Nel voto più incerto degli ultimi anni, tutto sarà deciso nei 7 Stati in bilico

Mancano ormai soltanto 10 giorni al voto per la presidenza degli Stati Uniti. Un passaggio che si annuncia particolarmente complesso e difficile da pronosticare, stante anche l’incertezza che emerge dai sondaggi. Di seguito, una breve guida al voto con alcune curiosità e aneddoti storici.
Quando si terranno le elezioni presidenziali negli USA?
Le elezioni presidenziali americane sono fissate ogni quattro anni nel primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. Quest’anno si vota quindi martedì 5 novembre. Il vincitore entrerà ufficialmente alla Casa Bianca il 6 gennaio 2025 per rimanervi sino al 6 gennaio 2029.
È vero che, quasi ovunque negli Stati Uniti, è stato però possibile votare in anticipo?
Sì. Quest’anno, sono 47 gli Stati in cui è offerta agli elettori, in tempi diversi, la possibilità di votare anticipatamente. Un’opzione possibile anche nel Distretto di Columbia (Washington D.C.), a Guam, a Puerto Rico e nelle Isole Vergini. Nei tre Stati - Alabama, Mississippi e New Hampshire - nei quali non esiste il voto anticipato di persona, sono comunque previste varie opzioni per garantire agli elettori “assenti giustificati” il 5 novembre il diritto di esprimere la propria preferenza.
Ed è anche possibile votare online?
No. Nelle elezioni federali degli Stati Uniti non è possibile votare online. Bisogna, invece, recarsi di persona in un seggio elettorale ufficiale o esprimere il proprio voto per corrispondenza.
Il 5 novembre si vota soltanto per la Casa Bianca?
No. Gli elettori sono chiamati a rinnovare interamente la Camera dei Rappresentanti e parzialmente il Senato. Alla Camera si eleggono tutti i 435 deputati, al Senato sono invece contesi 34 seggi (su un totale di 100.
È vero che non basta essere un cittadino maggiorenne per votare alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti?
Sì. Per votare, i cittadini USA maggiorenni devono registrarsi in appositi elenchi statali. Ogni Stato stabilisce regole proprie per il processo di registrazione. Soltanto il North Dakota non chiede ai propri elettori di registrarsi prima di poter votare. Anche i cittadini amercani che vivono all’estero devono registrarsi per poter accedere al voto per corrispondenza. Devono infatti ottenere la cosiddetta tessera postale federale (LPF).
Non basta nemmeno essere un elettore iscritto alle primarie o ai caucus di partito?
No. I due processi sono separati. Alle elezioni generali presidenziali, i cittadini registrati possono votare anche se non hanno partecipato alle primarie del proprio Stato e possono ovviamente scegliere il candidato indipendentemente dal partito al quale eventualmente aderiscono.
È vero che i cittadini USA non eleggono direttamente il proprio presidente?
Sì. Il presidente degli Stati Uniti non è scelto direttamente dagli elettori, ma dal cosiddetto “collegio elettorale”.
Che cos’è il collegio elettorale? E chi ne fa parte?
Il collegio elettorale, così come si legge sul sito ufficiale del Governo USA, non è un “luogo fisico” ma un “processo”. Di fatto, è l’assemblea dei grandi elettori scelti dai cittadini con le presidenziali. Ogni Stato ha diritto a un numero di grandi elettori equivalente ai propri membri del Congresso (deputati e senatori). Ad essi vanno aggiunti i tre grandi elettori di Washington D.C. Il collegio elettorale ha, in tutto, 538 componenti.
Come funziona il processo del collegio elettorale?
In 48 Stati e a Washington D.C. il candidato più votato conquista tutti i grandi elettori. Soltanto il Maine e il Nebraska assegnano i propri grandi elettori utilizzando un sistema proporzionale. Per essere eletto presidente, un candidato ha bisogno del voto di almeno 270 grandi elettori. Il voto effettivo del collegio elettorale si svolge a metà dicembre, quando i grandi elettori si riuniscono nei rispettivi Stati.
I grandi elettori possono votare in maniera difforme dall’indicazione popolare?
Sì, ma non dappertutto. La Costituzione non impone ai grandi elettori di votare per il candidato scelto dal voto popolare. Tuttavia, in alcuni Stati, il grande elettore che vota in modo difforme può essere multato, rimosso e sostituito da un altro grande elettore sostitutivo. In alcuni Stati possono anche essere perseguiti penalmente. dal loro stato. I grandi elettori che votano contro la scelta presidenziale del proprio Stato sono definiti “infedeli”. Nel 2016, quando Donald Trump vinse contro Hillary Clinton, 7 voti del collegio elettorale furono espressi in modo difforme, senza tuttavia che questo cambiasse il risultato delle elezioni.
Che cosa succede se nessun candidato ottiene la maggioranza del collegio?
Se nessun candidato raggiunge la maggioranza dei grandi elettori, il presidente è eletto dalla Camera dei Rappresentanti. Nella storia è accaduto due volte: la prima volta fu nel 1800, quando la Camera Bassa scelse Thomas Jefferson. La seconda nel 1824, quando i deputati elessero John Quincy Adams.
Quali sono i requisiti necessari per candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti?
I candidati alla presidenza degli Stati Uniti devono soddisfare tre requisiti di base stabiliti dalla Costituzione: essere un cittadino naturale degli Stati Uniti, ovvero essere nato negli USA; avere almeno 35 anni; essere stato residente negli Stati Uniti per almeno 14 anni. Chiunque soddisfi questi requisiti può dichiarare la propria candidatura alla presidenza. Una volta che un candidato raccoglie o spende più di 5.000 dollari per la sua campagna, deve registrarsi alla Commissione elettorale federale. Ciò include la nomina di un comitato per la campagna elettorale che avrà il compito di raccogliere e spendere i fondi della campagna stessa.
Quanti sono i candidati alla presidenza degli Stati Uniti?
Alle elezioni del 5 novembre prossimo, le 60. della storia degli USA, i candidati alla presidenza sono 14. Soltanto 5 di loro, però, possono ambire alla Casa Bianca: sono i candidati presenti in un numero di Stati sufficienti a conquistare la maggioranza assoluta del collegio elettorale.
Chi sono questi 5 candidati?
I due partiti principali hanno nominato il proprio candidato con le primarie statali e con i caucus, in cui le persone scelgono chi vogliono guidare il partito in un'elezione generale. I repubblicani hanno indicato l’ex presidente Donald Trump, il quale ha scelto come vice il senatore dell’Ohio J.D. Vance. I democratici sostengono invece la vicepresidente in carica Kamala Harris, subentrata in corsa al presidente Joe Biden dopo che questi, vincitore delle primarie, si è ritirato, travolto dalle critiche sulla sua età avanzata (81 anni) e sulle sue precarie conidizioni fisiche. Come proprio vice, Harris ha scelto il governatore del Minnesota Tim Walz. Gli altri tre candidati sono: Chase Oliver, che con il suo vice Mike ter Maat correrà per il Partito Libertario in 47 Stati; Jill Stein, indicata dal Partito dei Verdi e in gara assieme al vice Rudolph “Butch” T. Ware III in 38 Stati; Cornel West, il cui nome è presente sulle schede di 30 Stati assieme a quello della sua vice designata, Melina Abdullah (dalla fine di agosto, tuttavia, la campagna di West - che nei sondaggi non raggiunge l’1% dei consensi a livello nazionale - si è fermata).
Chi è, in questo momento, il favorito nella corsa alla Casa Bianca?
Molti sondaggi danno Harris in vantaggio nel voto popolare - pur con un Trump in risalita -, vale a dire nella somma dei voti di tutti gli Stati. Ma, come spiegato, ciò che conta è la conquista dei grandi elettori. Storicamente, la maggior parte degli Stati vota per lo stesso partito in ogni elezione. Questo è il motivo per cui i due principali candidati alla presidenza conducono la loro campagna quasi esclusivamente negli Swing States, gli “Stati in bilico”, quelli in cui entrambi potrebbero vincere.
Quanti e quali sono gli Swing States in questa tornata elettorale?
Sono 7: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin.
Chi è in vantaggio negli Swing States tra Kamala Harris e Donald Trump?
Secondo la media nazionale e statale aggiornata in tempo reale sul sito del Washington Post, in questo momento Kamala Harris è in vantaggio in Nevada, Pennsylvania, Wisconsin e Michigan. Trump, invece, in Arizona, Georgia e North Carolina. Nessuno dei due candidati ha tuttavia un vantaggio sull’avversario superiore al margine d’errore statistico, fissato a 3,5 punti percentuali. Se questi sondaggi fossero confermati, la prossima presidente degli Stati Uniti sarebbe la democratica Kamala Harris.