Il reportage

L'uragano Helene soffia sulle elezioni americane

In North Carolina tra gli sfollati del recente uragano, raccogliendo testimonianze di disperazione, rabbia ma anche speranza – Negli Stati Uniti tutto diventa campagna elettorale in vista del 5 novembre – E la disinformazione sui social media non aiuta a rasserenare il clima
© AP/Jeff Roberson
Davide Mamone
24.10.2024 06:00

Per capire le difficoltà logistiche con cui la popolazione del North Carolina deve ancora fare i conti tre settimane dopo l’approdo catastrofico dell’uragano Helene e a pochi giorni dalle elezioni, basta fare una veloce ricerca di un hotel a Charlotte in un giorno qualsiasi. Che si tratti di una sistemazione più o meno economica, che sia nel weekend o in settimana, la risposta delle reception è quasi sempre la stessa: nessuna disponibilità. «È per il numero di persone rimaste senza casa», dice Miguel, che lavora a un Hilton Garden Inn di Pineville, alle porte della città. «Occupano una porzione significativa delle nostre stanze anche se siamo a due ore di distanza dai luoghi alluvionati e ci aspettiamo sia ancora così a lungo». Ma nonostante per così tante persone sia difficile trovare dove trascorrere la notte e la situazione sui territori colpiti dal disastro rimanga tesa, le pratiche di voto anticipato sembrano proseguire piuttosto spedite, anche nel sud, almeno per ora.

Senza casa

Helene ha strapazzato gli Stati del sud-est del Paese tra il 24 e il 29 settembre, con venti fino a 225 chilometri orari. In North Carolina, a pagarne le conseguenze sono state soprattutto le comunità che vivono nell’area tra le cittadine Asheville e Black Mountain, dove il fiume Swannanoa ingrossato dalla tempesta si è unito ai suoi affluenti, e tra Chimney Rock e Bat Cave, dove il lago Luke ha fatto fronte comune con i fiumiciattoli circostanti, lasciando una scia di devastazione, con case inghiottite dalle alluvioni e stabilimenti travolti. La-Tanga Hopes è una portavoce di FEMA, l’agenzia federale statunitense che gestisce l’emergenza in caso di disastri naturali, e riassume così i numeri. Il Governo è sul campo con 1.500 agenti e ha elargito qualcosa come 130 milioni di dollari in aiuti e prima assistenza diretta solo in North Carolina fino a oggi. E continua a coprire le spese d’hotel per circa 2.500 persone sfollate, molte delle quali fanno avanti e indietro tra Charlotte e le zone colpite dall’alluvione in macchina per organizzare i prossimi step della ricostruzione. Fino a quando FEMA supporterà il pernottamento di queste persone? «Fino a quando sarà necessario, non un giorno di meno», dice Hopes, in un briefing privato con altre due testate straniere a cui il «Corriere del Ticino» ha partecipato domenica, all’interno di un recovery center del Governo alle porte di Asheville.

Minacce e aiuti

Alle difficoltà logistiche, si somma una serie di altri problemi. Da una parte lo scetticismo di una fetta di popolazione che non si fida del Governo federale e teme che farsi aiutare significhi perdere possesso della propria proprietà privata, il che si mischia alla sensazione di abbandono vissuta da altri. Poi, una mareggiata di disinformazione, resa virale sul social media X con il coinvolgimento diretto del suo proprietario, il multimiliardario Elon Musk. Una di queste fake news è che FEMA avrebbe dato solamente 750 dollari agli sfollati e poi se ne sarebbe lavata le mani: «Una falsità in tutto e per tutto, quei soldi erano solo l’inizio della filiera d’aiuto», dice Hopes. A questo si aggiunge la ciliegina su una torta amara: in alcune contee in affanno, specialmente quelle più conservatrici, milizie private di estrema destra avrebbero minacciato più o meno velatamente il personale FEMA, impedendogli di intervenire casa per casa. Uno degli episodi più eclatanti ha portato all’arresto di William Jacob Parsons, un 44.enne di Bostic, una cittadina rurale a una mezz’ora dalle aree maggiormente colpite. Si sarebbe presentato armato di fucile d’assalto davanti a un centro FEMA chiedendo conto dello stato degli aiuti. «Abbiamo dovuto fare degli aggiustamenti sulla sicurezza», ammette Hopes. «Vedete che ci sono due guardie armate all’ingresso ora? Ecco, prima ce n’era solo una». E quando le si chiede se il personale FEMA sia ancora presente sul territorio nonostante le minacce, Hopes prima alza la mano, come per rispondere presente. Poi pronuncia poche parole ben scandite: «Siamo ancora qui. Siamo ancora operativi. Stiamo aprendo altri centri».

Il voto e il dramma

Questo caos non sembra stia spaventando la popolazione del sud di fronte al voto. Secondo gli ultimi dati, più di due milioni di persone hanno già apportato la loro preferenza di voto in North Carolina e in Georgia. «E dalla contea hanno già fatto sapere di essere pronti ad allestire i seggi su tutto il territorio, sono quasi 80 qui attorno, in vista del 5 novembre», dice Russ Towers di Asheville. Helene si è portato via lo stabilimento dove conduceva la sua attività Second Gear, un negozio di bici storico in città. Mentre si adopera per salvare il salvabile all’interno di ciò che rimane della struttura - qualche mobile, una scrivania, una sedia - si dice però meno fiducioso sulle pratiche per il voto per posta, per il quale lo Stato del North Carolina richiede di allegare anche una copia della carta d’identità e un documento notarile che ne attesti la veridicità. «È molto complicato: dubito che chi ha perso la casa, specie nelle cittadine più piccole che sono state colpite, ne abbia il tempo o la voglia ora». Swannanoa sembra una di quelle cittadine. Chi ci arriva dalla Interstate 40, una quindicina di minuti da Asheville, nota subito il complesso della Harley-Davidson momentaneamente chiuso e un benzinaio adibito a centro donazioni. Poi, sulla destra, una sterminata scia di devastazione. Due auto distrutte sotto i detriti dello stabilimento di un meccanico. Pneumatici appoggiati su quel che resta del tetto dell’officina di un gommista. Un negozio di alimentari sventrato dall’interno. Un altro, che vendeva vestiti da cerimonia, accasciato su sé stesso. Poco più avanti, tra un cavo elettrico penzolante e l’altro, un ponte che collegava le due parti di Swannanoa attraversata dal fiume omonimo è quasi spezzato a metà; solo una striscia di terra per l’attraversamento pedonale ha resistito alla forza bruta dell’alluvione. Qui, seduto per terra, un senzatetto che dice di chiamarsi Benjamin è ancora scioccato da ciò che lo circonda. Le elezioni e i seggi per votare anticipatamente - alcuni dei quali chiusi di sabato e domenica - sembrano lontanissimi dal letto dello Swannanoa. «Ti rendi conto?», dice, lo sguardo fisso al di là del fiume dove un tempo c’era una fila di case e ora è rimasto solamente il fango. «Io una cosa così non l’ho mai vista».

© AP
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Gli Stati Uniti hanno una lunga e complicata relazione con la stagione degli uragani, che generalmente inizia a giugno e termina a ottobre, e con l’impatto che questa può avere sul risultato delle elezioni di novembre. Nel 2005, Katrina uccise più di 1.800 persone e provocò 125 miliardi di dollari di danni: la risposta tardiva e confusionaria dell’allora amministrazione repubblicana, lenta nel comprendere la portata delle devastazioni, fece sprofondare l’indice di approvazione dell’allora presidente George W. Bush. Secondo molti analisti, quell’episodio rappresentò l’inizio della fine della sua presidenza e dell’era repubblicana, iniziata con le confusionarie elezioni del 2000 e poi terminata nel 2008 con la vittoria di Barack Obama. L’esatto opposto accadde nel 2012 dopo l’uragano Sandy, che strapazzò il New Jersey e New York il 29 ottobre, una settimana prima delle elezioni: lo stesso Obama, diventato presidente quattro anni prima, incassò i ringraziamenti pubblici per la risposta efficace del Governo federale da parte del governatore repubblicano Chris Christie, sostenitore di Mitt Romney, il quale si giocava la Casa Bianca proprio in quella settimana. Pochi giorni dopo, Obama vinse un secondo mandato. Ultimo, ma non meno importante, il caso del 2018 con l’uragano Michael, che stravolse la capitale della Florida, Tallahassee. L’impatto della tempesta provocò un calo del 7% di affluenza in certe zone nelle elezioni di midterm che si sarebbero svolte di lì a poco, secondo uno studio della University of Chicago ripreso da NPR, possibilmente influenzando l’esito delle elezioni a governatore, vinte da Ron DeSantis sull’allora sindaco di Tallahassee, il democratico Andrew Gillum.