Italia

L’economia è ferma, lo spread vola

Per l’Istat il PIL del primo trimestre è in calo dello 0,1% - Salito a 290 punti il differenziale tra Btp e Bund. Bruxelles chiede un rientro del debito, ma Roma vuole lanciare un piano fiscale da 30 miliardi
Maria Ferrari
01.06.2019 06:00

Il motore dell’Italia è fermo. A certificarlo l’Istat che ha pubblicato l’andamento del PIL tendenziale del primo trimestre 2019, tornato in negativo nel confronto annuale (-0,1%), come non accadeva dal quarto trimestre del 2013. Se invece si compara il dato con quello del trimestre precedente, la crescita si ferma a un risicatissimo +0,1%. A conti fatti, la Penisola è ufficialmente uscita dalla recessione tecnica del 2018 (che prevede due trimestri consecutivi con il segno meno) per entrare in un periodo stagnazione, amplificata anche dalla flessione della produzione industriale di marzo, scesa dello 0,9% soprattutto per il tonfo del mercato dell’auto. Immediata la reazione dei mercati, con lo spread - il differenziale di rendimento tra il Bund decennale tedesco e il Btp italiano – schizzato fino a un massimo di 293 punti base vicino ai livelli della Grecia, mentre Piazza Affari, complice anche le tensioni internazionali su petrolio e dazi, ha chiuso in calo dello 0,7%, sfiorando quasi un -3% su base settimanale. Di stagnazione per l’Italia parla anche l’Ocse, che ha previsto un PIL pari a zero per quest’anno e un aumento dello 0,6% nel 2020, ritoccando al rialzo le sue precedenti stime che indicavano addirittura un arretramento (-0,2%) nel 2019 e un +0,5% quello successivo. La mancata crescita avviene in un momento delicatissimo per l’Italia, uscita dal voto europeo con ancora più incertezze sul futuro del governo gialloverde, nato proprio un anno fa dall’alleanza tra la Lega – vincitrice all’ultima consultazione con il 34% dei consensi – e il Movimento Cinque Stelle, sceso invece sotto il 18%. Ma oltre ai continui contrasti sulla politica economica, l’esecutivo deve gestire un’altra emergenza. La Commissione europea, infatti, è pronta ad aprire una procedura sul debito pubblico italiano che già con la prossima legge di Bilancio toglierà libertà di manovra ai gialloverdi. Questo in sostanza il tono della lettera inviata mercoledì 29 maggio dal capo dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Trichet al premier italiano Giuseppe Conte. Uno «scambio di vedute» come lo ha definito il commissario per gli Affari economici Pierre Moscovici, ma che nelle intenzioni di Bruxelles deve spingere Roma a mettere in atto una manovra bis da almeno 3 miliardi di euro e una correzione del debito di almeno 23 miliardi di euro, guarda caso lo stesso importo delle clausole Iva che si attiveranno il 1. gennaio 2020. Se l’8 luglio prossimo la procedura d’infrazione scatterà davvero, l’Italia dovrà azzerare il deficit in modo da abbassare il debito, su cui la Commissione UE sottolinea che «l’Italia non ha fatto progressi sufficienti».

L’esatto contrario di quello che ha in mente il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini che, forte del grandissimo consenso interno, nei prossimi mesi pensa di lanciare un piano fiscale monstre da 30 miliardi di euro per introdurre in Italia la flat tax. La cosiddetta tassa piatta al 15-20% sarebbe allargata alle imprese e alle famiglie con un reddito fino a 50 mila euro lordi l’anno e servirebbe a dimezzare il tasso di disoccupazione – sopra il 10%, con punte del 30% tra i giovani – e a far ripartire i consumi interni, vero tallone d’Achille italiano. Un piano che però avrebbe forti ripercussioni sul debito pubblico, stabilmente sopra i 2.300 miliardi di euro, che con l’accelerazione dello spread diventa sempre più caro da finanziare e difficile da collocare agli investitori istituzionali stranieri. Per ora le banche tricolori hanno fatto la loro parte: lo scorso aprile, secondo i dati dell’ultimo Bollettino della Banca d’Italia, avevano in portafoglio 403 miliardi di euro di titoli di Stato italiani, il livello più alto dell’ultimo biennio. Per fare un paragone, a fine 2017, in uno dei momenti più difficili per l’Italia, si era toccato un minimo di 334 miliardi. Sempre dai dati Bankitalia emerge che i primi dieci istituti di credito della Penisola hanno a bilancio oltre 200 miliardi di titoli di Stato, un livello considerato di guardia dagli analisti. Ma il ministro dell’economia Giovanni Tria resta positivo e in risposta alla missiva europea ribadisce che «le manovre correttive non servono» e che «il governo è tranquillo». Nelle dieci pagine di risposta a Bruxelles, Tria sottolinea come il mancato rispetto dell’obiettivo del debito nel 2018 sia dovuto principalmente al forte rallentamento dell’economia, e il dato del Pil del primo trimestre conferma che anche quest’anno non ci sarà crescita.

La prossima scadenza? Molto vicina. Il 5 giugno, infatti, arriveranno le pagelle della Commissione UE Paese per Paese oltre che il rapporto sul debito della Penisola. E sarà, probabilmente, il primo passo verso l’apertura formale di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.