Il caso

Ma che piani ha la Russia per il Mar Baltico?

Confusione, nelle scorse ore, per il lancio da parte di Mosca di un progetto di decreto – poi ritirato – per la modifica unilaterale dei confini marittimi con Lituania e Finlandia – Con Mauro Gilli analizziamo la strategia russa: «Un modo per saggiare la risposta dei Paesi NATO»
Giacomo Butti
23.05.2024 17:00

Un'impasse diplomatica, nata e morta in 24 ore sulle rive del Mar Baltico, ha creato, ieri, non poco scompiglio fra i Paesi NATO. Un caso strano, che abbiamo cercato di analizzare con Mauro Gilli, ricercatore associato al Politecnico di Zurigo ed esperto di tecnologia militare e politica internazionale.

La situazione

Martedì sera, il Cremlino ha pubblicato online un progetto di decreto governativo con il quale modificare – unilateralmente, va da sé – i confini marittimi con la Lituania e la Finlandia nel Mar Baltico. Il progetto di decreto sosteneva che le coordinate attuali fossero basate su mappe di navigazione marina del secolo scorso, le quali «non corrispondono pienamente alla situazione geografica attuale» e «non consentono di determinare il confine esterno delle acque interne» della Russia. Sosteneva, appunto. A poche ore dalla sua pubblicazione, il testo è infatti stato cancellato, senza spiegazioni, dalla piattaforma del Cremlino (online è ancora accessibile una copia archiviata del decreto). Una fonte «militare-diplomatica» citata dalle agenzie russe aveva quindi affermato: «Non c'è alcuna intenzione di rivedere la profondità delle acque, la zona economica o la piattaforma continentale vicino alla costa o la linea del confine di Stato russo nel Baltico». Più criptico il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che aveva sottolineato come il livello delle tensioni, specie in questa regione, richieda «relativi passi» dei ministeri e le agenzie russe «per garantire la sicurezza nazionale».

Mentre la Russia pensava a lanciare il sasso e nascondere la mano, le reazioni dei Paesi implicati sono, dopo qualche ora, arrivate. Relativamente pacata la presa di posizione del presidente finlandese Alexander Stubb, che ha spiegato su X: «Il governo sta monitorando da vicino la situazione. La Russia non ha contattato la Finlandia in merito a questo problema, ma procederemo come sempre: con giudizio e basandoci sui fatti». Così, invece, la ministra degli Esteri di Helsinki, Elina Valtonen: «Le alterazioni dei confini marittimi sono regolate dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, di cui la Russia è parte». Partendo dal presupposto che la Russia voglia agire secondo l'accordo sottoscritto, ha specificato Valtonen, «vale la pena ricordare che creare confusione è un elemento di influenza ibrida. La Finlandia non si lascia confondere».

Decisamente più diretta e dura la risposta della Lituania, che ha sottolineato in una nota di aver convocato il rappresentante russo a Vilnius per una spiegazione completa sul caso. «Stiamo coordinando la nostra risposta con i partner». In una dichiarazione rilasciata a Politico, il ministero degli Esteri lituano ha definito la proposta «una provocazione deliberata, mirata e crescente per intimidire i Paesi vicini e le loro società».

Le ipotesi

Come leggere, quindi, questo particolare caso? «È difficile dare una risposta definitiva sui perché. Le ipotesi principali, però, sono due», risponde Gilli. «Da una parte, la Russia potrebbe aver voluto testare la reazione dei Paesi NATO. Lanciare una provocazione per osservare le risposte, individuali e collettive, ed avere così una comprensione migliore di cosa succede se l'Occidente viene esposto ad azioni di questo genere. Questa mi sembra l'ipotesi più probabile».

E l'altra qual è? Be', che si sia trattato di un avvertimento. «È importante tenere a mente l'approccio storicamente tenuto dalla Russia su tante questioni internazionali». Lo aveva definito bene, ci spiega il ricercatore, la prima ministra estone Kaja Kallas in un'intervista di qualche anno fa (ne trovate un estratto qui sotto).

