L'analisi

Macron, ma che fai? La mossa Lecornu fra arroganza e disperazione

Il presidente francese ha (ri)nominato il primo ministro dimessosi pochi giorni fa, scatenando una nuova bufera politica: ma l'azzardo potrebbe, incredibilmente, funzionare
©POOL
Marcello Pelizzari
11.10.2025 09:00

L'improbabile, se non l'impossibile, si è avverato: Sébastien Lecornu è stato (ri)nominato primo ministro francese. Emmanuel Macron, il presidente della Repubblica, ci è cascato di nuovo. Anche se, ai più, questa scelta sa tanto, se non tantissimo, di provocazione e/o disperazione. L'impresa, d'altro canto, è enorme: Lecornu, dimessosi ancor prima di cominciare per aver obbedito a Macron in termini di linea politica e composizione del governo, è chiamato a formare un altro esecutivo che rispecchi, una volta di più, il volere del presidente. Auguri.

Il minimo che si possa dire è che Macron, consapevolmente, ha ignorato l'ovvio. Per tanto, tantissimo tempo. La logica avrebbe dovuto suggerire due strade, entrambe percorribili: affidare il potere a Rassemblement National chiedendo al primo partito del Paese di riunire le varie anime della destra per costituire una maggioranza relativa forte o, in alternativa, cercare un compromesso con la sinistra per garantire un programma «minimo», per dirla con Libération, fino al 2027. La prima soluzione è stata presto scartata, in parte perché Jordan Bardella, il leader del partito di estrema destra, ha sempre detto di voler governare con una maggioranza assoluta e, in parte, perché Macron, eletto due volte come presidente secondo una logica anti Marine Le Pen, ha inseguito una certa coerenza di fondo. Di qui, quantomeno da due anni a questa parte, la seconda soluzione: accordarsi con la sinistra, affidandole (almeno) una parte della responsabilità politica del Paese.

E invece, Macron ha insistito nel voler applicare un programma, il suo, sconfitto alle urne. Dimostrando, al contempo, di non saper (o voler, ancora) superare la dicotomia destra-sinistra. Di insistere, insomma, sulla convergenza al centro quale unica alternativa o unica via percorribile per governare la Francia. Lecornu, proveniente da destra, macronista dal 2017, è una soluzione di ripiego. E, secondo i critici, anche di (oramai) tipica arroganza macroniana. Funzionerà? Rassemblement National e La France Insoumise hanno già promesso una mozione di censura, quindi verrebbe da dire no. Eppure, Socialisti e Repubblicani non hanno alcun interesse, in teoria ma pure in pratica, a far cadere il primo ministro. Sempre che quest'ultimo riesca a staccarsi – almeno un po' – da Macron, concedendo uno o più compromessi alle forze politiche interessate. 

«Bisogna mettere fine a questa crisi politica» ha dichiarato, a caldo, lo stesso Lecornu, riferendosi alla Legge finanziaria per il 2026 e, citiamo, «ai problemi quotidiani del Paese». Più facile a dirsi che a farsi, anche in considerazione dell'implosione registrata nel campo macroniano con le critiche, dirette, di Gabriel Attal a Macron. Il quale, ora, sogna di poter tornare al suo vero amore: la politica estera. A oltre un anno dallo scioglimento dell'Assemblea Nazionale deciso dal presidente della Repubblica, la Francia in poco tempo ha conosciuto un primo ministro, Lecornu, durato la miseria di un mese e un governo rimasto in carica per 14 ore. C'è chi, come BFMTV, ha parlato di vaudeville. E chi, come Macron appunto, tira dritto. Prima o poi, avrà pensato, gli avversari politici si stancheranno.

In questo articolo: