L'intervista

«L’istruzione, milioni di bambini ancora esclusi»

In Ticino oggi riaprono i portoni delle scuole - Questo ci fa pensare a tutti quei ragazzi che, invece, non hanno accesso all’istruzione - Ne parliamo con la direttrice generale di UNICEF Svizzera, Bettina Junker
©Chiara Zocchetti
Paolo Galli
02.09.2024 06:00

In Ticino oggi riaprono i portoni delle scuole. Questo ci fa pensare a tutti quei ragazzi e a quelle ragazze che, invece, non hanno accesso all’istruzione. Sono 250 milioni, tra i 6 e i 18 anni, a non poter vantare questo diritto. Tante le cause, dalle crisi globali alle disuguaglianze. Ne parliamo con la direttrice generale di UNICEF Svizzera e Liechtenstein, Bettina Junker.

Signora Junker, dai vostri dati, risulta che 250 milioni di ragazze e ragazzi tra i 6 e i 18 anni, nel mondo, non hanno accesso all’istruzione. Come si è arrivati a questi numeri, a questa situazione?
«Queste cifre sconcertanti illustrano i problemi profondi e complessi che hanno portato alla crisi dell’istruzione. Le cause sono le numerose crisi globali in corso, l’estrema povertà, la radicata disuguaglianza di genere, le norme sociali, ma anche le infrastrutture educative inadeguate. Ma queste cifre sono molto più che semplici statistiche: sono un appello urgente alla comunità internazionale affinché agisca con decisione e immediatezza per rimuovere gli ostacoli all’istruzione che stanno negando un futuro a milioni di bambini».

C’è l’impressione che, per i bambini, questa sia l’ora più buia nella storia. È davvero così?
«La crisi globale dell’istruzione colpisce milioni di bambini che non hanno accesso a un’istruzione di qualità, soprattutto nelle regioni colpite da povertà e conflitti. Le sfide attuali sono davvero enormi e la situazione è allarmante. Scuole poco attrezzate, insegnanti sottopagati e poco qualificati, aule sovraffollate e programmi di studio obsoleti impediscono a milioni di bambini di realizzare appieno il loro potenziale. UNICEF lavora instancabilmente per garantire che nessun bambino venga lasciato indietro, rafforzando i sistemi e le infrastrutture educative, investendo negli insegnanti e promuovendo la riforma dell’istruzione a livello nazionale e internazionale».

Nel 2024 c’è ancora la necessità di ribadire che il diritto all’istruzione è uno dei diritti fondamentali dell’umanità?
«Assolutamente sì. Anche nel 2024, è essenziale proteggere e rafforzare il diritto all’istruzione come uno dei diritti fondamentali dell’umanità. Il riconoscimento internazionale del diritto all’istruzione è fondamentale per garantire che tutti i bambini - a prescindere dal contesto o dalle circostanze - abbiano accesso a un’istruzione inclusiva ed equa. L’istruzione è la chiave dello sviluppo personale di un bambino e una leva essenziale per la realizzazione di molti altri diritti, nonché per lo sviluppo sostenibile di un Paese. È nostro dovere garantire che l’istruzione non rimanga un privilegio, ma un diritto umano universale aperto a ogni bambino».

La crisi climatica influisce anche su questo tema. Alla stregua dei conflitti. Come va affrontata questa “nuova” crisi, pensando in particolar modo proprio all’infanzia?
«La crisi climatica e i conflitti armati hanno un impatto significativo sull’accesso dei bambini all’istruzione. Eventi climatici estremi come inondazioni e uragani distruggono le scuole e costringono le famiglie a fuggire, mentre i conflitti danneggiano le infrastrutture scolastiche, mettono a rischio la sicurezza dei bambini e spesso portano agli sfollamenti delle famiglie. I bambini perdono i loro ambienti di apprendimento, compromettendo la continuità dell’istruzione. UNICEF risponde a queste sfide creando ambienti di apprendimento temporanei e sicuri nelle aree di crisi, al fine di mantenere l’insegnamento in situazioni di emergenza. Promuoviamo inoltre modelli educativi innovativi e flessibili per l’apprendimento continuo in condizioni estreme e sosteniamo politiche che mettano i diritti dei bambini al centro dei negoziati sulla protezione del clima e sulla pace».

