura hanno proceduto con le misure parlamentari necessarie per preparare il disegno di legge per il voto.

Se ne saprà di più a brevissimo.

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