L’FBI non poteva informare la CIA

«All’epoca si sapeva già chi fosse Osama bin Laden e cosa fossero l’islamismo e il terrorismo di matrice islamica. Prima dell’attacco sul suolo americano, nel 1998 ci furono gli attentati alle ambasciate USA di Nairobi e Dar es Salaam. Ma l’11 settembre ha cambiato completamente l’ordine liberal-democratico mondiale». Peter Regli, che fino all’anno prima dirigeva i servizi informativi svizzeri, quel giorno si trovava a casa sua, vicino Berna.
«Mi chiamò il nostro addetto militare all’ambasciata svizzera di Madrid, il colonnello Siro Muschietti, di Novaggio. Mi disse che dovevo assolutamente accendere la TV perché stava succedendo qualcosa di terribile. Mi sintonizzai sulla CNN, proprio nel momento in cui il secondo aereo si stava schiantando contro la torre sud del WTC. Poi vennero comunicati lo schianto di un terzo velivolo contro il Pentagono a Washington e quello di un quarto in Pennsylvania. Era la seconda volta in sessant’anni – la prima fu a Pearl Harbor – che gli Stati Uniti venivano colpiti sul loro territorio».
Tempo dopo, racconta Regli, una cosa in particolare lo colpì. «Nel rapporto d’inchiesta parlamentare si rileva che una causa dell’errore gravissimo compiuto dai servizi d’informazione stava nella legge. Quest’ultima impediva all’FBI di scambiare informazioni con la CIA. L’FBI era stata informata che in alcune scuole di volo americane risultavano iscritti diversi arabi, ai quali interessava solo volare in modo orizzontale, non il decollo e l’atterraggio. Questo avrebbe dovuto allarmare tutti, ma siccome l’FBI non era autorizzata a trasmettere i dati alla CIA, l’agenzia di spionaggio attiva all’estero, quest’ultima non ha potuto verificare le informazioni ed eseguire un controllo incrociato». Le conseguenze dell’11 settembre? «Lo scopo era di sradicare al-Qaeda ed eliminare bin Laden. L’operazione è riuscita, perché bin Laden è stato ucciso. Ma per gli USA, il fatto di essere rimasti in Afghanistan li ha costretti a vivere un secondo 11 settembre, lo scorso 15 agosto, con il ritorno a Kabul dei talebani. C’è stata anche l’invasione dell’Iraq, che a seguito di una serie di errori iniziali nell’organizzazione del nuovo Stato ha favorito l’opposizione armata e, in un secondo tempo, l’emergere dell’ISIS. Dopo il 2001, tutti hanno dovuto prendere conoscenza del fatto che il terrorismo islamista è una sfida per il mondo libero. Anche i servizi svizzeri hanno dovuto riorganizzarsi, cercando di arruolare, con non poche difficoltà, persone che conoscessero l’arabo, il pashtu e il tagiko». E adesso?
«La minaccia islamista rimane, specialmente per il mondo occidentale, democratico e liberale. Il terrorismo potrebbe accentuarsi, se questo nuovo Afghanistan diventasse la culla per gruppi terroristici islamisti come al-Qaeda e lo Stato islamico. Gli Stati Uniti, in futuro, si concentreranno sulla loro sfida strategica principale: la Cina.Gli europei (con la Svizzera) dovranno garantire la loro sicurezza nazionale da soli».