Il punto

L'Hajj sarà sempre più caldo (e pericoloso)

E la colpa è del cambiamento climatico, secondo quanto afferma uno studio del 2019 – Nei Paesi del mondo musulmano, intanto, è partita la caccia al colpevole dopo quanto successo alla Mecca: perché sono morte oltre mille persone?
©Rafiq Maqbool
Red. Online
21.06.2024 12:00

Le temperature, alla Mecca, in Arabia Saudita, hanno raggiunto i 51,8 gradi. L'ondata di calore estremo, inevitabilmente, si è incrociata con l'Hajj, l'annuale pellegrinaggio islamico verso la città santa dei musulmani. Il caldo, il troppo caldo, secondo l'AFP avrebbe provocato oltre 1.000 morti fra i pellegrini, nonostante fosse stata distribuita dell'acqua e nonostante i nebulizzatori. Le autorità saudite, prima che venissero diffuse le prime notizie riguardanti i morti, avevano dichiarato a Reuters di aver registrato 2.700 casi di «esaurimento da calore». Quindi, sono rimaste in silenzio. Fra le vittime, come hanno riferito i rispettivi governi, figurano pellegrini provenienti da Egitto, Indonesia, Senegal, Giordania, Iran, Iraq, India e Tunisia.

Negli ultimi anni, le autorità saudite hanno cercato di adottare, come detto, misure per mitigare l'impatto delle alte temperature estive sui visitatori. Distributori d'acqua e nebulizzatori, appunto. Ciononostante, quest'anno il bilancio è stato devastante. Detto in altri termini: molta gente è comunque morta per via del caldo. Secondo alcuni, il fatto che diversi pellegrini fossero anziani potrebbe aver contribuito. E il numero dei morti, attenzione, potrebbe salire considerando che molte persone stanno setacciando ospedali e altre strutture nella speranza di ritrovare i loro cari.

«Onestamente, l'Hajj di quest'anno è stato vergognoso» ha dichiarato a Deutsche Welle, via WhatsApp, Ihlsa, una pellegrina di Assuan, nel sud dell'Egitto. «È stato molto difficile, soprattutto durante la lapidazione. Le persone sono crollate a terra». L'Hajj prevede, oltre al tradizionale giro attorno alla Kaaba, la preghiera sul monte Arafat e la cosiddetta «lapidazione del diavolo», in cui i fedeli lanciano pietre con tutte le loro forze su tre enormi muri di cemento intesi a rappresentare Satana. «Più volte ho raccontato al personale di sicurezza di un pellegrino che era caduto a terra» ha proseguito Ihlsa. «Il sole era alto e faceva molto caldo».

In molti Paesi del mondo musulmano, intanto, si discute e polemizza o, meglio, è scattata la caccia al colpevole dopo quanto successo. Per poter effettuare l'Hajj, i pellegrini devono prima ricevere un permesso speciale dell'Arabia Saudita al fine di entrare nel Paese. Ogni anno, le autorità saudite applicano un sistema di quote per evitare il sovraffollamento. Questo viaggio, di solito, è facilitato da agenzie di viaggio, spesso collegate a organizzazioni comunitarie musulmane o moschee in patria. Agenzie che organizzano l'alloggio, il vitto e il trasporto alla Mecca. Alcune famiglie delle vittime, in queste ore concitate, hanno incolpato le autorità saudite e quelle dei Paesi di provenienza. A loro giudizio, non è stato fatto abbastanza per organizzare ripari dal caldo estremo. Altri, invece, hanno puntato il dito sul fatto che non tutti i pellegrini presenti all'Hajj fossero regolarmente registrati. All'inizio della settimana, il direttore della sicurezza pubblica saudita, Mohammed bin Abdullah al-Bassami, ha dichiarato che le autorità avevano identificato oltre 171 mila pellegrini non registrati presenti nel Paese prima dell'inizio dell'Hajj. La presenza di pellegrini non registrati, nonché il loro uso di aria condizionata, acqua, ombra e nebulizzatori, potrebbe aver creato sovraffollamento e, quindi, contribuito a un numero di vittime così elevato.

Deutsche Welle, ancora, ha parlato con il responsabile di un'agenzia di viaggi egiziana che, da anni, è attiva proprio nel portare pellegrini alla Mecca. «Le temperature erano tante e non tutte erano registrate» ha riferito sotto anonimato. «Non erano nemmeno consapevoli della pericolosità del caldo». «Ognuno ha fatto quello che voleva e l'intera operazione è stata organizzata male. Inoltre, non c'erano abbastanza tende per tutti». Detto ciò, l'impressione è che nessuno volesse «scappare» dal caldo. «La gente era felice di stare sul Monte Arafat». E ancora: «I pellegrini dovrebbero essere più istruiti e più consapevoli. Le autorità hanno degli obblighi e delle responsabilità, in questo senso. Il comportamento di alcuni pellegrini rivela proprio una mancanza di consapevolezza. E con questo intendo la consapevolezza di come eseguire i rituali dell'Hajj. Per esempio, lo Stato saudita non è stato in grado di mettere dei parasole sulla cima del Monte Arafat».

Mentre le recriminazioni e le disperate richieste di aiuto continuano, una cosa è certa: l'Hajj diventerà sempre più caldo. Uno studio del 2019, incentrato sull'efficacia delle misure applicate dalle autorità saudite per raffreddare gli ambienti della Mecca in cui si svolge l'Hajj, ha concluso che, per quanto buone, queste misure non mitigheranno gli effetti del cambiamento climatico in atto. Ovvero, l'Hajj sarà sempre più caldo e, di riflesso, pericoloso.

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