Lo scenario

Ora l’Ungheria può davvero perdere i fondi dell’Europa

La Commissione di Bruxelles ha proposto oggi il taglio di 7,5 miliardi di euro dei finanziamenti del PNRR destinati a Budapest — Per il Governo dell’autocrate Orbán sarebbe un colpo drammatico
Dario Campione
18.09.2022 22:00

L’Europa fa sul serio. E l’Ungheria di Viktor Orbán è costretta (forse) a mettere da parte un po’ della sua arroganza e della sua spavalderia.

Dopo il voto a larghissima maggioranza del Parlamento di Bruxelles sulla risoluzione che, giovedì scorso, ha certificato «l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dei valori su cui si fonda l’Unione», oggi dalle parti di Budapest è risuonata l’eco di un altro sonoro ceffone. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha infatti proposto il taglio del 65% dei fondi di coesione dell’Ungheria, pari a 7,5 miliardi di euro: il rischio posto al budget UE nel quadro delle violazioni allo stato di diritto «permane», ha fatto sapere l’Unione, nonostante le misure promesse dall’autocrate magiaro di sistemare i problemi indicati dalla Commissione.

«Difendiamo i valori dello Stato di diritto e proteggiamo il bilancio comune europeo. Le autorità ungheresi sono chiamate a rispondere con misure correttive concrete», ha scritto su Twitter il commissario europeo per l’Economia, l’italiano Paolo Gentiloni.

Il colpo, per quanto probabilmente atteso, è stato comunque molto forte. E ha scosso la politica magiara. In un primo momento, mostrando persino una certa beffarda indifferenza, Orbán ha proseguito nella sua strategia conflittuale, affermando di «trovare divertente» il documento approvato dall’Europarlamento. «L’unico motivo per cui non ci ridiamo sopra è perché ci annoiamo - ha detto il primo ministro ungherese - Ma è uno scherzo noioso. È la terza o la quarta volta che approvano una risoluzione di condanna dell’Ungheria a Bruxelles. All’inizio pensavamo fosse significativo. Ma ora lo vediamo come uno scherzo».

Ma subito dopo, in un’intervista al Financial Times, il ministro ungherese per gli Affari europei, Tibor Navracsics, ha detto esplicitamente che il suo Governo è «aperto a tutte le opzioni» ed è disponibile a «negoziare» le riforme chieste dalla Commissione, a partire da una nuova legislazione anti-corruzione e da norme più stringenti sulla trasparenza degli appalti. Navracsics ha quindi annunciato che questa settimana sarà presentata in Parlamento, a Budapest, la proposta di istituzione della nuova autorità indipendente contro la corruzione.

Già nel 2018 una lunga inchiesta della Reuters aveva documentato come Orbán canalizzasse i fondi di sviluppo dell’UE verso sodali e familiari: una pratica che ha immensamente arricchito la sua cerchia ristretta e gli ha permesso di radicarsi al potere. Secondo l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), l’Ungheria ha registrato irregolarità in quasi il 4% della spesa dei fondi UE nel quinquennio 2015-2019, di gran lunga il peggior risultato tra i 27 dell’Unione.

La democrazia «illiberale»

Alla fine, le distanze tra Ungheria ed Europa si sono fatte incolmabili: sui diritti civili, sulla gestione opaca e verticistica del potere, sul concetto stesso di democrazia. Quella «illiberale», teorizzata e praticata ormai da anni da Viktor Orbán - il quale ama definirsi un «combattente per la libertà» contro la visione del mondo dell’Occidente liberale - non è più digeribile, almeno non dalle parti di Bruxelles. E per il premier magiaro le conseguenze rischiano adesso di diventare ingestibili.

Le dichiarazioni da spaccone fanno parte dell’inevitabile folclore politico e servono, probabilmente, a conquistare qualche consenso di sapore nazionalistico, ma non cambiano di una virgola la prospettiva - sempre più concreta - che l’Ungheria possa perdere una valanga di miliardi di euro. Una prospettiva che spaventa, sia dentro sia fuori i confini del Paese.

Il Governo di Budapest, soprattutto negli ultimi mesi, ha accumulato un deficit straordinario a causa dei sussidi promessi (e poi devoluti) dallo stesso Orbán prima delle elezioni in aprile, ma anche per coprire finanziariamente gli sconti sulla benzina e sulle bollette energetiche di famiglie e imprese introdotti dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il fiorino è ai livelli più bassi di sempre rispetto alla moneta unica: per comprare un euro ne servono oltre 400. L’inflazione ha raggiunto la percentuale record del 18,7 ad agosto e la Banca centrale ungherese è stata costretta ad alzare i tassi di interesse all’11,75%, nel tentativo di frenare la svalutazione della valuta nazionale.

I 7,5 miliardi di euro «tagliati» da Bruxelles rappresentano il 5% del PIL ungherese stimato per il 2022. I 27 Paesi membri hanno ora tre mesi di tempo per decidere sulla proposta. Lo faranno, a maggioranza qualificata (il 55%), attraverso il Consiglio (ovvero l’organismo che raggruppa i rappresentanti dei singoli Governi). La deadline è fissata al 18 dicembre.