Gran Bretagna

Per Liz Truss tira già una brutta aria

La premier, da appena un mese al timone del Regno Unito, è già costretta ad affrontare orizzonti da ultima spiaggia
©ISABEL INFANTES
Ats
05.10.2022 19:30

Una brutta aria, dietro la liturgia degli applausi di rito. Si è chiuso così, a Birmingham, il congresso d'esordio da leader di partito e prima ministra per Liz Truss, in sella da appena un mese al timone del Regno Unito e già costretta ad affrontare orizzonti da ultima spiaggia.

Debutto che minaccia d'essere in realtà un canto del cigno, salvo miracoli; a dispetto dei toni assertivi con cui la 47enne ammiratrice dichiarata di Margaret Thatcher, subentrata a inizio settembre a quel Boris Johnson che più d'uno (scandali o non scandali) inizia ormai a rimpiangere, ha provato a rianimare la platea.

Prendendo tempo, ammettendo qualcuno degli scivoloni immediati che le sono stati imputati; ma insistendo sulla sua ricetta fiscale ultraliberista (seppure annacquata dall'impegno ad una maggiore prudenza sulle compatibilità di bilancio dopo l'imbarazzante retromarcia sull'abolizione dell'aliquota massima imposta dal caos nei mercati e dall'intervento d'urgenza della Bank of England, reso necessario dall'annuncio kamikaze di tagli di tasse in deficit per 45 miliardi) come condizione per riportare il Regno sui binari della «crescita»: fra crisi globale, inflazione montante, penuria energetica, conflitti sociali risorgenti, interessi in ascesa e mutui per la casa tornati al 6% a 14 anni dal crac del 2008.

Truss ha affrontato la tribuna di Birmingham con il caratteristico stile sintetico quanto legnoso: fatto di concetti ripetuti in forma didascalica. Senza tracce di carisma o anche solo di quelle doti oratorie che dinanzi all'uditorio giusto non facevano difetto al predecessore. Tanto da mostrarsi impacciata fin dall'ingresso, al suono delle note di 'Moving on up', hit datata 1993 degli M People il cui utilizzo come «colonna sonora di bugie» è stato denunciato a stretto giro come un abuso da Mick Pickering, fondatore della band di Manchester. E da non riuscire a nascondere la necessità continua di distogliere lo sguardo dagli ascoltatori per volgerlo verso il soccorso del teleprompter.

Atteggiamenti difficili da conciliare con l'esigenza di ergersi a leader in una stagione «di tempesta», sullo sfondo della recente scomparsa della regina Elisabetta, «roccia su cui la moderna Gran Bretagna è stata costruita», oltre che di una situazione di «crisi economica» internazionale attribuita soprattutto ai contraccolpi «del Covid e dell'orribile guerra» della Russia in Ucraina. Mentre le previsioni dei giornali le concedono ormai un termine non superiore a poche settimane, forse 10 giorni, per provare a salvare la poltrona del neo cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng, alla guida del Tesoro. E pure la sua.

L'ancora a cui aggrapparsi, in ogni modo, resta per Truss quella del richiamo alla «libertà» individuale dei connazionali, che di thatcheriano ha se non altro la retorica. Sotto l'insegna dello slogan congressuale 'Getting Britain moving' e del mantra «crescita, crescita, crescita». «Io mi rifiuto di consegnare il nostro grande Paese al declino», ha detto fra l'altro la premier, in uno dei passaggi più applauditi della sua mezz'oretta d'intervento: durante la quale non è mancata l'interruzione rumorosa in diretta tv di due militanti ambientaliste di Greenpeace, infiltratesi in sala con un cartello di protesta e rapidamente spintonate via dal servizio d'ordine. Siparietto che Truss ha liquidato relegando le attiviste ad avanguardia d'una «coalizione anti crescita» di cui farebbero parte i maggiori partiti d'opposizione (laburisti, liberaldemocratici, indipendentisti scozzesi), «i negazionisti della Brexit» e vari think tank progressisti.

Avversari ai quali a cui occorre rispondere, ha martellato, anche «tagliando le tasse, cosa giusta da fare moralmente ed economicamente» per ridare spinta al Pil; o cancellando entro fine 2022 i residui legami con certe norme Ue in favore di nuove «regole pro business e pro crescita».

Il tutto affiancato dalla conferma degli impegni sulla politica estera, sulla difesa, sulla caccia all'immigrazione «illegale», sul rilancio di trivellazioni e nucleare in nome dell'indipendenza energetica e sull'escalation del sostegno militare a un'Ucraina che «può vincere, deve vincere e vincerà» la battaglia «per la democrazia e la libertà» contro la «brutale guerra di Putin».

Impegni che la platea Tory condivide, ma non più necessariamente sotto la sua leadership. Come confermano voci critiche del calibro dell'ex ministro Grant Shapps, convinto che il congresso possa al massimo «offrire a Liz una finestra di opportunità» per riprendersi. E solo a patto d'iniziare a rovesciare quanto prima i sondaggi disastrosi che dopo la sua ascesa hanno trascinato il partito di governo a 20-30 punti di scarto potenziale dal Labour di Keir Starmer: baratro senza precedenti negli ultimi 25 anni, più che doppio rispetto al momento della caduta di BoJo.