Massimo Sestini racconta l'incidente nel Lavarone: «Sono morto e risorto»

«Sono morto e risorto». Con queste parole Massimo Sestini ha raccontato il terribile incidente avvenuto nel lago ghiacciato del Lavarone lo scorso 25 gennaio, ospite, giovedì sera, del programma di Rai 1 «Cinque Minuti». Che cosa non ha funzionato?, gli ha chiesto Bruno Vespa. «Il mio corpo», ha risposto il celebre fotografo italiano, «ero molto preso da quello che stavo facendo e non mi sono accorto di soffrire il freddo».
Il fotografo fiorentino, vincitore del World press photo nel 2015, ha raccontato a Bruno Vespa la terribile esperienza vissuta un mese fa, quando ha rischiato di morire. «Stavo fotografando i sommozzatori della Guardia costiera in immersioni sotto il ghiaccio. Era il primo shooting di un lungo lavoro che dobbiamo fare in questi mesi. C'era visibilità zero, perché l'acqua era molto torba, verde marcio, non si vedeva da qui a lì. E quindi ero sotto il ghiaccio, lontano di qualche metro dal buco dal quale siamo entrati, e a un certo punto ho pensato che il mio erogatore non funzionasse perché non riuscivo più a respirare. Ho quindi cambiato erogatore e anche il secondo non funzionava. Nella mia ignoranza ho pensato che fosse un malfunzionamento della bombola. Ho chiesto ad Aniello (Pirro, sergente del 5. nucleo sub di Genova, ndr.) aiuto perché lui era accanto a me. E questa è la previdenza dei professionisti che sanno fare il loro lavoro, perché veramente a un certo punto mi sono detto "non respiro"».
Aniello Pirro ha spiegato di avere inizialmente passato a Sestini il suo (secondo) erogatore. «Ma non appena ho capito che c'era qualcosa che non andava, ho avvisato i miei colleghi ed è partita la procedura» per portarlo immediatamente fuori dall'acqua.
Mentre sullo sfondo scorreva il video di quei concitati momenti, il fotoreporter italiano ha ammesso: «Queste immagini ce le ho ben stampate in mente. Mi ricordo quando mi ha cambiato l'erogatore e mi ricordo quanto stavo già bevendo. Fino al buco mi ricordo, ero ancora cosciente. Subito dopo non mi ricordo più niente».
Massimo Sestini, una volta fuori dal lago ghiacciato, è stato rianimato. «Io ho visto Massimo morto. Non respirava più. Appena è uscito aveva gli occhi completamente rivolti verso l'alto, vitrei, e aveva sangue dal naso e dalla bocca», ha raccontato il capitano di corvetta. «Massimo non aveva respiro. Ho provato a controllare il cuore e non c'era battito. Ho aperto la muta e ho cominciato con un'attività di rianimazione. Dopo le prime 30 compressioni toraciche, Massimo ha dato i primi segni di risveglio. Un altro collega ha praticato il secondo massaggio cardiaco ed è arrivato anche l'infermiere. Massimo ha ripreso conoscenza, era sveglio».
Il fotografo ha ceduto al settimanale Oggi le immagini del dramma: «Il comandante del primo nucleo sub della Guardia Costiera mi ha fatto il massaggio cardiaco, che mi ha salvato la vita». La foto di quegli attimi «non è la foto di un passante che mi vede lì sul ghiaccio svenuto e scatta. È una foto mia, perché sono io che ho impostato la macchina, e l’ho regolata. E dato che sono sopravvissuto, ora siamo qui a parlarne».
La polemica
Sestini, lo ricordiamo, si era immerso nel lago ghiacciato di Lavarone con una speciale macchina fotografica per il progetto «Under ice». Nel 2025 la Guardia Costiera festeggia 160 anni e al fotografo è stato chiesto di raccontare i diversi scenari di intervento.
Ripercorrendo quei terribili momenti da Bruno Vespa, Massimo Sestini ha detto: «Stavo bevendo metà del lago più inquinato delle Dolomiti con un acqua torbida e piena di batteri». Parole che non sono piaciute al Comune di Lavarone e tantomeno al sindaco, Isacco Corradi: «Le parole vanno utilizzate con attenzione, vanno dosate specialmente in contesti pubblici. In una trasmissione come quella definire “inquinato” un lago che ha molte bandiere blu e che viene continuamente monitorato con ricerche approfondite come quello di Lavarone significa fare uno strafalcione». Corradi ha telefonato a Sestini, invitandolo a tornare. «Definire il lago inquinato è un errore. C’è tanta flora, quello sì, perché è un lago pressoché fermo. E quindi è ricco di batteri naturali che però con l’inquinamento non c’entrano nulla. Facciamo continuamente prelievi approfonditi che sono anche migliori rispetto a quelli richiesti dagli standard della bandiera blu. In alcuni casi hanno dato anche dati più buoni rispetto a quelle delle sorgenti dell’acquedotto. Certo che così come sta l’acqua non è potabile. Ma diciamo che sarebbe tranquillamente potabilizzabile come quella delle sorgenti». La telefonata tra i due sembra comunque avere chiarito il tutto: «Con lui la cosa è chiarita. Speriamo che nelle prossime trasmissioni stia più attento alle parole».