Geopolitica

L’antisatellite nucleare di Mosca rimette in moto le guerre stellari

Le rivelazioni di un deputato repubblicano del Congresso portano nuovamente in primo piano l’ipotesi di un conflitto nello spazio - Il pericolo, secondo l’Intelligence di Washington, non sarebbe imminente, ma la corsa al riarmo di Cina, Russia e Corea del Nord è un problema reale
Dalle rampe di lancio di Baikonur potrebbe essere spedita nello spazio l’arma nucleare antisatellite del Cremlino. © Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved
Dario Campione
15.02.2024 20:30

Oltre quarant’anni fa, il 23 marzo 1983, Ronald Reagan annunciò la volontà della sua amministrazione di dare vita a un gigantesco progetto militare rivolto alla conquista dello spazio. La Strategic Defense Initiative (SDI) del presidente-attore fu definita dal governo USA «scudo spaziale», ma per i media di tutto il mondo divenne subito l’appendice reale delle guerre stellari che allora furoreggiavano sul grande schermo. Non a caso, probabilmente, da consumato uomo di spettacolo, Reagan aveva presentato la SDI dicendo di voler offrire «una nuova speranza - a new hope - ai nostri figli fin dentro il XXI secolo». Ma a new hope era anche il sottotitolo del primo film della saga di Star Wars, uscito qualche anno prima. Un richiamo che sfuggì, probabilmente, a pochi americani.

Lo scudo spaziale sarebbe, con il tempo, naufragato. Ma l’idea alla base di un’operazione da centinaia di miliardi di dollari è rimasta viva: «Manterremo la pace con la forza - disse Reagan - la debolezza è un invito all’aggressione». E in realtà, la sua iniziativa contribuì al crollo dell’antagonista sovietico il quale, attanagliato da una crisi economica gigantesca, si rese presto conto di non avere i mezzi per rispondere al piano di Washington.

A parti invertite

Può sembrare incredibile, ma oggi i piani sembrano essersi invertiti. Nei mesi scorsi, anche se non è chiaro quando, la Russia dello «zar» Vladimir Putin avrebbe avviato la sperimentazione dell’uso di esplosioni nucleari o di energia diretta nello spazio per disabilitare i satelliti.

La minaccia delle guerre stellari, stavolta, giunge da Est. E scatena un putiferio politico. Putiferio, in verità, scoppiato per iniziativa di un deputato repubblicano al Congresso, Mike Turner, presidente della Commissione che controlla l’attività dell’Intelligence statunitense. Turner, con il consenso della sua Commissione, ha rivelato l’altro giorno i documenti sulla vera o presunta minaccia russa ricevuti dal governo con il vincolo di segretezza. Con una mossa che, pare, abbia fatto andare su tutte le furie Joe Biden, Turner ha chiesto di declassificare e rendere pubblico il dossier in modo «da poter discutere, anche con gli alleati, le azioni necessarie per rispondere a questa minaccia», definita una «capacità militare straniera destabilizzante che dovrebbe essere conosciuta da tutti i responsabili politici del Congresso».

Qualcosa di mai accaduto prima ma che, in qualche modo, può essere spiegata. Secondo il New York Times, che ha svelato per primo la vicenda, da tempo i vertici militari statunitensi «hanno avvertito che sia la Russia sia la Cina si stanno muovendo verso una maggiore militarizzazione dello spazio». Il lancio dell’antisatellite russo «non sembra imminente», ma una nuova arma nucleare spaziale «progettata per minacciare la vasta rete satellitare americana» potrebbe, in realtà, non essere pura fantasia. E d’altronde, in questa direzione vanno molte analisi compiute negli ultimi mesi da alcuni centri di ricerca e di analisi di strategie militari.

Pochi giorni fa, in un lungo rapporto intitolato “Pensare all’impensabile: cinque problemi legati alle armi nucleari da affrontare nel 2024”, Kelsey Hartigan, vicedirettrice del programma sulle questioni nucleari del Center for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington D.C., ha spiegato che, per gli Stati Uniti, «gestire le minacce nucleari della Russia, l’opaco accumulo nucleare della Cina e le crescenti provocazioni della Corea del Nord, oltre che le relazioni sempre più strette tra questi Paesi, non sarà un’impresa facile».

In particolare, «l’aumento della cooperazione tra Russia e Corea del Nord (e Iran) e la conferma che la Corea del Nord sta fornendo alla Russia missili balistici e lanciamissili balistici» pongono, secondo Hartigan, «un’altra questione chiave: in che misura questo tipo di assistenza influenzerà le dinamiche più generali dell’escalation nucleare in atto». Un’arma che “uccide” i satelliti, «se dispiegata, potrebbe distruggere le comunicazioni civili, la sorveglianza dallo spazio e le operazioni militari di comando e controllo da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati - ha scritto ancora il New York Times - E, al momento, gli Stati Uniti non sembrano avere la capacità di contrastare un’armamento del genere e difendere i suoi satelliti».

La Russia respinge le accuse

Oggi la Russia ha respinto ogni accusa sulla sua nuova arma spaziale e ha definito le indiscrezioni di fonte americana una «fabbricazione malevola».

Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha detto all’agenzia di Stato TASS di non voler commentare «la sostanza dei rapporti fino a quando i dettagli non saranno svelati dalla Casa Bianca». E ha aggiunto che l’avvertimento di Washington serve chiaramente a convincere il Congresso ad aumentare la spesa militare. «È ovvio che la Casa Bianca sta cercando, con le buone o con le cattive, di incoraggiare il Congresso a votare un disegno di legge per stanziare denaro. Vedremo quali altri trucchi userà» , ha concluso il portavoce del Cremlino.

Ieri, al consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan è stato chiesto se fosse possibile dire agli americani che non c’è nulla di cui preoccuparsi rispetto a questa vicenda. La risposta di Sullivan è stata: «È impossibile rispondere con un sì». Perché se è vero che il trattato del 1967 vieta le armi nucleari nello spazio, è altrettanto vero che la Russia post-comunista è gradualmente uscita da quasi tutti i trattati sul controllo degli armamenti firmati durante la Guerra Fredda, considerati un freno alla sua più importante fonte di potere militare.