Madrid

La Spagna ritrova il suo premier ma è dilaniata dalle polemiche

Il leader socialista Pedro Sánchez confermato alla guida del Paese dopo un lungo e aspro dibattito in Parlamento - Popolari e Vox hanno usato toni durissimi per contestare la legge di riappacificazione nazionale che «perdona» gli indipendentisti della Catalogna
Il premier spagnolo riconfermato Pedro Sánchez ©Copyright 2023 The Associated Press. All rights reserved
Mario Magarò
16.11.2023 21:30

Nonostante la politica sia un terreno accidentato per sua propria natura, tra voltafaccia improvvisi e fronde interne di partito, non si sono registrate sorprese dell’ultima ora in merito alla conferma di Pedro Sánchez alla guida della Spagna. Il leader socialista ha infatti rispettato i pronostici della vigilia, forte degli accordi sottoscritti con gli indipendentisti baschi e catalani e con il supporto garantito della coalizione Sumar, ed è stato rieletto a maggioranza assoluta, con 179 voti, nella sessione di investitura celebrata alla Camera Bassa spagnola.

In aggiunta ai ringraziamenti rivolti ai deputati che l’hanno eletto, Pedro Sánchez ha dichiarato di «voler puntare sulla convivenza per consolidare i progressi compiuti in questi quattro anni, scegliendo un cammino fatto di democrazia e tolleranza», e giustificando l’accordo sulla legge di amnistia con gli indipendentisti catalani come strumento «per superare le conseguenze di una delle peggiori crisi territoriali della nostra democrazia».

L’ormai confermato premier spagnolo ha anche anticipato ulteriori misure di carattere sociale che saranno adottate dal prossimo Esecutivo, sulla falsariga di quelle approvate nel’ultima legislatura, tra cui trasporti pubblici gratuiti per minorenni e disoccupati e l’estensione, fino al giugno 2024, della riduzione dell’Iva allo 0% per alcuni alimenti di prima necessità.

Opposizione sul piede di guerra

Se da parte della politicamente variegata coalizione che ha appoggiato la sua rielezione non sono mancati immediati inviti a rispettare gli accordi presi, sul fronte opposto la contrarietà a lungo manifestata da Sánchez alla concessione di un’amnistia, salvo fare poi marcia indietro a ridosso della possibile investitura, ha inevitabilmente trasformato il leader socialista in un bersaglio facile delle critiche del blocco formato da Partito popolare e Vox, uniti nel tacciare Sánchez di essere un «traditore» e un «vendepatria».

Il presidente dei Popolari, Alberto Nuñez Feijóo, ha promesso di «difendere l’uguaglianza di tutti gli spagnoli davanti al maggior attacco allo Stato di diritto mai registrato», e, sui social, ha detto a Sánchez che «la storia non lo amnistierà». I deputati della formazione di estrema destra Vox sono invece ricorsi all’originalità per manifestare il proprio dissenso, appendendo alcune bandiere della Spagna, sormontate da un segno di lutto, alle finestre dei propri uffici all’interno del Congreso spagnolo. Un’azione dimostrativa accompagnata dal ricorso alle reti sociali, convertite in indiscusse protagoniste dello scambio di accuse tra i due poli nelle ultime settimane, utilizzate da Vox per bollare la rielezione di Sánchez come «uno dei giorni più neri della storia della Spagna».

In aggiunta alle dure accuse rivolte ai Socialisti e agli indipendentisti catalani nelle ultime settimane, il blocco dell’opposizione ha promesso battaglia anche sul fronte istituzionale, soprattutto nell’ottica di provare a bloccare, o quantomeno a ritardare, l’approvazione della legge di amnistia, vero e proprio punto di non ritorno per quanto riguarda l’attuale dialettica politica spagnola.

Forte della sua maggioranza al Senato, il Partito Popolare è riuscito, infatti, a far approvare una riforma del regolamento interno che permette di ritardare fino a un massimo di due mesi l’approvazione di una proposta di legge procedente dalla Camera Bassa. In un clima politico che ha fatto retrocedere, di colpo, il Paese ai giorni delle tensioni derivanti dalla sfida indipendentista lanciata dal governo Puigdemont nel 2017, Sánchez si trova quindi a dover governare un nuovo Esecutivo che si regge su una variopinta maggioranza in quanto a composizione partitica, legato a doppio filo al corretto funzionamento, ritrovato almeno sulla carta in base agli accordi sottoscritti, del dialogo sull’asse Barcellona-Madrid.

La frattura sociale

Se le schermaglie politiche si giocano, prevalentemente e inevitabilmente, all’interno di un contesto istituzionale, a farvi da contraltare ci sono le reazioni della piazza, dove nelle ultime settimane si è palesata una società civile profondamente divisa e polarizzata.

All’atavico scontro tra l’elettorato dei Popolari e quello dei Socialisti, per decenni egemoni esclusivi dello scenario politico post-franchista, si sono infatti aggiunte nuove realtà, da Vox a Sumar, che hanno definitivamente mandato in soffitta il bipartitismo, con l’aggiunta degli agguerriti partiti indipendentisti baschi e catalani. Una polarizzazione politica che, alla luce dell’accordo tra il Partito Socialista e gli indipendentisti, si è riversata nelle strade e nelle piazze di numerosi capoluoghi di provincia spagnoli, convertiti in teatri della rabbia degli aficionados di Vox e Popolari, tra accuse rivolte a Sánchez e all’ex presidente catalano Carles Puigdemont, e protagonisti, inoltre, di scontri con le forze dell’ordine e di alcune aggressioni ai danni di esponenti del Partito Socialista.

L’accordo sulla legge di amnistia e la rielezione a premier di Pedro Sánchez rischiano, quindi, di catapultare la Spagna in un clima tossico e di aspro confronto perenne anche, e soprattutto, nelle strade di tutto il Paese, con la Catalogna inevitabilmente convertitasi in pomo della discordia e al centro delle proteste di quella parte di piazza che reclama a gran voce la difesa dell’unità nazionale.

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