Meta condannata a pagare 542 milioni ai media in Spagna

Meta, il colosso tecnologico proprietario di Facebook e Instagram, è stata condannata a risarcire per oltre 542 milioni di euro oltre 80 media spagnoli per concorrenza sleale. La sentenza, emessa da un giudice del tribunale commerciale di Madrid, riguarda la causa intentata dall'Associazione dei Media di Informazione (Ami), che raggruppa le principali testate iberiche, fra cui El Pais.
La condanna, di cui danno notizia i media, fra cui il quotidiano del gruppo Prisa, prevede il pagamento di 479 milioni di euro alle case editrici e alle società titolari dei diritti di pubblicità, 60 milioni per interessi e 2,5 milioni per risarcire l'agenzia Europa Press, fra gli altri.
La causa riguarda l'uso dei dati da parte di Meta per la vendita di pubblicità personalizzata tra maggio 2018 e luglio 2023 - anno in cui è stata effettuata la denuncia - senza il consenso esplicito richiesto dal Regolamento europeo di Protezione dei dati (Gdpr). Il risarcimento tiene conto di un danno da lucro cessante stimato in 551 milioni di euro, cifra che si avvicina alla condanna inflitta.
La maxi multa inflitta potrebbe costituire un precedente legale anche per altri paesi, come la Francia, dove un gruppo di circa 50 media ha avviato una causa simile contro il gigante tecnologico, accusandolo di pratiche illecite nel settore pubblicitario.
La sentenza emessa il 19 novembre stabilisce che la big tech di Mark Zuckerberg ha violato la normativa europea sulla protezione dei dati, utilizzando indebitamente quelli personali di milioni di utenti di Facebook e Isntagram ottenuti sia dalle proprie piattaforme che da web esterne visitate dagli utenti. Il trattamento illecito di questa enorme quantità di dati personali ha comportato per Meta un vantaggio competitivo che i media iberici non potevano uguagliare.
Secondo quanto riportato dall'agenzia Europa Press, la sentenza - appellabile - si basa sull'articolo 15 della Legge della Concorrenza Sleale, che considera tale la prevalenza sul mercato di un vantaggio competitivo mediante la violazione delle leggi. In questo caso attraverso la violazione del Regolamento generale sulla protezione ei dati (Rgpd), entrato in vigore nel maggio 2018.
Nella sentenza, il magistrato stima che Meta avrebbe lucrato in Spagna con la pubblicità online, durante i cinque anni che è durata l'infrazione, oltre 5281 milioni di euro.