«L’uomo ha cambiato il mondo ma ora è costretto a rincorrerlo»

«Noi cambiamo il mondo e il mondo cambia noi». Quasi la natura reagisse, per contrappasso dantesco, ai nostri attacchi.
In realtà, spiega Telmo Pievani - ordinario di filosofia delle scienze biologiche presso il dipartimento di biologia dell’Università di Padova -, l’evoluzione avanza senza intenzioni o fini. «È il mio modo di raccontare il cambiamento climatico». Ovvero? «L’uomo ha trasformato l’ambiente e la terra. Ne ha tratto ricchezza, bruciando combustibili fossili in maniera così intensiva da produrre un cambiamento climatico al quale, oggi, dobbiamo adattarci».
Un po’ come se l’uomo avesse costruito un treno - bellissimo e moderno - e lo avesse lanciato a tutta velocità e ora si trovasse nella condizione di ricorrerlo, nel tentativo di rallentarne la corsa. «Chiaramente, questo inseguimento ha un prezzo: i nostri figli e i nostri nipoti rischiano di ritrovarsi in un mondo più difficile da vivere e da abitare rispetto al nostro».
L’enzima del latte
Eppure - facciamo notare - l’uomo, da sempre, si adatta all’ambiente circostante. È il meccanismo stesso dell’evoluzione. «È vero. Questo scambio continuo tra ambiente e uomo è una storia antichissima. Non c’è dubbio. L’homo sapiens - dalla prima migrazione africana - ha sempre modificato il mondo attorno a sé. E da sempre si adatta ai cambiamenti da lui stesso prodotti». Questa volta però - continua Pievani - è un po’ diverso.
«Ci sono state tante tappe evolutive, con diverse accelerazioni. Una di queste è stata l’addomesticamento del fuoco. Un’altra l’addomesticamento delle piante e degli animali». Ognuna ha introdotto un cambiamento profondo. «Il dominio del fuoco, per esempio, ha permesso alla nostra specie di cucinare carne e tuberi, rendendoli più nutrienti e digeribili. Da quel momento l’assimilazione del cibo è cambiata. Questa tecnica, però, è stata così pervasiva e duratura da modificare il nostro stesso sistema digerente». Stesso discorso per l’allevamento del bestiame e la conseguente cultura dei latticini che abbiamo sviluppato. «Nel tempo l’uomo ha prodotto un enzima, prima assente, che gli ha consentito di assimilare il latte anche dopo lo svezzamento».
L’era geologica dell’uomo
Ciò che è accaduto dalla rivoluzione industriale in poi, però, non ha precedenti. Ancora Pievani: «L’accelerazione maggiore si è avuta nell’ultimo secolo: il clima non è mai cambiato in modo così veloce. E per la prima volta è cambiato a causa di una specie, la nostra. Da una parte, dunque, è vero che si tratta di una vecchia storia evolutiva. Ovvero che l’uomo si adatta ai cambiamenti da lui stesso prodotti. Dall’altra, quanto sta accadendo oggi è unico e inedito». Tanto unico e inedito che gli scienziati hanno introdotto il termine «antropocene», per designare un’epoca geologica nuova e condizionata dall’attività umana, con particolare riferimento all’aumento delle concentrazioni di CO₂ nell’atmosfera. «L’uomo è diventato una forza geologica in grado, suo malgrado, di modificare i tempi evolutivi».
Natura e artificio
Pievani cita un dato piuttosto evocativo: «Una recente ricerca ha mostrato, per la prima volta, che l’uomo ha costruito sulla terra una quantità di oggetti tale da superare la massa di tutti gli esseri viventi messi assieme. La massa del costruito, delle cose umane, dell’artificiale, pesa tanto quanto la natura: le piante e gli animali messi assieme». Ancora più interessante, poi, è vedere l’evoluzione di questa massa nel tempo. «A inizio ’900 il costruito umano era solo il 3% della biomassa. In 120 anni la massa artificiale sulla terra ha raggiunto quella della natura». Ecco un esempio concreto dell’accelerazione straordinaria impressa dall’uomo nell’ultimo secolo. «Abbiamo impregnato il mondo di noi, producendo nuovi equilibri. E lo abbiamo fatto in un tempo ristrettissimo».
La questione dei tempi è centrale. Pievani torna un istante sull’esempio del fuoco e dell’enzima del latte. «Questi adattamenti hanno richiesto millenni. La stessa cosa accadrà con il cambiamento climatico. Occorre quindi limitare il più possibile ogni variazione, affinché l’adattamento umano sia meno oneroso in termini sociali ed economici». Molto concretamente, occorre limitare il più possibile il riscaldamento terrestre. Ogni grado, sulla scala evolutiva, conta. Secondo Pievani, non è in gioco la nostra sopravvivenza, ma il prezzo che dovranno pagare le generazioni future, se non invertiamo la rotta, potrebbe essere alto. «Fino a oggi l’ecosistema ha premiato l’uomo. In questa particolare situazione climatica abbiamo potuto sviluppare la nostra civiltà. Ma siamo noi quelli che oggi rischiano di più».
I costi annessi
Un esempio? Tra i costi ambientali annessi vanno annoverate anche le pandemie, «che non vengono dal nulla, ma da una dinamica ambientale critica, generata dallo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in primis la deforestazione. Le pandemie stanno diventando sempre più frequenti e pericolose, con più agenti patogeni che fanno il salto di specie». E dall’altra parte ci siamo noi.
