Perché il Belgio sta ostacolando gli aiuti all’Ucraina?

(Aggiornato) Oltre allo scetticismo di Slovacchia e Ungheria, i due Paesi considerati più vicini alla Russia tra i membri dell’UE, per via delle posizioni filo-Cremlino del presidente Robert Fico e del premier Viktor Orbán, c’è un nuovo, insospettabile, attore che sta ostacolando gli aiuti all’Ucraina. Si tratta del Belgio.
L'Unione europea, in uno dei momenti più difficili per Kiev da quando le truppe di Vladimir Putin hanno avviato l’invasione, sta cercando in tutti i modi di utilizzare i beni russi congelati per garantire un prestito di riparazione da 140 miliardi di euro all'ex Repubblica sovietica. La maggior parte dei ministri delle finanze dei membri UE ha accettato di sostenere l'iniziativa, così da non attingere alle casse dei singoli Stati, ma tra loro c’è chi frena.
Stando a Politico, oggi è il Belgio ad essere il principale ostacolo al prestito. Questo perché oltre 140 miliardi di euro dei russi si trovano proprio a Bruxelles, presso Euroclear, una società finanziaria che funge da deposito di sicurezza di quei beni. Il Belgio teme dunque che l’utilizzo dei fondi possa esporlo a ritorsioni russe, in primis economiche e legali, o attraverso azioni di guerra ibrida, sia in patria che all'estero. Dal punto di vista strettamente finanziario, Mosca potrebbe fare causa a Euroclear, o direttamente al Belgio, chiedendo di restituire i fondi utilizzati per l’Ucraina. Un eventuale prelievo di 140 miliardi dalle casse di Bruxelles metterebbe in difficoltà l’economia di un Paese il cui Prodotto interno lordo (PIL) annuo ammonta a circa 600 miliardi di euro. Bruxelles sarebbe al sicuro da questo rischio finché le sanzioni occidentali resteranno in vigore, ma in futuro Mosca potrebbe presentare il conto (una volta cadute le restrizioni).
L’UE sta spingendo per sbloccare i beni russi, in quanto le risorse finanziarie di Kiev per difendere il Paese dalla Russia si stanno esaurendo, stando al responsabile dell'economia della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, il quale settimana scorsa ha avvertito i ministri dei diversi Paesi, affermando che il costo dell'inazione supererebbe di gran lunga le conseguenze di procedere con il prestito. Di fatto, l’UE sembra comunque intenzionata ad aiutare Kiev, e ulteriori ritardi nello sblocco dei finanziamenti, probabilmente spingeranno l'Europa ad attingere dalle proprie casse per sostenere le difese ucraine, almeno finché non si troverà una soluzione sui fondi russi congelati.
Tra gli investimenti russi fatti in Europa prima del febbraio 2022, ricorda il Post, ci sono 185 miliardi di euro provenienti da titoli di Stato europei che Mosca aveva acquistato e che hanno maturato interessi. Di questa ingente somma, la Commissione UE vorrebbe utilizzare 45 miliardi per ripagare un vecchio prestito all’Ucraina fatto dal G7, mentre i restanti 140 miliardi rappresenterebbero aiuti all’Ucraina, ormai a corto di fondi (si stima che Kiev possa tirare avanti, a livello economico, fino al prossimo mese di aprile).
Proprio quest'oggi, nella nella lettera ai 27 membri europei sui Prestiti di Riparazione a Kiev visonata dall'ANSA, la presidente della Commissione UE ha fatto sapere che «il deficit finanziario dell'Ucraina è significativo. Secondo le proiezioni preliminari del FMI (Fondo Monetario Internazionale), ipotizzando che la guerra finisca entro la fine del 2026 e tenendo già conto di tutto il sostegno promesso, l'Ucraina dovrà comunque affrontare un enorme deficit che non potrà essere colmato senza l'iniezione di nuovi fondi». Le cifre sono importanti, Von der Leyen indica in 70 miliardi il fabbisogno di Kiev per il 2026, in 64 miliardi per il 2027.
Venerdì scorso la presidente della Commissione UE Ursula ha incontrato il primo ministro belga Bart De Wever per cercare di convincerlo in merito ai fondi russi confiscati. Ma una decisione dovrebbe arrivare durante la riunione dei leader europei, prevista per il 18 dicembre. Ottenere una risposta affermativa dal Belgio, però, potrebbe non bastare.
Slovacchia e Ungheria, attraverso lo strumento del veto, rappresentano una costante minaccia ad ogni iniziativa che mira ad aiutare le finanze ucraine. Proprio nelle scorse ore, il primo ministro ungherese Viktor Orbán, in un'intervista a Mathias Dopner, CEO del Gruppo Axel Springer, ha affermato che Kiev non ha «alcuna possibilità» di vincere la guerra con la Russia, definendo il sostegno finanziario dell'UE all'ex Repubblica sovietica «semplicemente folle».
Secondo il leader di Budapest, gli europei stanno «uccidendo» l'UE «economicamente e finanziariamente»: «Abbiamo già bruciato 185 miliardi di euro e la nostra intenzione è di bruciarne ancora di più. Quindi finanziamo un Paese che non ha alcuna possibilità di vincere la guerra», ha contestato Orbán.
Intanto la Commissione UE, nel tentativo di portare il Belgio sul carro dei favorevoli, ha proposto un meccanismo di garanzia che prevede la condivisione del rischio legale tra tutti gli Stati membri, in modo che non siano solo Euroclear e lo stesso Paese fiammingo a dover affrontare le ritorsioni russe.
Anche il Parlamento europeo, poi, dovrebbe avere voce in capitolo sugli aspetti legali connessi al prestito dei beni russi congelati all’Ucraina. Inoltre, alcuni governi dell'UE, come ad esempio quello tedesco, dovrebbero comunque rivolgersi ai rispettivi parlamenti nazionali per ottenere il consenso sulla condivisione dei rischi legali tra i Paesi UE, non lasciando il Belgio ad affrontare da solo la Russia. Questo processo potrebbe richiedere mesi. Un periodo di tempo che Kiev non sembra avere a disposizione e che probabilmente spingerà l'UE ad attingere, ancora una volta, dai propri fondi.
