Il punto

Ma è davvero possibile un cessate il fuoco dopo l'annuncio di Hamas?

Israele ha mostrato tutto il suo scetticismo al riguardo e, soprattutto, ha proseguito in parallelo le sue operazioni militari, in particolare a Rafah
© HAITHAM IMAD
Red. Online
06.05.2024 21:30

Un cessate il fuoco, dunque, è possibile? Meglio, è davvero possibile dopo che Hamas ha dichiarato di aver accettato una proposta formulata da Egitto e Qatar? Più no che sì, a giudicare dalle primissime risposte di Israele. Lo Stato Ebraico, inizialmente, si è limitato a dire che avrebbe esaminato quanto messo sul tavolo. Proseguendo, in parallelo, le sue operazioni militari e concentrandosi, nello specifico, su Rafah, alla periferia meridionale di Gaza, come poi confermato dall'IDF, le Forze di difesa israeliane. Il gabinetto di guerra di Israele, in seguito, ha respinto all'unanimità la proposta accettata da Hamas in quanto «lontana dalle necessarie richieste di Israele». E ancora: in serata, nel confermare l'intervento a Rafah, l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha scritto: «Sebbene la proposta di Hamas sia ben lontana dal soddisfare le richieste fondamentali di Israele, invieremo una delegazione di rango in Egitto nel tentativo di massimizzare la possibilità di raggiungere un accordo a condizioni accettabili per Israele». «La proposta avanzata da Hamas non corrisponde al dialogo che ha avuto luogo finora con i mediatori e presenta lacune significative» ha ribadito il ministro del Gabinetto di guerra Benny Gantz, confermando a sua volta che la squadra negoziale sta esaminando il testo. Gantz ha poi chiarito che «l'operazione a Rafah è parte integrante del nostro impegno e dei nostri sforzi per riavere i nostri ostaggi e cambiare la realtà della sicurezza nel sud». L'IDF, a proposito dell'operazione avviata stasera, ha spiegato sui propri profili social di aver condotto «attacchi mirati contro obiettivi terroristici di Hamas nella zona orientale di Rafah».

Una versione «annacquata»?

Un funzionario israeliano, in condizione di anonimato, in precedenza aveva spiegato a Reuters che la proposta accettata da Hamas, in realtà, sarebbe una versione «annacquata» rispetto alla proposta iniziale dell'Egitto e, soprattutto, avrebbe al suo interno elementi che Israele non può accettare. «Sembrerebbe – le parole del funzionario – un espediente per far apparire Israele come il cattivo che rifiuta un accordo». Commentando l’annuncio di Hamas, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir aveva detto che «c'è solo una risposta ai trucchi e ai giochi di Hamas». Ovvero, «l’ordine immediato di conquistare Rafah, aumentare la pressione militare e continuare a schiacciare Hamas fino alla sua totale sconfitta». 

Gli Stati Uniti, decisamente più ottimisti, avevano dichiarato di voler discutere la risposta di Hamas con gli alleati nelle prossime ore. Aggiungendo, in ogni caso, che un accordo era ed è «assolutamente raggiungibile». E ancora: «Vogliamo liberare gli ostaggi, vogliamo un cessate il fuoco per sei settimane, vogliamo aumentare l'assistenza umanitaria» volendo citare il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale John Kirby, secondo cui il raggiungimento di un accordo sarebbe il «risultato migliore in assoluto».

Taher Al-Nono, funzionario di Hamas e consigliere di Haniyeh, dal canto suo aveva dichiarato a Reuters che la proposta ha soddisfatto le richieste del gruppo militante, tra cui gli sforzi di ricostruzione a Gaza, il ritorno dei palestinesi sfollati e lo scambio di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Il vice capo di Hamas a Gaza, Khalil Al-Hayya, aveva invece specificato alla televisione Al Jazeera che la proposta accettata è articolata in tre fasi, ciascuna di sei settimane, con Israele chiamato a ritirare le sue truppe da Gaza nella seconda fase. Molti civili palestinesi sfollati, fra l'altro, erano scesi in strada nella Striscia di Gaza per festeggiare l'ipotetica tregua.

L'ultima pausa

L'ultima pausa a livello di combattimenti risale a novembre, quando Hamas aveva liberato circa la metà degli ostaggi catturati durante gli attacchi del 7 ottobre. Da allora, tutti gli sforzi per raggiungere una nuova tregua sono naufragati. Da un lato, a causa del rifiuto di Hamas di liberare altri ostaggi senza la promessa di una fine permanente del conflitto e, dall'altro, dall'insistenza di Israele nel voler discutere solo di una pausa temporanea. Israele che, al di là del suo scetticismo, rimane fortemente sotto pressione. Anche internamente: a Tel Aviv, infatti, i familiari degli ostaggi hanno bloccato una strada chiedendo espressamente al governo di raggiungere un accordo per il rilascio dei loro cari. 

Una nuova fase di negoziati, volta ad arrivare a un cessate il fuoco, era cominciata giorni fa al Cairo, in Egitto, ma sembrava essersi arenata.