Guerra

L'economia russa resiste grazie alla Cina, ma Mosca può fidarsi di Pechino?

Con l'introduzione delle sanzioni e la fuga delle aziende occidentali, il Dragone è diventato il principale partner commerciale del Paese di Putin: secondo gli analisti ci sono dei rischi
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Michele Montanari
14.03.2024 09:00

Gli affari delle aziende russe con la Cina, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, sembrano andare a gonfie vele. È il caso della società Eurasia Logistics di Nikita Minenkov, con sede vicino al confine tra i due Paesi: in seguito all’invasione il suo fatturato è raddoppiato per due anni consecutivi.

E questa, secondo la Reuters, è solo una delle tante imprese che ha potuto beneficiare di un forte aumento di scambi commerciali con il Paese del Dragone dopo che le aziende occidentali hanno abbandonato il mercato russo a causa delle sanzioni.

In questi due anni il rapporto economico tra Mosca e Pechino si è fatto molto stretto: la Cina acquista sempre più petrolio e allo stesso tempo fornisce numerosi beni, tra cui automobili e prodotti tecnologici, come i microchip. Nello specifico, secondo il professor Chris Miller della Tufts University, la  «maggior parte dei chip acquistati dalla Russia proviene dai Paesi del G7, dalla Corea e da Taiwan, transitando attraverso la Cina. C'è un po' di commercio verso la Turchia, un po' attraverso l'Asia centrale, e un po' di contrabbando direttamente dall'Europa. Ma la stragrande maggioranza passa attraverso la Cina». E questo mercato risulta possibile perché USA ed Europa «hanno erroneamente dato priorità ad altre questioni nelle loro relazioni con la Cina, non volendo creare nuove fonti di tensione con il Paese asiatico, spingendolo a tagliare le forniture alla Russia». Nel tentativo di porre rimedio a questa falla, l’Unione europea, con il 13esimo pacchetto di sanzioni di fine febbraio, ha preso di mira per la prima volta alcune aziende cinesi sospettate di riesportare tecnologia avanzata e componenti militari europei vietati in Russia.

Puntando i riflettori sul settore automobilistico, i dati commerciali cinesi del 2023 mostrano come le esportazioni di veicoli verso il Paese di Putin siano state quasi sette volte superiori a quelle dell’anno precedente, con un aumento di circa 10 miliardi di dollari. Per quanto riguarda il mercato degli idrocarburi, invece, questo è cresciuto del 64% arrivando a 240 miliardi di dollari negli ultimi due anni. Ma il Dragone non è il solo ad aver gonfiato le casse statali russe: secondo il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), grande spinta è stata data dall’India che, dopo l’invasione dell’Ucraina, ha aumentato i suoi acquisti di greggio di oltre 13 volte rispetto agli importi prebellici.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, riferendosi alla Cina, ha parlato di uno «sviluppo sistematico e reciprocamente vantaggioso della cooperazione commerciale ed economica» tra i due Paesi, dicendosi speranzoso di una continua crescita commerciale. La volontà della Cina di fare affari con la Russia, di fatto, ha rappresentato un’ancora di salvezza economica per Putin, in grado di tamponare la fuga di clienti e venditori occidentali.

«L’impennata del commercio tra Russia e Cina dimostra semplicemente che le sanzioni perdono efficacia col tempo, poiché i Paesi che non vi aderiscono approfittano delle opportunità economiche lasciate dalle imprese occidentali che si sono ritirate», ha sottolineato Zach Meyers, vicedirettore del think tank Center for European Reform. Basti ricordare come il Fondo monetario internazionale (FMI) avesse previsto una grave recessione di due anni per l'economia russa, con una contrazione dell’8,5% nel 2022 e di un ulteriore 2,3% nel 2023. Nel 2022, la contrazione è stata solo di poco più del 2%, mentre nel 2023, l'economia del Paese invasore è addirittura cresciuta del 3%

C'è dunque stata una sostituzione di partner commerciali e, in questo senso, il settore automobilistico è emblematico: la quota di vetture cinesi sul mercato russo è balzata da meno del 10% a più del 50% in due anni. Questo perché i concessionari che un tempo vendevano le varie Volkswagen, Renault o i brand Stellantis si sono rivolti ai marchi cinesi, tra cui Geely e Chery. Secondo l'agenzia di analisi Autostat, a febbraio 2024, 8 dei 10 marchi automobilistici più venduti in Russia erano cinesi.

Secondo Zach Meyers, tuttavia, l’espansione dei legami commerciali sino-russi non è tutta rose e fiori: «C'è un rischio significativo per Mosca, perché ora è molto più dipendente dalla Cina di quanto il Paese asiatico non dipenda dalla Russia. La Cina è un partner di cui la Russia non si fida fino in fondo», perché «l’Occidente rimane per Pechino un cliente molto più importante di quanto lo sia la Russia, e la Cina ha molto da perdere se le sanzioni occidentali iniziassero a colpire un numero significativo di aziende cinesi».

Tuttavia, il Cremlino ormai non può fare altro che guardare all'Asia e per il 2024 ha previsto un aumento della spesa per incrementare la capacità ferroviaria di trasporto merci verso l’Estremo Oriente. Si parla di 366 miliardi di rubli (4,03 miliardi di dollari), un investimento del 40% superiore rispetto al 2023. Una chiara mossa per facilitare gli scambi russi - specialmente di petrolio, carbone e minerali - con la Cina e altri Paesi asiatici, ora che molte porte occidentali sono chiuse.

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