Kallas – citando le direttive date da Andrei Gromyko, un ministro degli Esteri dell'era sovietica, al proprio team di diplomatici – aveva così riassunto la strategia: «L'Unione Sovietica seguiva tre passi nelle negoziazioni. Primo: pretendere (non chiedere) il massimo di qualcosa che non è mai stato tuo. Secondo: imporre ultimatum. Terzo: non cedere di un centimetro nelle negoziazioni, perché ci sarà sempre qualcuno, in Occidente, disposto a concedere qualcosa. E allora potresti ritrovarti con un terzo o addirittura la metà di qualcosa che non avevi prima».

«In questo caso», evidenzia Gilli, «stiamo parlando di acque territoriali, ma l'idea è sempre quella. Mosca potrebbe voler segnalare che – nonostante i problemi incontrati in Ucraina, le perdite immense, le difficoltà economiche –, le ambizioni russe rimangono grandi e l'Occidente non deve sentirsi al sicuro». Insomma, il Cremlino potrebbe essere vicino ad avanzare pretese anche in altri Paesi.

Andando oltre

Mettiamo, però, che l'ipotesi giusta sia la prima. Che Mosca abbia voluto saggiare la risposta europea al progetto di decreto. Quali conclusioni può aver tratto la Russia da questa manovra? Sì, Lituania e Finlandia non si sono mosse immediatamente. Ma l'attesa di alcune ore fra azione e reazione, spiega l'esperto, è stata probabilmente «dettata dalla volontà di capire esattamente che cosa stesse succedendo e di concordare con gli altri Paesi un fronte comune. La risposta, da quello che ho letto, è stata chiara». Nessuno, spiega Gilli, ha ceduto terreno aprendo a concessioni. «E il caso, già di per sé poco sensato, è sembrato sgonfiarsi rapidamente».

La già citata ministra degli Esteri finlandese, Elina Valtonen, aveva tuttavia parlato di confusione come «elemento di influenza ibrida». Che l'obiettivo fosse proprio questo, confondere – è il caso di dirlo – le acque? «Un aspetto centrale della strategia, non solo militare, è quello di avere sempre la prima mossa, essere nella posizione di costringere l'avversario alla risposta». Un aspetto, questo, padroneggiato da Putin. Meno dalla politica europea. Anzi. La difficoltà nel prendere l'iniziativa «rappresenta un grande difetto dei Paesi occidentali», specifica Gilli, che per spiegare il concetto cita un'uscita, mesi fa, del ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis. 

Nel suo intervento (qui sopra un estratto), Landsbergis sottolineava come le linee rosse create dall'Occidente stesso limitino fortemente, oggi, la risposta a Putin. Tali limitazioni, argomentava il politico lituano, vanno superate così da mettere il presidente russo «di fronte a dilemmi strategici, così che non sappia come agiremo. In questo momento sa cosa siamo e non siamo disposti a fare. Per Putin, combattere così, a livello strategico, è facile».

«La critica del ministro lituano», continua il ricercatore del Politecnico di Zurigo, «è sensata: con le minacce di escalation provenienti dalla Russia, l'Occidente si trova a rincorrere, a farsi dettare i ritmi. Il caso in questione, quello dei confini marittimi, rappresenta un'applicazione del medesimo approccio». 

Il futuro

Ora, c'è da chiedersi, la situazione nel Mar Baltico sarà ancora più tesa? Se in futuro dovessero ripresentarsi ambiguità sulle acque territoriali, una nave commerciale dovrebbe, ad esempio, temere il passaggio in zone reclamate dalla Russia? «La possibilità che navi vengano sequestrate da forze armate russe nel Baltico appare tutto sommato limitata. Va considerato, poi, che la guerra in Ucraina ha tolto risorse russe dall'area». Non per questo, tuttavia, il Mar Baltico smetterà di essere una spina nel fianco europeo. Qui l'Occidente dovrà mantenere alta l'allerta, «soprattutto considerati gasdotti, cavi sottomarini e altri tipi di infrastrutture che, snodandosi per centinaia di chilometri, non possono essere interamente monitorati e protetti. La Russia ha la possibilità, appunto, di compiere la prima mossa, imponendo agli altri di reagire».

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