Guerra in Ucraina

«La Russia? Parla di pace, ma non vuole fare concessioni»

L'ultima analisi del think tank statunitense Institute for the Study of War (ISW) – che quotidianamente stila un rapporto sull'andamento della guerra in Ucraina – evidenzia in che modo Kiev e Mosca si siano mostrate pronte (o non) a scendere a compromessi per porre fine al sanguinoso conflitto
©Saul Loeb
Giacomo Butti
11.03.2025 19:00

Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, anche in guerra. Chi parla di pace, la vuole davvero? L'ultima analisi del think tank statunitense Institute for the Study of War (ISW) – che quotidianamente stila un rapporto sull'andamento della guerra in Ucraina – evidenzia in che modo Kiev e Mosca si siano mostrate pronte (o non) a scendere a compromessi per porre fine al sanguinoso conflitto. A emergere, in breve, è una generale tendenza dell'Ucraina – nonostante la linea dura insita al concetto di "pace giusta" – a esporsi in concessioni, mentre Mosca rimane inamovibile sulle condizioni dettate a inizio guerra.

Lato ucraino

Nelle ultime settimane, l'amministrazione Trump si è duramente scontrata con Kiev, in parte proprio su questo concetto: «Che cosa siete disposti a fare per la pace?». L'Ucraina e il suo leader, il presidente Volodymyr Zelensky, sono stati a più riprese dipinti come cocciuti e ingrati dagli alleati del tycoon: l'incontro odierno in Arabia Saudita – stando a quanto riferito da due funzionari USA a Reuters giorni fa – servirebbe proprio «in parte per determinare se l'Ucraina è disposta a fare concessioni materiali alla Russia per porre fine alla guerra». Un funzionario statunitense ha dichiarato che Kiev «non può dire sia "voglio la pace" sia "mi rifiuto di scendere a compromessi su qualsiasi cosa" ai prossimi colloqui».

Ma è davvero così? Il Financial Times, si legge nell'analisi dell'ISW, ha riportato che l'Ucraina «proporrà un cessate il fuoco parziale con la Russia per gli attacchi con droni e missili a lungo raggio e per le operazioni di combattimento nel Mar Nero», mentre l'outlet ucraino Suspilne ha riferito ieri che – stando a quanto riferito da una fonte a conoscenza della posizione della delegazione ucraina – Kiev proporrà a Mosca anche un ampio scambio di prigionieri di guerra. Il think tank statunitense reputa l'offerta di un cessate il fuoco aereo e marittimo «la soluzione più semplice» e attuabile, in quanto «non richiederebbe negoziati prolungati o un complesso processo di monitoraggio». Al contrario, evidenza l'ISW, «un cessate il fuoco lungo i mille chilometri della complessa linea del fronte, caratterizzata da molteplici "zone grigie" in cui le linee delle forze contrapposte sono confuse, sarebbe estremamente difficile da negoziare e monitorare».

Ma la lista delle concessioni ucraine è lunga: «Zelensky ha indicato più volte - anche nell'intervista rilasciata a Fox News il 28 febbraio (il giorno dello scontro verbale con Trump, ndr) - di essere disposto a fare concessioni sul territorio, sull'adesione dell'Ucraina alla NATO e sul proprio mandato per garantire una pace giusta e sostenibile».

Lato russo

E Mosca? «La Russia continua a dichiarare pubblicamente di volere la pace», spiega l'ISW, «senza tuttavia offrire alcuna concessione». Nelle ultime settimane, come nel corso di tutto il conflitto, «i funzionari russi continuano a ribadire le richieste avanzate da Vladimir Putin nel 2021 e nel 2022. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato in un'intervista alla rivista New Regions of Russia pubblicata ieri che qualsiasi futuro accordo di pace deve "sradicare" le "cause profonde" della guerra». Lavrov, continua il think tank, «ha definito le "cause profonde" della guerra come le presunte "minacce alla sicurezza della Russia da parte dell'Ucraina e dell'Occidente in generale", dovute all'espansione della NATO verso est e al presunto "sterminio" da parte del governo ucraino di tutto ciò che è "collegato alla Russia e al mondo russo", compresi la lingua, la cultura, l'ortodossia e i media russi». Una narrazione che il ministro russo aveva già utilizzato a fine dicembre 2024: «La retorica del Cremlino su questo argomento non è cambiata negli ultimi mesi, anche dopo l'inizio dei colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Russia nel febbraio 2024. La ripetuta retorica russa sulle "cause profonde" della guerra e la costante reiterazione delle sue specifiche richieste invariate contrastano nettamente con la flessibilità dimostrata dall'Ucraina».

Nelle ultime settimane, continua l'ISW, i funzionari russi hanno ampiamento sfruttato le dichiarazioni e le azioni dell'amministrazione Trump «nel tentativo di dividere gli Stati Uniti e l'Europa». Sempre nel corso dell'intervista a New Regions of Russia, ad esempio, Lavrov ha attaccato Unione europea e Regno Unito accusandoli di mantenere «abitudini predatorie e coloniali», senza tuttavia menzionare gli Stati Uniti. Un vero e proprio cambio di paradigma nella narrazione russa (ne avevamo già parlato qui), che fino a poco tempo fa poneva Washington al centro della propria campagna anti-occidentale. «Lavrov non ha menzionato gli Stati Uniti probabilmente nel  tentativo di creare un cuneo ideologico tra Stati Uniti ed Europa», valuta l'ISW.

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