«Negli archivi USA i molti segreti del golpe cileno»

A 50 anni dal colpo di Stato in Cile, molti documenti in grado di ricostruire la verità nella sua totalità non sono stati ancora declassificati.
Lo studioso Peter Kornbluh, direttore del “Progetto di documentazione sul Cile” del centro di ricerca indipendente di Washington, il National Security Archive, da anni si batte affinché il governo statunitense renda pubblici tutti i documenti ufficiali su cui vige ancora il segreto di Stato.
«L’anniversario del colpo di Stato in Cile è un’occasione eccezionale per imparare il valore della democrazia contro i pericoli dell’autoritarismo, una lezione non solo per i cileni, ma per tutti» spiega Kornbluh al Corriere del Ticino.
Summit alla Casa Bianca
Nella nuova edizione in spagnolo, appena pubblicata, del suo celebre libro Pinochet Declassified («Pinochet declassificato») emergono dettagli inquietanti sulle responsabilità di Washington, non soltanto nel colpo di Stato dell’11 settembre 1973, ma anche prima delle elezioni democratiche del novembre 1970 vinte da Salvador Allende e dalla coalizione politica di “Unidad Popular” che lo sosteneva.
I documenti pubblicati da Kornbluh rivelano, per la prima volta, che 11 giorni dopo la vittoria di Allende alle elezioni cilene, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon tenne un incontro nello studio ovale alla Casa Bianca con il magnate cileno Agustin Edwards, proprietario della catena di giornali El Mercurio.
Edwards stava sollecitando il sostegno per impedire al Congresso di confermare la vittoria di Allende e quindi fare in modo che lo stesso non salisse al potere. Poco dopo, sempre il 15 settembre 1970, Nixon convocò il suo consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger, il procuratore generale John Mitchell e il capo della CIA Richard Helms cui ordinò di elaborare entro 48 ore un piano per istigare un colpo di Stato che impedisse ad Allende di diventare presidente.
L’idea di Helms era di rimuovere il generale René Schneider, considerato un costituzionalista che non avrebbe appoggiato un colpo di Stato. Ma il progetto fallì con l’assassinio del generale, avvenuto durante un tentativo di rapimento il 25 ottobre 1970.
Le mosse di Kissinger
«Richard Nixon affrontava in modo quasi personale la politica estera e vedeva il voto per Allende come un voto anti-americano. Disse persino a Kissinger, dopo il colpo di Stato, che il problema non era che Allende fosse comunista ma che fosse anti-americano», dice ancora Kornbluh, che sottolinea anche il punto cruciale della questione: «Il vero architetto della politica statunitense contro Allende è stato Henry Kissinger, il quale aveva una valutazione molto più sofisticata del pericolo che Salvador Allende rappresentava a livello globale».
Erano del resto gli anni della Guerra Fredda, e Washington temeva che il Cile di Allende potesse trasformarsi in una nuova Cuba.
«Tuttavia, nelle sette pagine del mio libro in cui vengono riportate le argomentazioni di Kissinger sui rischi che Allende rappresentava, non si parla mai di Cuba - chiarisce Kornbluh - perché Fidel Castro era da una parte dello spettro rivoluzionario della sinistra, mentre Salvador Allende si situava esattamente all’opposto. Castro simboleggiava la rivoluzione armata, che secondo Kissinger era illegittima perché nessuno l'aveva votata. Allende rappresentava un politico tradizionale, convenzionale, a capo di un partito socialista legittimo e riconosciuto. E queste coalizioni tra socialisti e comunisti e altri partiti progressisti potevano essere create in altri Paesi, in America Latina ma soprattutto in Europa. Per questo il modello Allende doveva essere detonato. Kissinger cita a questo proposito nello specifico l’Italia. All’epoca, gli Stati Uniti temevano l’eurocomunismo, che in Italia era forte e per sconfiggere il quale la CIA si impegnò duramente. Kissinger era preoccupato perché si trattava di Paesi che facevano parte dell’alleanza atlantica, la NATO, fondamentale per lo scacchiere globale della guerra fredda».


Attentati all’estero
Nel suo libro, Kornbluh cita anche l’esponente dell’estrema destra fascista italiana Stefano delle Chiaie, il cui nome appare nel caso di Bernardo Leighton. Esponente del Partito Democratico Cristiano del Cile, Leighton fu ferito a Roma, dove viveva in esilio, in un tentativo di attentato il 6 ottobre del 1975. L’attentato era stato organizzato dalla DINA, la violenta polizia segreta cilena del governo del generale Augusto Pinochet, e dall’agente segreto americano Michael Townley.
Sottoposto per questo a processo in Italia, Delle Chiaie fu assolto nel 1987. Altri attentati furono organizzati a Buenos Aires - dove nel 1974 fu assassinato il generale Carlos Pratz - e a Washington, nel 1976, con la morte del diplomatico cileno Orlando Letelier.
«Di Townley oggi non si sa più nulla, probabilmente vive coperto da un programma di protezione, ma era un vero criminale. Per l’omicidio di Letelier aveva pensato di usare persino gas sarin, visto che Pinochet si era dotato di un piano di armi chimiche chiamato Proyecto Andrea («Progetto Andrea»). Townley aveva nascosto il sarin in una boccetta di profumo Chanel, ma l’operazione si rivelò più complicata del previsto e alla fine Letelier fu ucciso da un’autobomba».
Il diritto di sapere
Oltre a permettere di conoscere dettagli fondamentali sulle responsabilità del colpo di Stato, il progetto di declassificazione dei documenti, secondo Kornbluh, è cruciale soprattutto per il futuro del Cile. «In questo momento in Cile - conclude - c’è un enorme dibattito sul golpe del 1973; la destra nega che sia stato un evento negativo e nega che Pinochet abbia fatto qualcosa di male. L’esstenza di documenti che dimostrano come invece fosse un terrorista, un corrotto, come avesse torturato e ucciso molte persone, è importantissimo , perchè i cileni hanno diritto di sapere cosa sia davvero accaduto e chi ne sia stato responsabile».