Le ambizioni e i dubbi del summit dei Paesi BRICS

Da domani fino a giovedì avrà luogo a Johannesburg il summit dei Paesi BRICS, secondo l’acronimo coniato da Goldman Sachs nel 1991. L’organizzazione raggruppa al momento Cina, Russia, India e il Sudafrica che ospita l’evento, prosecuzione di quello dedicato ai rapporti fra Mosca e i Paesi africani svoltosi il 27 e 28 luglio a San Pietroburgo.
Il programma
I temi del prossimo incontro riguardano l’allargamento del club, il rafforzamento dell’alleanza e delle sue strutture anche finanziarie nonché l’avanzamento dell’ipotesi di uno sganciamento progressivo dal dollaro USA (e dall’euro) nelle transazioni commerciali all’interno del BRICS e nell’operatività finanziaria in generale. Tutti temi il cui interesse ha trovato nuova linfa con la crisi russo-ucraina e le sanzioni comminate dall’Occidente a Mosca.
L’uso delle monete locali negli scambi commerciali, almeno fra Brasile, Argentina e Cile, viene caldeggiato dal presidente brasiliano Lula da Silva, ma le ambizioni dell’organizzazione vanno ben oltre, dopo la creazione della New Development Bank e di potenziali nuove entità finanziarie, proposte quali alternative alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale.
Il processo di allargamento del club si presenta in termini favorevoli, anche nel senso del contributo economico, e in alcuni casi finanziario, che i nuovi partner possono recare. Secondo gli ultimi dati, sono 40 i Paesi che chiedono la partecipazione, fra cui Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, già membri del vertice della New Development Bank, Comore, Cuba, Repubblica Democratica del Congo, Egitto, Turchia, Siria, Nigeria, Messico, Nicaragua, Algeria.
Senza considerare le nuove partecipazioni, di cui 22 già formalizzate, e almeno altrettante a livello di interesse annunciato, i BRICS rappresentano già oggi il 31,5% del PIL globale (contro il 30,8% delle economie «avanzate»), oltre il 17% degli interscambi commerciali e ospitano il 42% della popolazione mondiale.
Progetti
Il tema della costituzione di un sistema finanziario alternativo in chiave anti-occidentale e soprattutto l’obiettivo della de-dollarizzazione paiono incontrare invece maggiori difficoltà. A parte l’obiettiva disomogeneità fra le diverse aree geografiche e le differenze culturali, vi è disaccordo sull’abbandono del biglietto verde, e gli interessi economico-finanziari dei partecipanti non sempre concordano.
Una fase di transizione può essere rappresentata, a breve-medio termine, dalla creazione di due aree finanziarie-valutarie, una centrata su USA e dollaro, l’altra su Cina e yuan, nella versione cartacea e digitale. Va rilevato come il «caso dollaro» ponga un problema particolare per molti Paesi in via di sviluppo, talvolta pesantemente indebitati nella valuta americana, e a rischio default a causa dei tassi aumentati e del relativo rafforzamento del dollaro.
Peraltro una prima fase del processo di de-dollarizzazione sta già avvenendo, in quanto molte banche centrali di Paesi BRICS, e non solo, hanno diminuito la quota di riserve in dollari, accrescendo quella in oro.
Le iniziative BRICS mostrano anche un «Grande Sud» del mondo che ambisce a contare di più nel quadro di un nuovo ordine globale, in cui Cina e India si sono trasformate poderosamente da Paesi in via di sviluppo a colossi della scena internazionale. Altri partner sono stimolati a emulare il loro processo, grazie anche alle importanti risorse naturali, sempre più ambite, che detengono.
Tuttavia, proprio alla partenza del vertice di Johannesburg, non mancano le voci che segnalano possibili problemi sulla via dello sviluppo dei piani BRICS. Uno è ad esempio la possibilità di essere trascinati nel conflitto, che si prospetta sempre più aspro, fra Pechino e Washington. Pesa a questo riguardo la memoria delle sanzioni dirette e indirette comminate verso le controparti di Mosca. Vi è poi il tema dell’ammissione di Paesi ritenuti autoritari e il timore di un’egemonia cinese troppo accentuata, temuta in particolare dalla diretta concorrente a livello asiatico e su scala globale, cioè l’India.