Niente infradito, pantaloncini e canottiere: alla Scala torna il dress code

Pantaloncini corti. Infradito. Canottiere. Sono tutti indumenti e calzature adatti a una giornata in spiaggia. Ma non alla Scala di Milano. Il prestigioso teatro ha infatti diramato nuove regole riguardanti il dress code, dopo le lamentele di alcuni spettatori. Intensificando quelle già presenti dal 2015, diramate in occasione dell'EXPO.
In piena estate, complici le alte temperature, è capitato, a più riprese, che le persone si presentassero alla Scala con abiti definiti «inadeguati». Per questa ragione, all'ingresso del Teatro, da qualche giorno, sono stati disposti dei cartelli in cui si vieta esplicitamente l'accesso a chi si presenta con un «dress code» troppo estivo. Un divieto che è stato reso ancora più esplicito sui biglietti d'entrata per gli spettacoli. Chi si presenta alla Scala in ciabatte o pantaloncini corti, infatti, non solo non potrà accedere al teatro, ma non potrà nemmeno ottenere un rimborso del biglietto già acquistato. «La Direzione invita il pubblico a scegliere un abbigliamento consono al decoro del Teatro, nel rispetto del Teatro stesso e degli altri spettatori. Non sono ammessi all'interno del Teatro spettatori che indossino canottiere o pantaloni corti; in questo caso i biglietti non sono rimborsabili», si legge, a tal proposito, sul sito della scala.
Come detto, si tratta di una regola ancor più rigida di quelle entrate in vigore negli ultimi dieci anni. Nel 2015 – anno in cui Milano ha ospitato l'Esposizione Universale (EXPO) – la Scala era rimasta aperta per tutta l'estate. Per l'occasione, era stato diramato un codice «anti-beachwear», per evitare che le persone si presentassero a teatro in costume da bagno.
Fino ad ora, tuttavia, questa regola non era mai stata applicata rigorosamente. Da un lato, a causa delle richieste di maggiore tolleranza in materia di abbigliamento, proposte dall'ex sovrintendente e direttore artistico della Scala, Dominique Meyer, sulla scia di quanto fatto dal suo predecessore Alexander Pereira. Meyer, in particolare, voleva rendere la Scala «un luogo aperto», che accogliesse tutti, a prescindere dal loro abbigliamento.
Ora, però, è tempo di cambiare musica. Secondo un portavoce del Teatro, «le regole devono essere rafforzate». Anche e soprattutto durante i periodi estivi dove le temperature sono particolarmente elevate. «Alcuni spettatori si sono lamentati di aver visto altre persone vestite in modo non appropriato, ad esempio con le infradito, soprattutto in un teatro dove le persone si siedono molto vicine», ha spiegato ancora un portavoce della nuova Direzione di Fortunato Ortombina. «Soprattutto in galleria, dove i posti sono molto vicini, può essere sgradevole per chi assiste a uno spettacolo di tre o quattro ore, per cui ha pagato magari un centinaio di euro, stare tutto il tempo a contatto con la pelle nuda di un corpo sudato».
Le nuove regole, insomma, vietano infradito, canottiere e pantaloncini corti. Certo, però, con delle eccezioni. Nonostante il divieto, le donne possono comunque indossare camicette o abiti senza maniche. Di più, sebbene le infradito siano vietate, agli spettatori giapponesi è concesso accedere al teatro in kimono e con calzature tradizionali. «Non è corretto dire alle persone come vestirsi, ma è necessario che siano vestiti», ha sottolineato, ancora, il portavoce della Scala.
Le linee guida della Scala, però, non riguardano solo il dress-code. Il teatro, infatti, vieta il consumo di cibi e bevande portati dall'esterno, così come l'utilizzo di smartphone. Alla Scala non possono infatti essere scattate fotografie o girati video, e i telefoni non possono neppure essere appoggiata al balaustra, a causa del rischio di caduta sugli spettatori in platea.