Francia

Macron tira dritto e gioca la carta Lecornu premier

Negoziare, mediare, trovare soluzioni per ampliare la maggioranza, ancora prima di comporre il governo: è il percorso chiaramente indicato nella nomina
©Thomas Padilla
Ats
09.09.2025 21:32

Cercare gli accordi necessari per la finanziaria 2026, poi quelli per le decisioni dei prossimi mesi: questa la missione affidata da Emmanuel Macron al fedelissimo Sébastien Lecornu, ministro della Difesa.

Negoziare, mediare, trovare soluzioni per ampliare la maggioranza, ancora prima di comporre il governo: il percorso chiaramente indicato nella nomina, impone a Lecornu - che secondo i suoi collaboratori ha tutte le qualità del mediatore - di trovare intese ancora prima di cominciare a governare.

Trentanove anni, ex Républicains passato nella squadra di Macron fin dall'inizio dell'avventura all'Eliseo, settimo premier nei due mandati del presidente, dovrà dunque misurarsi con il rebus di rendere governabile un Paese in cui manca una maggioranza chiara, un compito nel quale ha fallito il predecessore Bayrou. Dovrà provare a sopravvivere di fronte a una Assemblée Nationale estremamente frammentata e surriscaldata dagli ultimi scontri.

Le prime reazioni alla nomina di Lecornu danno un'idea del clima che attende il giovane premier: «L'ultima cartuccia del macronismo», grida furiosa Marine Le Pen, «una triste commedia» risponde all'estremo opposto Jean-Luc Mélenchon. I socialisti parlano di «provocazione», anche se all'Eliseo puntano proprio sul PS per allargare una coalizione che, stando alle prime reazioni, potrebbe contare invece sulla piena adesione dei Républicains.

Olivier Faure, segretario socialista che aveva preteso un «governo di sinistra», non ha risposto alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se il suo partito potrebbe negoziare con una personalità uscita dalla coalizione macroniana. Lecornu dovrà, se vuole arrivare a formare il suo governo, creare intese, tessere la tela di accordi, contando su una «non sfiducia» dei socialisti, di certo indispensabile per far passare una difficile finanziaria.

L'incertezza politica rischia di pesare sui mercati finanziari e, soprattutto, sulla decisione dell'agenzia Fitch, attesa per venerdì, che potrebbe tagliare il rating della Francia. E questo dopo che, oggi, i titoli decennali della Francia erano dati alla pari di quelli italiani.

Quali gli strumenti in mano a Lecornu per riuscire in una «missione impossibile» nel suo ruolo di «negoziatore», anticipato dal leader del partito macroniano, Gabriel Attal? Macron - secondo gli osservatori - deve necessariamente avergliene garantiti. E il primo di questi sarebbe l'autorizzazione a fare finalmente vere aperture, se non concessioni, ai socialisti. E la prima richiesta di Faure era la «tassa Zucman», la tassa sui patrimoni dei super ricchi.

Per una volta, Macron che si proclamava «maestro del tempo» e che ha sempre preso tempo prima di scegliere i suoi uomini-chiave, ha deciso in poche ore. Evitando di tergiversare o, come chiedevano dalla gauche, di ricevere i capi dei partiti della sinistra prima di decidere. Ha contato, nella sua premura, anche l'esigenza di «non avere un potere vacante» alla vigilia del movimento «Bloquons tout», che si prefigge di bloccare la Francia. E di cui si ignorano i contorni e le potenzialità, essendo nato e cresciuto sui social.

Una delle doti principali del nuovo premier, dicono quelli che gli hanno lavorato vicino, è la discrezione, la capacità di mantenere toni pacati, di mediare. «Sébastien - ha detto di lui uno stretto collaboratore di Edouard Philippe, ex premier che ha avuto Lecornu come giovanissimo ministro - è un grande talento della politica, in grado di parlare alla destra e alla sinistra, è uno straordinario uomo di dialogo».

Tanto da avere il mandato di trattare con i socialisti pur potendo contare su buoni rapporti con il Rassemblement National: provocarono polemiche una serie di cene di Lecornu con Marine Le Pen e i suoi deputati prima delle europee 2024. Con il giovane premier, inoltre, Macron porta a Matignon una vera e propria controfigura di se stesso, che agirà sotto la diretta autorità dell'Eliseo. E, come vantaggio, avrà quello di non essere un candidato presidenziale, proprio come voleva Macron.