La telefonata tra Trump e Putin preoccupa l'Europa: «Si rischia un affare sporco»

Ha suscitato malumori la telefonata del presidente USA Donald Trump al suo omologo russo Vladimir Putin. L’Ucraina e i suoi alleati europei quest’oggi hanno chiesto di essere inclusi in eventuali negoziati di pace, dopo che il tycoon ha chiamato il capo del Cremlino senza coinvolgere Kiev e i partner del Vecchio continente. Di più, Trump e il suo segretario alla Difesa, Pete Hegseth, hanno già fatto concessioni a Mosca, ancor prima di avviare eventuali negoziati di pace, affermando che l'Ucraina verosimilmente non potrà riavere i territori occupati dalle forze russe né entrare a far parte della NATO.
L’apertura unilaterale di Trump a Putin, accompagnata da apparenti concessioni sulle principali richieste di Kiev, ha allarmato i leader politici ucraini ed europei, i quali temono che la Casa Bianca possa raggiungere un accordo con Putin senza di loro. «Qualsiasi accordo senza di noi fallirà, perché è necessario che anche l'Europa e l'Ucraina completino l'accordo», ha sottolineato l’alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, sentenziando che: «Qualsiasi soluzione rapida sull'Ucraina è un affare sporco che abbiamo già visto in passato, ad esempio a Minsk, e semplicemente non funzionerà. Non fermerà le uccisioni, la guerra continuerà». Anche il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha, citato dalla Reuters, si è detto convinto che non si possa «discutere di Ucraina senza l'Ucraina o di Europa senza l'Europa».
Il tedesco Boris Pistorius, arrivando a Bruxelles per partecipare alla riunione dei ministri della Difesa della NATO, ha criticato la mossa di Trump, affermando che gli Stati Uniti non avrebbero dovuto fare concessioni alla Russia prima dell'inizio dei negoziati di pace, escludendo l'adesione dell'Ucraina alla NATO e accettando che il Paese avrebbe dovuto rinunciare a una parte del suo territorio. «Secondo me sarebbe stato meglio parlare di una possibile adesione dell'Ucraina alla NATO o di possibili perdite di territorio al tavolo delle trattative», ha detto Pistorius.
Le parole del ministro della Difesa tedesco, evidenzia il Guardian, sono state riprese dal suo omologo francese, Sébastien Lecornu, il quale ha messo in guardia contro la «pace attraverso la debolezza», piuttosto che la «pace attraverso la forza», una formula che chiunque si sarebbe aspettato dagli Stati Uniti.
Le dichiarazioni unilaterali americane hanno, insomma, provocato reazioni avverse in Europa e un gruppo composto da Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna ha fatto sapere di essere «pronto a rafforzare il sostegno» all’Ucraina, impegnandosi per «l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale» del Paese devastato dalla guerra. Gli obiettivi dell’UE non sono cambiati: permettere a Kiev di negoziare da una posizione di forza e fornire garanzie di sicurezza.
Questa mattina, i giornalisti hanno chiesto a Pete Hegseth se gli USA stessero tradendo l'Ucraina: «Quello è il vostro linguaggio, non il mio. Di sicuro non è un tradimento. C'è il riconoscimento che il mondo intero e gli USA sono impegnati in una pace negoziata», ha affermato il segretario alla Difesa, sottolineando che Trump è stato «il miglior negoziatore del pianeta».
Negli scorsi giorni il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si era detto addirittura disposto a cedere i territori occupati dai russi, mentre quest’oggi il ministro degli Esteri Sybiha ha affermato che Kiev punta ancora a far parte della NATO. L’adesione all’Alleanza atlantica, secondo Sybiha, resta il modo «più semplice e meno costoso» in cui l'Occidente può fornire le garanzie di sicurezza necessarie per impedire che la Russia attacchi di nuovo.
Mosca, dal canto suo, si è detta «impressionata» dalla mossa di Trump: «Esiste una volontà politica, sottolineata durante la conversazione di ieri, di avviare un dialogo per trovare una soluzione», ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, avanzando un confronto con Joe Biden: «La precedente amministrazione statunitense sosteneva la necessità di mantenere la guerra. L'attuale amministrazione, per quanto ne sappiamo, sostiene che bisogna fare di tutto per fermare la guerra e far prevalere la pace».