Guerra e giustizia

Mosca verso una nuova Norimberga? «Dall'UE un gesto puramente simbolico»

Ursula von der Leyen ha lanciato l'idea di un tribunale ad hoc per giudicare i crimini di guerra commessi in Ucraina dalle truppe del Cremlino — Diverse le difficoltà che bloccano la sua istituzione — L'esperto: «Un annuncio senza alcun impatto reale»
©ROMAN PILIPEY
Giacomo Butti
02.12.2022 18:15

Stupri, torture, esecuzioni. In Ucraina, le truppe russe hanno commesso violenze su persone di ogni età e sesso. Non è Kiev ad affermarlo, ma il primo report della commissione creata dalle Nazioni Unite per indagare sulle accuse di crimini di guerra rivolte alle forze del Cremlino. Non si scappa: «Sulla base delle prove raccolte, la Commissione ha concluso che in Ucraina sono stati commessi crimini di guerra», recita la nota consegnato a fine settembre all’Assemblea generale dell’ONU dal giudice norvegese Erik Møse, a capo dell’inchiesta. Ora, mentre i combattimenti continuano, la comunità internazionale sta programmando la prossima mossa. Come perseguire esecutori e mandanti di simili atrocità? Mercoledì, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha lanciato la proposta: creare un tribunale internazionale ad hoc per mettere Mosca di fronte alle proprie responsabilità. Un’idea che in molti hanno definito “una nuova Norimberga”, tracciando il paragone con il processo che, nella seconda metà degli anni ’40, vide imputati i criminali di guerra nazisti.

Ma che probabilità ha, un simile progetto, di venir realizzato? Quali saranno le conseguenze politiche? Ne abbiamo parlato con René Schwok, professore all’università di Ginevra alla facoltà di Scienze politiche, esperto di sicurezza internazionale e del rapporto fra storia e politica.

I giudici del processo di Norimberga. © Wikipedia
I giudici del processo di Norimberga. © Wikipedia

Dalla CPI a una nuova Norimberga?

Settantasette anni fa, nella tedesca Norimberga, si tenne uno dei più celebri processi della storia. Fra il 20 novembre 1945 e il 1. ottobre 1946, ventiquattro fra i nazisti più influenti (quelli ancora in vita) vennero giudicati da un tribunale militare internazionale che includeva giudici e procuratori delle quattro potenze vincitrici del conflitto mondiale: Gran Bretagna, Stati Uniti, URSS e Francia. Alcuni di questi vennero condannati a morte, altri all'ergastolo, altri ancora (come Hjalmar Schacht, presidente della Reichsbank che nel 1944 venne anche internato in un Lager) vennero assolti. Nei tre anni seguenti, altri 3.887 casi riguardanti personalità naziste "minori" vennero avviati. Quasi 3.400 di essi furono abbandonati, mentre 489 andarono a processo, coinvolgendo in totale 1.672 imputati: 1.416 di questi furono giudicati colpevoli, 200 furono giustiziati e 279 condannati all'ergastolo. Questa serie di procedimenti giudiziari, poi divenuta famosa come "Processo di Norimberga", ebbe un'importanza cruciale per la definizione del diritto penale internazionale e la formazione, decenni dopo, della Corte penale internazionale (CPI).

A quest’ultima è affidato l’incarico di giudicare individui (e non Stati!) che si sospetta si siano macchiati di seri crimini che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e (dal 2017) crimine di aggressione (la progettazione o esecuzione, da parte di chi ha controllo politico e militare di uno Stato, di un atto di aggressione che violi la Carta ONU). In Ucraina, dicevamo, l’idea che soldati russi abbiano commesso crimini di guerra è più di un sospetto. E che la leadership russa abbia commesso un crimine di aggressione è praticamente una certezza. Ma c’è un problema: la Russia non rientra nell’area di giurisdizione della Corte penale internazionale, non avendone ratificato l’entrata.

A questo punto, ci spiega René Schwok, «l'unico modo legale per sottoporre l’aggressione russa alla Corte penale internazionale (CPI) sarebbe una decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Su spinta dell’ONU, un presunto crimine di aggressione può essere sottoposto alla CPI anche per Stati che non rientrano nella sua giurisdizione. «Ma nel Consiglio di sicurezza, la Russia opporrà certamente il suo veto». Similmente, la creazione di tribunali speciali (non legati alla CPI) sotto l’egida dell’ONU ha bisogno del via libera del Consiglio di sicurezza. Insomma, la proposta di Bruxelles sembra morta sul nascere. «Una risoluzione dell'Assemblea generale», specifica Schwok, «non sarebbe giuridicamente sufficiente, ma darebbe una certa legittimità alla creazione di un eventuale tribunale ad hoc. Sembra tuttavia che la forma più probabile sia un cosiddetto tribunale ibrido, che operi secondo il diritto ucraino con il sostegno della comunità internazionale e la collaborazione della Corte penale internazionale. Ma rispetto agli altisonanti annunci di un tribunale internazionale ad hoc, una simile soluzione rappresenterebbe un’illusione, un ripiego».

Insomma, ben difficilmente si arriverà a una nuova Norimberga. Con questi presupposti, se il tribunale che verrà creato non sarà «internazionale o direttamente legato alla CPI», il paragone con Norimberga sarebbe sbagliato, «anche perché attualmente non si considera l’ipotesi di una resa totale della Russia».

Quei beni russi

Bruxelles, oltre a punire la leadership russa, mira a confiscare i beni russi congelati, beni che potranno poi essere utilizzati per la ricostruzione dell'Ucraina. Ecco perché, oltre all’idea del tribunale, mercoledì la Commissione europea ha lanciato un secondo paper che prevede l'inserimento delle violazioni delle sanzioni anti-russe nella categoria degli “eurocrimini”, permettendo così la confisca dei beni di chi ha violato le misure restrittive. «Due progetti diversi, come presentati dalla stessa Commissione», ci spiega Schwok, ma che la Russia (nella sua reazione alla notizia) si è affrettata ad accomunare, «riducendoli a una mera questione di soldi, così da delegittimare la discussione sui suoi crimini». Poche, del resto, le preoccupazioni di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, sulla questione dei crimini di guerra, che ha invece evidenziato sulla seconda questione: «Se i beni dei nostri cittadini saranno confiscati ci saranno misure adeguate».

Il Cremlino potrebbe vedere il processo di creazione di un tribunale, così come il congelamento dei beni russi, come un’escalation? Quali saranno le conseguenze geopolitiche se questi due propositi dell’UE dovessero essere rispettati? In giugno, il presidente francese Emmanuel Macron era finito al centro di aspre critiche (nazionali e internazionali) per l’appello a punire «ma non umiliare la Russia». Che ragionamenti di questo tipo, ora, possano rappresentare una museruola all’attuazione di forti e coraggiosi piani per mettere la leadership russa di fronte alla propria responsabilità? «Il Cremlino, al momento, considera ogni misura diretta contro la Russia un motivo per inasprire il conflitto, ma non credo che l’eventuale istituzione di un tribunale possa portare davvero a un’ulteriore radicalizzazione», spiega René Schwok. «Oggi Macron e la Francia sostengono l’idea generale di un tribunale ad hoc per i crimini russi. Ma l’annuncio dato negli scorsi giorni, insieme al trambusto che ha sollevato, sembra più una misura simbolica prese per placare l’opinione pubblica, senza alcun impatto reale. Un po’ come le promesse di adesione all’UE per Ucraina e Moldavia».

Insomma, la giustizia sembra ancora lontana.

 

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