L’intervista

«L’intesa tra Israele e Marocco suscita inquietudine in Algeria»

L’esperto di Nord Africa Riccardo Fabiani analizza gli effetti della ritrovata collaborazione tra Rabat e Tel Aviv a un anno dal ristabilimento delle relazioni bilaterali tra i due Paesi
Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz, a sinistra, è accolto dal ministro degli Esteri marocchino Nasser Bourita, a Rabat, in Marocco. © AP/Mosa'ab Elshamy
Osvaldo Migotto
25.11.2021 06:00

Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz è in Marocco per celebrare il primo anniversario del riallacciamento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Quali effetti ha avuto tale svolta nella regione? Abbiamo sentito Riccardo Fabiani, direttore della sezione Paesi del Nord Africa presso l’International Crisis Group di Londra.

Mercoledì il Marocco e lo Stato ebraico a Rabat hanno concluso un accordo quadro di cooperazione in materia di sicurezza. Un brutto segnale per l’Algeria che è ai ferri corti con il regno di Mohammed VI?
«Sì. Israele e Marocco stanno andando oltre la normalizzazione dei rapporti bilaterali, direi che siamo agli inizi di una possibile alleanza. Pertanto tale avvicinamento tra Tel Aviv e Rabat è motivo di inquietudine per l’Algeria, in quanto teme che questo trasferimento di armi e varie tecnologie da Israele al regno di Mohammed VI porti a una superiorità militare del Marocco rispetto all’Algeria».

Rabat ha avuto altri tipi di vantaggi riannodando i legami diplomatici con Israele?
«Oltre alla collaborazione a livello militare c’è il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità marocchina sul Sahara occidentale (il Fronte Polisario, sostenuto dall’Algeria, rivendica da decenni l’indipendenza di questo territorio ndr) che Donald Trump aveva conferito alla fine del suo mandato. Washington aveva concesso tale riconoscimento a Rabat in virtù della normalizzazione dei rapporti tra Marocco e Israele. Poi ci sono dei vantaggi di carattere economico. In Israele c’è una fortissima e ampia comunità di ebrei di origine marocchina che hanno spinto molto per questo riavvicinamento tra i due Paesi e ora Rabat spera di agganciare tale comunità per poterne usare i capitali, le conoscenze e l’accesso alla tecnologia, per favorire lo sviluppo del Marocco e del suo settore turistico».

Il riconoscimento statunitense della sovranità del Marocco sul Sahara occidentale che benefici ha portato al Paese?
«Questo riconoscimento è innanzitutto molto difficile da affrontare per l’amministrazione Biden che non ha potuto cancellare la decisione dell’amministrazione Trump, perché ne andrebbero di mezzo i rapporti con Israele. E questo è molto importante per Biden a livello di politica interna americana. Il Marocco, dal canto suo, con il riconoscimento USA, adesso ha un ulteriore strumento di pressione con il quale andare in giro per il mondo e soprattutto in Europa e dire a Francia, Spagna e Germania: ‘perché non seguite quanto già fatto dagli Stati Uniti?’».

La tecnologia per lo spionaggio fornita a Rabat dallo Stato ebraico pare sia stata usata contro l’Algeria, facendo salire la tensione tra i due Paesi fino alla rottura delle relazioni diplomatiche lo scorso agosto. Vi sono poi stati dei morti su entrambi i fronti. L’ONU che fa per evitare un’escalation?
«Questo è l’aspetto più dolente di tutta questa vicenda perché al di là della nomina dell’inviato speciale dell’ONU per il Sahara occidentale, che è avvenuta finalmente a novembre, non c’è altro che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU stia facendo su questo dossier; né sul dossier del Sahara occidentale, né sulla questione delle tensioni tra Algeria e Marocco. Quello che manca è un attore esterno in grado di mediare e cercare di affrontare i problemi alla radice di questa escalation. L’inviato speciale dell’ONU ha un mandato limitato al Sahara occidentale, per cui non può mediare tra Algeria e Marocco».

Nell’UE è soprattutto la Spagna a subire le conseguenze di tali tensioni. Vi è stato un flusso di migranti che dal Sahara occidentale si è diretto verso le enclavi spagnole. Cosa fa Madrid?
«Si parla di una mediazione spagnola tra Algeria e Marocco, però finora non abbiamo elementi per essere sicuri che ciò stia realmente accadendo e, soprattutto, se l’Algeria e il Marocco accettino una mediazione della Spagna che è vista come una parte in causa con interessi e relazioni molto strette con il Marocco. Dubito che Francia e Spagna possano fare da mediatori. Ci vorrebbe o un intervento diretto degli Stati Uniti, oppure dell’UE o dell’ONU. Ci vuole un attore di peso per mediare con efficacia».