L’India ancora in balia della «tempesta perfetta»

L’India è ancora in balia della «tempesta perfetta» scatenata dal Covid-19, com’è stata definita dall’Oms. I numeri sono impietosi e certificano un ennesimo record, 3.689 vittime in appena 24 ore.
La comunità internazionale si è mobilitata in massa per inviare respiratori e altre forniture mediche, mentre il disastro sanitario sta facendo crescere anche il malcontento nei confronti del governo guidato da Narendra Modi.
Da giorni, ormai, l’epicentro della pandemia è stabilmente in India, diventato il primo Paese al mondo a registrare oltre 400mila nuovi contagi in un giorno. Numeri da capogiro anche nel loro complesso, 19 milioni di casi e 215mila vittime, alimentati dalla temibile variante del virus a doppia mutazione e dai raduni di massa, come il pellegrinaggio induista del Kumbh Mela.
Un disastro sanitario sottostimato, a causa dei pochi test e del mancato conteggio delle persone che muoiono da sole in casa, specialmente nelle remote zone rurali.
Le cronache di queste giornate drammatiche sono fatte di ospedali al collasso, carenza di posti letto ed ossigeno, e cimiteri pieni, tanto che i cadaveri vengono bruciati in strada. Di fronte a questo l’India ha accettato l’aiuto internazionale. Per la prima volta dopo tanti anni, rinunciando così ad una tradizione politica di autosufficienza.
Oltre quaranta Paesi (dagli Stati Uniti alla Francia, dalla Russia alla Gran Bretagna) hanno inviato o promesso forniture di emergenza, a partire dai respiratori.
Aiuti internazionali, ma anche tanta prudenza, se è vero che molti governi hanno deciso di chiudere ai voli con l’India. L’Australia ha persino vietato ai propri cittadini di rientrare. Altrimenti, rischiano multe e fino a 5 anni di carcere.
Di fronte all’avanzare dell’epidemia, il governo Modi ha esteso la campagna di vaccinazione a tutti gli adulti. Ma il problema è che mancano le dosi: un paradosso, in un Paese che è il più grande produttore al mondo.
Il premier non sembra peraltro intenzionato ad adottare un nuovo lockdown nazionale (mentre in diversi stati come Delhi è una realtà), perché teme un crollo dell’economia simile a quello della prima ondata. Questa riluttanza nel chiudere, però, rischia di costare caro al leader indiano. Nel voto locale gli elettori di tre stati chiave, West Bengala, Kerala e Tamil Nadu, hanno bocciato oggi la sua linea confermando le amministrazioni uscenti, guidate dall’opposizione.
La pericolosità del coronavirus, del resto, non è un tema che riguarda solo l’India, anzi la pandemia continua a rigenerarsi in altri Paesi. E’ il caso del Brasile, che con quasi 400 mila decessi continua ad avere il tasso di mortalità quotidiano per milione di abitanti più alto del mondo.
Lo stesso si può dire del Giappone, dove i livelli dei pazienti in gravi condizioni sono da allarme rosso, malgrado l’entrata in vigore del terzo stato d’emergenza. La scorsa settimana è stata superata la soglia dei 10 mila morti, in un Paese in cui meno dell’1% della popolazione è stata vaccinata. Anche a Tokyo i contagi corrono, ai livelli più alti da gennaio. A poco più di due mesi e mezzo dalle Olimpiadi. Che a questo punto, con ogni probabilità, si svolgeranno senza spettatori.