L'intervista

«Le relazioni Svizzera-Francia? Dopo il voto pochi cambiamenti»

Abbiamo posto alcune domande a Remi Baudoui, professore di Scienze politiche all'Università di Ginevra, in vista del secondo turno delle legislative francesi
© YOAN VALAT
Matteo Galasso
05.07.2024 22:00

Le elezioni francesi sono al centro del dibattito politico internazionale e domenica si terrà il secondo turno, decisivo per stabilire l’assetto politico del Paese. Attualmente il panorama elettorale è frammentato: il partito Ensemble di Macron ha perso terreno, mentre il Rassemblement National di Marie Le Pen ha ottenuto significativi avanzamenti. Remi Baudoui è professore ordinario di scienze politiche all’Università di Ginevra e politologo. Da anni la sua ricerca si concentra sulla governance locale e le politiche territoriali. In questa intervista, Baudoui discute l’impatto del voto transalpino sulla Svizzera, sottolineando le ripercussioni economiche e sociali per i cantoni confinanti.

Professor Baudoui, qual è stata la reazione degli svizzeri dei cantoni confinanti con la Francia ai risultati delle elezioni Europee e alla convocazione anticipata delle parlamentari transalpine decisa da Emmanuel Macron proprio la sera del 9 giugno?
«L’esito delle Europee ha sorpreso anche gli svizzeri, ma non più che in Francia. In particolare, i francesi in Svizzera si aspettavano in qualche modo che il macronismo sarebbe stato fortemente penalizzato, ma nessuno immaginava un fallimento così significativo. Molto criticato è stato anche il fatto che un’elezione europea sia stata trattata come se fosse un’elezione nazionale».

I dati dello spoglio dei voti assegnati dai cittadini francesi residenti in Svizzera ai partiti e ai singoli candidati sono stati in netta controtendenza rispetto a quanto accaduto dentro i confini nazionali e nel panorama elettorale complessivo. Come se lo spiega?
«Nella circoscrizione estera Liechtenstein e Svizzera, il candidato di Ensemble è arrivato primo con 26.000 voti, la candidata del Nouveau Front Populaire seconda con circa 19.000. Il voto dei francesi in Svizzera è quindi stato un voto piuttosto singolare, caratterizzato anche dal fatto che la maggior parte degli elettori fosse residente nelle città e avesse quindi un profilo molto chiaro; urbano, professionale e qualificato. Non ha nulla a che vedere con il voto in Francia, dove è stato il consenso rurale a fare la differenza. Nelle campagne, infatti, c’è stata un’amplificazione del voto per il Rassemblement National molto più evidente che nelle città, così com’era lecito attendersi».

La Tribune de Genève ha scritto che la Francia frontaliera si è colorata di blu marino, il colore del partito di Marine Le Pen. Il Rassemblement National è diventato maggioritario in molti comuni in cui era inesistente fino alle ultime elezioni del 2022. Come spiegare questa tendenza?
«Questa tendenza si spiega con una grande defezione dal macronismo. I francesi hanno eletto Macron sia la prima, sia la seconda volta credendo alla promessa del giovane liberale di rivoluzionare l’intera classe politica francese e di allontanarsi dai partiti più tradizionali. Ma il presidente ha fallito. In un certo senso, la vittoria degli estremismi deriva dalla delusione nei suoi confronti, dovuta alla distanza tra le promesse riformatrici e la loro mancata realizzazione. Questa delusione ha colpito, in maniera più o meno evidente, ogni contesto sociale».

Come potrebbero evolvere le dinamiche frontaliere, in particolare per i lavoratori, se il Rassemblement National riuscisse a ottenere la maggioranza al secondo turno o se Jordan Bardella diventasse primo ministro?
«In un primo momento, non credo ci saranno cambiamenti importanti riguardo i frontalieri. Il RN si pone come obiettivo principale la riduzione delle imposte per i cittadini francesi; considera infatti che lo sviluppo economico francese è fortemente penalizzato da una fiscalità troppo elevata, cosa che non dovrebbe gravare sulla convenienza del frontalierato.  In un secondo momento, vista l’irrealizzabilità di questo programma fiscale, è prevedibile l’insorgere di una polemica sulla natura e sulla possibilità concreta di realizzare l’obiettivo, essendo quest’ultimo troppo costoso;. Ciò costringerebbe il RN a interrogarsi sulla capacità di attuare effettivamente o ridimensionare il proprio programma. A quel punto, sarebbe necessario riaumentare le tasse attraverso una fiscalità supplementare che riguarderebbe le imposte dirette e indirette. I vantaggi economici per i francesi frontalieri che lavorano in Svizzera potrebbero, quindi, diminuire fortemente».

