Le Mauritius sfidano il Regno Unito

Chagos, leggiamo sull’immancabile Wikipedia, è un arcipelago situato nell’Oceano Indiano a sud delle isole Maldive e a nord-est rispetto alle isole Mauritius. L’isola principale, la sola abitata, è Diego Garcia: dal 1971 ospita una base navale degli Stati Uniti, punto di partenza per attacchi aerei durante la prima guerra del Golfo, la guerra in Afghanistan e la guerra in Iraq del 2003. Detto degli americani, l’arcipelago dal 1965 forma il cosiddetto Territorio britannico dell’Oceano Indiano. Una denominazione arcaica per affermare – papale papale – che quegli atolli appartengono a Elisabetta II.
È notizia recente, tuttavia, che la sovranità britannica è stata formalmente contestata dal governo di Mauritius. «È roba nostra e non vostra», volendo farla breve. Le Mauritius, d’altronde, hanno più di una freccia al loro arco: le loro rivendicazioni, infatti, erano state certificate e confermate dalla Corte internazionale di giustizia.
Funzionari mauriziani, oggi, hanno cantato l’inno nazionale e innalzato la bandiera rossa, blu, gialla e verde sopra l’atollo di Peros Banhos. Un modo di fare molto, troppo inglese. «Ma noi reclamiamo ciò che è sempre stato nostro» si è affrettato a dire Jagdish Koonjul, l’ambasciatore delle Mauritius alle Nazioni Unite.
Vi arrivarono i portoghesi
Chagos, lo suggerisce il nome, fu scoperto dai portoghesi nel Cinquecento. Quindi arrivarono i francesi, mentre dal 1814 (grazie al Trattato di Parigi) l’arcipelago passò in mani britanniche. E proprio i britannici – balzo in avanti – nel novembre del 1965 acquistarono l’intero arcipelago dall’allora colonia autogestita delle Mauritius per 3 milioni di sterline. L’obiettivo? Chiudere le piantagioni (in particolare di palma) e concedere all’America uno spazio militare «amico» per le operazioni militari nell’area. A tal proposito, fra il 1967 e il 1973 l’intera popolazione fu rimossa dalle isole e trasferita alle Mauritius e alle Seychelles. Con tutte le conseguenze, economiche e sociali, del caso. Molti, ora, vogliono tornare indietro. A casa loro, appunto.
«Londra è fuorilegge»
Londra è fuorilegge, ripetono i mauriziani originari di Chagos. Alle spalle, organizzazioni umanitarie e rapporti legali alimentano il sogno, mai sopito, di scacciare gli europei (e gli americani) dall’arcipelago. Dal Regno Unito, per ora, si sono registrati soltanto qualche sopracciglio alzato. Nessun nervosismo, nessuna rappresaglia. Anche perché, in fondo, Londra ritiene di aver già fatto un passo in avanti. Affermando, con sottile ironia, che riconsegnerà Chagos alle Mauritius «quando l’arcipelago non servirà più per scopi militari». Se vi state chiedendo e immaginando una possibile data, la risposta (teoricamente ma nemmeno troppo) è mai. E questo perché Regno Unito e Stati Uniti si guardano bene dal rinunciare a una base strategica nel mezzo dell’Oceano Indiano. A maggior ragione se la Cina non ha mai nascosto l’intenzione di espandersi nella regione. «Il Regno Unito non ha dubbi sulla nostra sovranità sul territorio britannico dell’Oceano Indiano, che deteniamo ininterrottamente dal 1814» ha spiegato con forza Londra. «Mauritius non ha mai avuto la sovranità sul territorio e il Regno Unito non riconosce la sua pretesa».
Il caso delle Barbados
Senza scomodare le Falkland o, a seconda degli schieramenti, le Malvine, la corona britannica si trova di fronte a un nuovo caso più o meno spinoso. Quantomeno scomodo e delicato. La mente corre indietro di qualche mese, quando le Barbados sono diventate ufficialmente una Repubblica parlamentare spezzando ogni legame con Elisabetta II. L’isola caraibica, ricordiamo, aveva deciso di rendere effettiva la decisione nel giorno del 55. anniversario dall’indipendenza (30 novembre 1966). Il motivo? Presto detto: «Vogliamo lasciarci alle spalle il nostro passato coloniale», per dirla con le parole della governatrice generale Dame Sandra Mason, nuovo capo di Stato al posto della Regina.
Se è vero che gli esuli di Chagos dovranno aspettare tanto, tantissimo prima di poter tornare a casa – la convenzione con gli Stati Uniti per scopi militari è appena stata prolungata fino al 2036 –, è altrettanto vero che all’interno dell’ex Impero Britannico l’affetto verso Londra e la monarchia non è più così omogeneo ma, semmai, è a geometria variabile. Poco male, hanno ribadito oltremanica. Le Barbados sono rimaste nel Commonwealth assieme agli altri 54 membri. Ed Elisabetta II, dati alla mano, ricopre ancora il ruolo di capo di Stato nei sedici Reami (presto quindici) indipendenti dalla regina. Fra questi figurano l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda.
