«Le relazioni Svizzera-Francia? Dopo il voto pochi cambiamenti»

Le elezioni francesi sono al centro del dibattito politico internazionale e domenica si terrà il secondo turno, decisivo per stabilire l’assetto politico del Paese. Attualmente il panorama elettorale è frammentato: il partito Ensemble di Macron ha perso terreno, mentre il Rassemblement National di Marie Le Pen ha ottenuto significativi avanzamenti. Remi Baudoui è professore ordinario di scienze politiche all’Università di Ginevra e politologo. Da anni la sua ricerca si concentra sulla governance locale e le politiche territoriali. In questa intervista, Baudoui discute l’impatto del voto transalpino sulla Svizzera, sottolineando le ripercussioni economiche e sociali per i cantoni confinanti.
Professor Baudoui, qual è stata la reazione degli svizzeri
dei cantoni confinanti con la Francia ai risultati delle elezioni Europee e
alla convocazione anticipata delle parlamentari transalpine decisa da Emmanuel
Macron proprio la sera del 9 giugno?
«L’esito delle Europee ha
sorpreso anche gli svizzeri, ma non più che in Francia. In particolare, i
francesi in Svizzera si aspettavano in qualche modo che il macronismo sarebbe
stato fortemente penalizzato, ma nessuno immaginava un fallimento così
significativo. Molto criticato è stato anche il fatto che un’elezione europea
sia stata trattata come se fosse un’elezione nazionale».
I dati dello spoglio dei voti
assegnati dai cittadini francesi residenti in Svizzera ai partiti e ai singoli
candidati sono stati in netta controtendenza rispetto a quanto accaduto dentro
i confini nazionali e nel panorama elettorale complessivo. Come se lo spiega?
«Nella circoscrizione estera Liechtenstein e
Svizzera, il candidato di Ensemble è arrivato primo con 26.000 voti, la
candidata del Nouveau Front Populaire seconda con circa 19.000. Il voto dei
francesi in Svizzera è quindi stato un voto piuttosto singolare, caratterizzato
anche dal fatto che la maggior parte degli elettori fosse residente nelle città
e avesse quindi un profilo molto chiaro; urbano, professionale e qualificato.
Non ha nulla a che vedere con il voto in Francia, dove è stato il consenso
rurale a fare la differenza. Nelle campagne, infatti, c’è stata
un’amplificazione del voto per il Rassemblement National molto più evidente che
nelle città, così com’era lecito attendersi».
La Tribune de Genève ha scritto che la Francia
frontaliera si è colorata di blu marino, il colore del partito di Marine Le
Pen. Il Rassemblement National è diventato maggioritario in molti comuni in cui
era inesistente fino alle ultime elezioni del 2022. Come spiegare questa
tendenza?
«Questa tendenza si spiega con una grande
defezione dal macronismo. I francesi hanno eletto Macron sia la prima, sia la
seconda volta credendo alla promessa del giovane liberale di rivoluzionare
l’intera classe politica francese e di allontanarsi dai partiti più
tradizionali. Ma il presidente ha fallito. In un certo senso, la vittoria degli
estremismi deriva dalla delusione nei suoi confronti, dovuta alla distanza tra
le promesse riformatrici e la loro mancata realizzazione. Questa delusione ha
colpito, in maniera più o meno evidente, ogni contesto sociale».
Come potrebbero evolvere le
dinamiche frontaliere, in particolare per i lavoratori, se il Rassemblement
National riuscisse a ottenere la maggioranza al secondo turno o se Jordan
Bardella diventasse primo ministro?
«In un primo momento, non credo ci saranno
cambiamenti importanti riguardo i frontalieri. Il RN si pone come obiettivo
principale la riduzione delle imposte per i cittadini francesi; considera
infatti che lo sviluppo economico francese è fortemente penalizzato da una
fiscalità troppo elevata, cosa che non dovrebbe gravare sulla convenienza del
frontalierato. In un secondo momento,
vista l’irrealizzabilità di questo programma fiscale, è prevedibile l’insorgere
di una polemica sulla natura e sulla possibilità concreta di realizzare
l’obiettivo, essendo quest’ultimo troppo costoso;. Ciò costringerebbe il RN a
interrogarsi sulla capacità di attuare effettivamente o ridimensionare il
proprio programma. A quel punto, sarebbe necessario riaumentare le tasse
attraverso una fiscalità supplementare che riguarderebbe le imposte dirette e
indirette. I vantaggi economici per i francesi frontalieri che lavorano in
Svizzera potrebbero, quindi, diminuire fortemente».
In che misura le politiche economiche protezioniste
del RN potrebbero influire sull’economia locale nei cantoni confinanti?
«Il RN non si oppone con il suo protezionismo ai
valori economici di libero scambio internazionale, ma piuttosto ai processi di
globalizzazione culturale, poiché fonda la sua politica sulla salvaguardia
dell’identità nazionale. Questo non influenza, quindi, la vicinanza economica
della Francia alla Svizzera, né gli scambi franco-elvetici. Inoltre, le
relazioni economiche tra Francia e Svizzera rimangono fondamentali per entrambi
i Paesi».
Quali ripercussioni potrebbero
avere, allora, sui cantoni confinanti, le politiche della destra francese in
tema di migrazione?
«C’è la volontà del RN di
restringere fortemente i flussi migratori. Ciò implicherebbe un doppio
movimento: una migrazione limitata dalle istituzioni europee agli arrivi
esterni; e il ripristino di un potere di frontiera ai confini della Francia. Se
questo dispositivo fosse messo in atto, bisognerebbe interrogarsi sulla sua
efficacia. E, in un secondo momento, sulla sua capacità effettiva di limitare
le migrazioni dalla Francia ai Paesi vicini, tra cui la Svizzera».