Togliere l’istruzione a un bambino è togliergli la possibilità di svilupparsi e di diventare autonomo. Ostacolare questo percorso è ancora un’arma molto usata in alcune aree del mondo?
«In tutto il mondo esistono notevoli disuguaglianze nell’accesso all’istruzione, soprattutto per le ragazze e i gruppi vulnerabili. In Afghanistan, ad esempio, le ragazze e le giovani donne non hanno praticamente avuto accesso alle scuole secondarie e alle università da quando sono saliti al potere i talebani. Questa emarginazione sistematica priva 1,5 milioni di ragazze non solo del diritto all’istruzione, ma anche delle loro prospettive future. Anche in altre regioni, alle ragazze viene spesso negato l’accesso all’istruzione, poiché i modelli di ruolo tradizionali e le norme sociali ritengono che l’istruzione non sia necessaria per loro. L’istruzione diventa così, consapevolmente o inconsapevolmente, un’arma che priva le bambine dell’opportunità di svilupparsi e di condurre una vita autodeterminata».

Mia figlia, sei anni, sta per iniziare la scuola elementare. Lei è sicura, oggi, di poterla iniziare. Che cosa significa questa sicurezza? Quanto vale?
«Il diritto all’istruzione è sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e garantisce che ogni bambino, a prescindere dall’origine, dal sesso o dallo status sociale, abbia accesso a un’istruzione di qualità. In Svizzera, questo diritto è garantito dall’istruzione obbligatoria. Il valore di questo diritto è enorme, poiché l’istruzione getta le basi per il futuro personale e professionale del bambino, promuove le pari opportunità ed è una condizione importante per la salute nell’infanzia e nell’età adulta. Contribuisce inoltre all’integrazione sociale. L’istruzione protegge inoltre i bambini dalla povertà e dall’emarginazione e consente loro di svolgere in seguito un ruolo attivo e responsabile nella società».

Anche in Svizzera, anche nei Paesi occidentali, ci sono ostacoli all’istruzione? E nel caso, diventano elementi di esclusione sociale?
«Nei Paesi occidentali, la questione non è tanto se un bambino può andare a scuola, quanto piuttosto la qualità dell’istruzione e l’accessibilità del sistema educativo a tutti. In Svizzera, i fattori socio-economici come il reddito o il background migratorio hanno un impatto maggiore sul successo scolastico e sul livello di istruzione raggiunto. Ciò rende la promozione delle pari opportunità uno dei compiti principali del nostro sistema educativo e una misura chiave contro l’esclusione sociale. Anche le barriere linguistiche o lo status di residenza possono rendere più difficile l’accesso all’istruzione in questo Paese. I bambini con esigenze speciali possono incontrare servizi di supporto inadeguati. Queste barriere possono portare all’esclusione sociale se non vengono affrontate in modo tempestivo e appropriato. Un’istruzione inadeguata può rendere più difficile l’integrazione nel mercato del lavoro e nella società, aumentando a sua volta le disuguaglianze sociali».

Secondo lei le esperienze di integrazione – penso ai bambini ucraini accolti nelle scuole svizzere (e non solo) negli ultimi tre anni – possono contribuire a sensibilizzare i nostri stessi bambini, più in generale la comunità, rispetto a questa tematica?
«L’inserimento dei bambini rifugiati nelle scuole svizzere è un’opportunità preziosa non solo per i bambini stessi, ma anche per quelli locali. Da un lato, infatti, i bambini appena arrivati non vengono segregati e riescono a entrare più rapidamente in contatto sia con la lingua che con la nostra cultura e società. In secondo luogo, i bambini svizzeri e le loro famiglie possono sensibilizzarsi sull’importanza dell’integrazione. Queste esperienze promuovono la comprensione e l’accettazione di persone provenienti da contesti diversi da entrambe le parti. Questo può portare a una società più aperta e inclusiva, che riconosce e promuove la diversità come un punto di forza».

Le vorrei fare, per chiudere, un’ultima domanda, piuttosto ingenua. Mi consenta, ma non dovrebbe partire dal diritto all’istruzione la rincorsa alla pace nel mondo? E non dovremmo porci questa domanda, senza retorica, più spesso?
«La domanda non è affatto ingenua. Nelson Mandela una volta disse: “L’istruzione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”. In linea di principio, direi che l’istruzione è la chiave per consentire ai bambini di realizzare il loro pieno potenziale, sviluppare il pensiero critico e acquisire le competenze necessarie per partecipare attivamente alla società. Inoltre, l’istruzione è un catalizzatore per lo sviluppo economico di un intero Paese e per le pari opportunità».