In che misura le politiche economiche protezioniste del RN potrebbero influire sull’economia locale nei cantoni confinanti?
«Il RN non si oppone con il suo protezionismo ai valori economici di libero scambio internazionale, ma piuttosto ai processi di globalizzazione culturale, poiché fonda la sua politica sulla salvaguardia dell’identità nazionale. Questo non influenza, quindi, la vicinanza economica della Francia alla Svizzera, né gli scambi franco-elvetici. Inoltre, le relazioni economiche tra Francia e Svizzera rimangono fondamentali per entrambi i Paesi».

Quali ripercussioni potrebbero avere, allora, sui cantoni confinanti, le politiche della destra francese in tema di migrazione?
«C’è la volontà del RN di restringere fortemente i flussi migratori. Ciò implicherebbe un doppio movimento: una migrazione limitata dalle istituzioni europee agli arrivi esterni; e il ripristino di un potere di frontiera ai confini della Francia. Se questo dispositivo fosse messo in atto, bisognerebbe interrogarsi sulla sua efficacia. E, in un secondo momento, sulla sua capacità effettiva di limitare le migrazioni dalla Francia ai Paesi vicini, tra cui la Svizzera».

Domenica si terrà in Francia il secondo turno delle elezioni legislative anticipate. La forte incertezza sul risultato di queste elezioni ha catalizzato l’attenzione dei media internazionali. Diverse domande emergono: la sinistra e i sostenitori di Macron saranno disposti a governare insieme? E se i partiti non trovassero un compromesso? Il Paese diventerà ingovernabile? I sondaggi indicano un’elezione fondamentale per il futuro politico della Francia, prefigurando una configurazione politica inedita. Numerose sono le proteste che esprimono una crescente tensione sociale, anche perché sembra che nessuna forza politica abbia i voti necessari per governare senza alleanze. Secondo una proiezione di Elabe per BFMTV, il RN potrebbe ottenere tra i 200 e i 230 seggi - ben lontani dai 289 necessari per governare da solo -, diventando così la prima forza politica del Paese senza però raggiungere la maggioranza assoluta. Il Nouveau Front Populaire (NFP), coalizione dei partiti progressisti e di sinistra, potrebbe guadagnare tra i 165 e i 190 seggi, in crescita rispetto al NUPES del 2022, mentre il campo presidenziale subirà una significativa perdita, ottenendo tra i 120 e i 140 seggi. I gollisti potrebbero ottenere tra i 35 e i 50 seggi. Questi numeri riflettono un cambiamento radicale rispetto al 2022, evidenziando il forte consolidamento del RN, che allora aveva ottenuto solo 89 seggi. La volatilità tra le elezioni del 2022 e quelle attuali conferma che il campo presidenziale e i partiti centristi sono i grandi sconfitti, potendo perdere più di 100 seggi. Possibili scenari includono un governo di centro-sinistra tra Macron e il Nuovo Fronte Popolare, un governo tra Macron e la destra, o un governo di sola destra, dove i repubblicani potrebbero giocare un ruolo chiave, o di sola sinistra, ipotesi poco probabile. In assenza di una vittoria di un singolo partito, sarà il capo di Stato a scegliere un candidato del campo maggioritario. La coabitazione tra presidenza e maggioranza parlamentare è molto probabile in questo caso. Se non si riuscisse a formare una maggioranza, il presidente potrebbe nominare un primo ministro dalla coalizione prima arrivata, dal proprio campo o optare per un governo tecnico. Nel primo turno - va ricordato - sono stati eletti 76 candidati; per le restanti contese, 224 desistenze hanno creato ulteriori duelli oltre ai 190 già previsti. Restano 89 triangolazioni, con alcuni candidati arrivati terzi che insistono nel non desistere. Le desistenze, sebbene numerose, suggeriscono una possibile alleanza informale tra Macron e il Nuovo Fronte Popolare, ma ci sono eccezioni. Naïma Moutchou, candidata per il fronte presidenziale nella 4. circoscrizione del Val-d’Oise, ha chiesto a Sébastien Meurant, terzo arrivato di RN, di ritirarsi per evitare la vittoria del NFP, cosa che Meurant ha fatto per bloccare l’avanzata della sinistra: questo mostra l’eterogeneità interna ai centristi. A queste incoerenze si aggiungono le recenti dichiarazioni dell’attuale primo ministro Gabriel Attal, che ha ribadito più volte che il campo presidenziale mira a evitare una maggioranza assoluta dominata dall’estrema destra, rappresentata dal RN, ma affermando anche che «non si governerà con gli estremi», equiparando il RN e la sinistra nella loro pericolosità per la stabilità e l’economia del Paese. Insomma, a un giorno dal voto, l’incertezza domina. Solo il voto dei francesi e il successivo spoglio sveleranno le reali combinazioni possibili e le intenzioni dei partiti.
In questo articolo: