«Non disdite l'abbonamento al Washington Post: danneggia i giornalisti, non Bezos»

Non si placa, negli Stati Uniti, il caso che sta scuotendo le fondamenta di uno dei principali quotidiani americani: il Washington Post. Nelle ultime ore, infatti, i giornalisti della testata americana sono personalmente scesi in campo sui social media per chiedere ai lettori infuriati di non disdire il proprio abbonamento al giornale. Circa 250.000 persone – un decimo degli abbonati – hanno cancellato la propria sottoscrizione al Post: un'emorragia causata dalla recente decisione, da parte del giornale, di non appoggiare alcun candidato alla Casa Bianca. Presentata dal CEO Will Lewis come un ritorno alle origini, un modo di mantenere indipendenza, la scelta è stata criticata dai più per le modalità con cui è arrivata: imposta dall'alto, dal proprietario Jeff Bezos, che ha deciso di far valere le proprie ragioni su un comitato editoriale che già aveva stilato, pronto per la pubblicazione, il proprio endorsement a Kamala Harris.
Preoccupazione
Il messaggio lanciato dagli autori del Washington Post è, sostanzialmente, uno: «Non lasciateci». «Per favore, non cancellate i vostri abbonamenti. Non avrà un impatto su Bezos, ma danneggia i giornalisti e rende più probabile un'altra serie di licenziamenti», ha ad esempio scritto Amanda Morris, giornalista del Washington Post specializzata in disabilità, su X.
La preoccupazione, fra i redattori, è palpabile. Il caporedattore Matt Murray, rivela il Wall Street Journal da fonti interne, ha tenuto una riunione del personale martedì. Ai propri collaboratori ha spiegato di non avere una formula semplice per fermare il fuggi fuggi di abbonati, ma ha incoraggiato comunque il personale ad alzare il livello del proprio – già alto – standard giornalistico e a provare differenti approcci, quali servizi differenziati e più attenti agli interessi dei lettori.
Solidarietà
Su X gli appelli dei redattori del WP non sono passati inosservati e giornalisti e redattori di alto profilo del New York Times, dell'Atlantic e di altre testate si sono uniti al coro, utilizzando l'hashtag #WhyISubscribe (perché mi abbono) per spiegare il valore giornalistico della redazione del Washington Post. Decine e decine di colleghi – e concorrenti – hanno preso parola. Tra questi, ad esempio, Peter Baker, il principale corrispondente del NYT alla Casa Bianca e analista politico per MSNBC, che su X ha spiegato: «Come giornalista, gli endorsement sono fuori dalla mia portata. Come orgoglioso veterano di 20 anni del @washingtonpost, tuttavia, sono d'accordo con i colleghi giornalisti preoccupati per i proprietari miliardari con interessi commerciali che scavalcano i redattori 11 giorni prima delle elezioni. Che sia intenzionale o meno, questo manda un segnale terribile sull'indipendenza e l'integrità giornalistica. Dà l'impressione che il giornale sia intimidito da persone ai vertici che denigrano l'idea stessa di una stampa libera e indipendente che dice la verità al potere. Detto questo, cancellare gli abbonamenti a questo punto è controproducente. Il Washington Post è uno dei pochi baluardi rimasti dell'eccellenza giornalistica, dotato di reporter straordinari che hanno portato alla luce alcune delle storie più importanti della nostra epoca». Secondo Baker, «finora, almeno, non ci sono prove che i giornalisti siano stati in qualche modo inibiti nello svolgimento del loro lavoro o che gli editorialisti abbiano dovuto trattenersi nel dissentire pubblicamente con il proprietario sulle pagine del suo stesso giornale». Proprio lo stesso Washington Post, del resto, ha svelato il ruolo di Bezos nella scelta. «Finché questo è vero, danneggiare finanziariamente il Post non fa nulla a Bezos, ma mina l'obiettivo stesso dei lettori: avere accesso a informazioni indipendenti e importanti che le persone al potere non vogliono che abbiamo», continua Baker. «Le cancellazioni potrebbero portare alcuni dei migliori giornalisti del nostro tempo a perdere il lavoro - e noi lettori a perdere i servizi che avrebbero portato alla luce storie cruciali. Per quanto importante possa essere un singolo endorsement, un reportage unico e senza paura è più importante», conclude il corrispondente del NYT.