Il caso

Perché, in Grecia, Mitsotakis ha parlato di «terremoto politico»?

Vincitore delle elezioni con il suo partito Nea Demokratia, il leader di centrodestra non intende formare un governo di coalizione – L'attenzione, ora, si sposta sul probabilissimo secondo turno
© GEORGE VITSARAS
Red. Online
22.05.2023 09:30

Nea Demokratia, il principale partito di centrodestra, traducibile con Nuova Democrazia, ha vinto le elezioni parlamentari in Grecia. Ciò detto, lo schieramento del primo ministro uscente, Kyriakos Mitsotakis, non è riuscito a ottenere abbastanza voti per assicurarsi un governo a partito unico: era richiesta una soglia del 45%. Il voto ellenico è stato segnato dall’aumento del costo della vita, dallo scandalo delle intercettazioni telefoniche e dal disastro ferroviario di Tebi dello scorso febbraio.

Mitsotakis e il suo partito, con il 40% e oltre delle preferenze, sono andati oltre ogni aspettativa. Non a caso, il premier ha descritto il risultato come «un terremoto politico». Syriza, il principale partito dell’opposizione, a sinistra, si è fermato poco sopra il 20%.

Katerina Sakellaropoulou, il presidente del Paese, ha dato tre giorni di tempo ai primi tre partiti per formare una coalizione. Più facile a dirsi che a farsi, dal momento che lo stesso Mitsotakis ha già detto e ribadito di non voler condividere il potere.

Le parole di Mitsotakis

«Senza dubbio, il terremoto politico che si è verificato invita tutti noi ad accelerare il processo per una soluzione definitiva del governo in modo che il nostro Paese possa avere una mano esperta al timone il prima possibile» ha gridato Mitsotakis ai sostenitori di Nuova Democrazia, domenica, ammassati davanti alla sede del partito ad Atene.

Se il primo ministro uscente non riuscirà a formare una coalizione, come sembra appunto probabile, quantomeno stando alle dichiarazioni a caldo, si insedierà un governo provvisorio e si terrà una seconda votazione a fine giugno o inizio luglio. Un round, questo, che si svolgerebbe secondo regole diverse: al partito vincitore basterebbe ottenere il 37% dei voti.

Pregi e difetti

Nuova Democrazia, leggiamo, ha concentrato i suoi sforzi sulla ripresa economica. «I numeri parlano da soli» aveva detto Mitsotakis alla CNN durante la campagna elettorale. «Eravamo in ritardo nel 2019 ma ora siamo una delle economie con le migliori prestazioni nella zona euro».

Detto dell’inflazione che sta attanagliando molte famiglie greche, l’economia del Paese in effetti ha registrato una straordinaria inversione di tendenza nell’ultimo decennio, complici i tagli – drastici – a livello di stipendi e pensioni. Il peggio, insomma, sembrerebbe essere alle spalle sebbene molti ellenici, oggi, stiano combattendo con il costo della vita.

Un clima, questo, che indubbiamente non ha favorito l’opposizione e nello specifico Alexis Tripras. Sembrano lontane le promesse di cambiamento radicale fatte nel 2015, quando salì al potere.

«I greci non hanno votato sentendosi ottimisti» ha spiegato, dal canto suo, l’analista politico Petros Ioannides. «Nessuna delle due parti principali è nuova sulla scena. Entrambi sono stati al governo negli ultimi dieci anni». E ancora: «Nel 2015 la gente ha votato per il cambiamento e per un nuovo primo ministro, Alexis Tsipras, c’era speranza. Nel 2019 c’era un diverso tipo di speranza, un desiderio di ritorno alla stabilità, sempre con un nuovo primo ministro, Kyriakos Mitsotakis. In queste elezioni, i partiti e i leader erano noti, così come si conoscevano le loro mancanze».

Dal «Watergate» a Tebi

Le elezioni, dicevamo, si sono svolte in un contesto particolare. Il governo, infatti, sull’onda di uno scandalo di intercettazioni è stato accusato di spiare politici e giornalisti dell’opposizione. Della serie: e lo Stato di diritto? La vicenda, per dire, è stata etichettata come «Watergate greco» ed è costata, al governo, una serie di partenze di alto, altissimo profilo.

Il boccone più amaro, tuttavia, il governo l’ha ingoiato a febbraio, quando due treni si sono scontrati provocando la morte di 57 persone, molte delle quali studenti universitari. Il disastro ha spinto molte persone a scendere in piazza in tutto il Paese. La protesta ha seguito due direttive: la corruzione imperante e la cronica mancanza di infrastrutture. Di più, ha avuto il merito, se vogliamo, di allontanare molti elettori dai partiti consolidati. In quei giorni, per dire, molti manifestanti sono stati immortalati dalle televisioni, in lacrime, mentre spiegavano di sentirsi traditi dalla politica. Si stima, al riguardo, che molti dei circa 440 mila nuovi elettori presentatisi al voto domenica potrebbero essere stati influenzati dal disastro ferroviario di Tebi.

Che faranno, ora, gli elettori?

Nuova Democrazia, per bocca del suo leader, non intende formare un governo di coalizione. Lo scenario più verosimile, secondo analisti ed esperti, è dunque – come detto – quello di una formazione provvisoria in attesa del secondo, decisivo round, in cui Mitsotakis otterrà i numeri necessari.

Indipendentemente dal colore politico, i mercati – tornando all’economia – cercano e cercheranno stabilità. E, di riflesso, una forte leadership. Di qui le esternazioni, forti, di Mitsotakis.

Mitsotakis, in fondo, sa anche che molti greci avevano preso in considerazione, sin dal principio, un secondo scrutinio. Tradotto: domenica hanno votato partiti minori per manifestare il proprio malcontento, ma quando si tratterà di scegliere fra i due principali schieramenti del Paese si raduneranno nuovamente dietro a Nuova Democrazia e Syriza, con il primo partito nettamente in vantaggio e, quindi, pronto a restare al timone.

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