La sfida dei ribelli Houthi all’ordine regionale

Nasr al-Din Amer è un membro di primo livello del governo di Ansar Allah, meglio conosciuti come Houthi. Nell’Esecutivo di Sanaa svolge il ruolo di ministro della Comunicazione e presidente dell’agenzia di stampa yemenita denominata Saba. Rimane uno dei pochi volti pubblici di questa tribù del Nord dello Yemen, che dal 2014 controlla circa la metà dello Stato arabo, la capitale e soprattutto il vitale stretto di Bob el Mandeb, affacciato sul Mar Rosso dal quale per mesi è stato bersagliato il naviglio commerciale e militare che dall’Asia cercava di raggiungere Suez e l’Europa. Dopo la caduta del regime di Assad in Siria e la riduzione al silenzio di Hezbollah in Libano, gli Houthi sono rimasti l’unico «proxy» dell’Iran che ancora cerca di colpire Israele. Gli yemeniti lanciano da mesi droni e missili contro Tel Aviv e sono stati bombardati molte volte dall’aviazione israeliana , ma questa volta l’attacco dell’aeronautica di Netanyahu è stato particolarmente efficace.
Leadership decapitata
I raid aerei israeliani su Sanaa e su tutte le altre principali località yemenite hanno avuto come obiettivo i leader politici e gli alti ufficiali di Ansa Allah, decapitando la leadership del governo degli Houthi. «Il vigliacco attacco dell’entità sionista che ha colpito i civili non resterà impunito- dichiara Nasr al-Din Amer- non è la prima volta che colpiscono le nostre città alla ricerca dei nostri ministri e dei nostri leader, uccidendo indiscriminatamente il popolo yemenita. In uno di questi bombardamenti sulla sua abitazione è rimasto ucciso anche il primo ministro Ahmad Ghaleb al-Rahwi. Adesso piangiamo la morte di un patriota, ma abbiamo già nominato Mohammed Miftah come nuovo primo ministro. Insieme a al-Rahwi sono stati uccisi anche alcuni alti ufficiali compreso il capo di Stato maggiore Mohammed Abd al-Karim al-Ghamari e ci sono decine di feriti fra la popolazione civile».
La morte dell’ormai ex primo ministro è stata ammessa con estrema difficoltà così come quella dei generali, mentre continuono a mancare le dichiarazioni ufficiali sulla sorte del ministro della Difesa, del ministro dell’Energia e anche di quello degli Esteri, ma che molto probabilmente sono tutti rimasti uccisi nell’ultimo raid aereo sulla capitale Sanaa. L’attacco ha infatti sorpreso la compagine ministeriale riunita in un palazzo del centro cittadino ad ascoltare in televisione un discorso del presidente Abdul-Malik al-Houthi.
I movimenti del governo degli Houthi sarebbero stati segnalati dai servizi segreti israeliani che grazie a una rete di spionaggio avrebbero scoperto il luogo e l’ora di questo incontro. «Siamo già pronti a rispondere ai sionisti, abbiamo armi nuovissime come sistemi missilistici con munizioni a grappolo che hanno una grande capacità di penetrazione e che ci sono state fornite dal nostro alleato iraniano. Tel Aviv non ha un numero sufficiente di missili intercettori per fermare i nostri bombardamenti che cresceranno ogni giorno di più. Inoltre il nord dello Yemen, dal quale proviene la nostra tribù, è pieno di grotte e nascondigli che possono dare riparo e dove non potranno mai colpire il vero cuore del comando del nostro movimento».
Ambizioni geopolitiche
Gli Houthi combattono da anni e hanno una struttura militare molto organizzata e agendo in piccoli gruppi, anche gli omicidi mirati, tipici di Israele, potrebbero avere difficoltà a distruggere le catene di comando. «La nostra forza geopolitica sta crescendo e adesso vogliamo riunificare lo Yemen sotto la nostra bandiera, cacciando il falso governo di Aden e attaccare l’Arabia Saudita per consolidare il nostro ruolo nella penisola arabica. Stiamo creando una rete di contatti con i movimenti indipendentisti della Somalia, sia nel Puntland che nel Maakhir, per avere un’alleanza anche sulla sponda africana del Mar Rosso e diventare i veri padroni di questa fondamentale via di comunicazione. Voglio però ribadire che non abbiamo niente a che fare con i movimenti terroristi come al Qaeda, che agiscono da decenni in Somalia e grazie al nostro supporto i somali potranno cacciare dal loro paese. Abbiamo anche scoperto che i sionisti hanno delle basi di spionaggio in Eritrea e potrebbero presto diventare un obiettivo delle nostre operazioni militari».
«La guerra è ancora lunga»
Un programma politico di espansionismo regionale sicuramente importante in un’area turbolenta e determinante per l’economia europea, ma resta Israele al centro di ogni pensiero di Nasr al-Din Amer, che ci tiene a ribadire che le pesanti minacce del ministro della Difesa israeliano Israel Katz non avranno nessun effetto sulle prossime mosse di Sanaa. «La nostra guerra per sradicare i sionisti dal Medioriente continuerà e diventerà sempre più intensa. Noi siamo certi che l’obiettivo del criminale Benjamin Netanyahu sia attaccare ancora l’Iran e tutti gli altri Stati arabi che non sono disposti a sottomettersi alla loro tirannia. La Repubblica islamica dell’Iran resta un punto di riferimento per tutti quelli che vogliono continuare a lottare e noi resteremo al fianco di Teheran per sempre. Ormai siamo diventati il loro alleato più forte, determinato e organizzato ed è per questo motivo che Tel Aviv sta aumentando le pressioni su di noi. La guerra è ancora molto lunga e saremo noi a vincerla come quando abbiamo conquistato lo Yemen e sconfitto l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti che stanno diventando dei satelliti dell’entità sionista. Gli Stati Uniti hanno già aperto una trattativa con noi per permettere il passaggio delle navi verso il Canale di Suez, ma dopo questo atto criminale tutto potrebbe cambiare».