Il caso

Perché in Grecia si discute della presunta omosessualità di Alessandro Magno?

La serie Alexander: The Making of a God riaccende i dibattiti sulle possibili relazioni del re macedone con altri uomini – La ministra della Cultura greca: «Documentario pieno di inesattezze storiche» – Ma il prodotto rimane visibile
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Red. Online
22.02.2024 23:15

«Ma Alessandro Magno era omosessuale?». Questa è la domanda che, da giorni, attanaglia la Grecia. Tutta colpa della serie Netflix Alexander: The Making of a God della registra britannica Lucy van Beck, uscita nel mese di gennaio, che mostra il re macedone impegnato in una relazione con il suo amico Hephaestion (Efestione). Un dettaglio che non solo non è passato inosservato, ma ha (ri)acceso anche le polemiche. Ma andiamo con ordine. 

La serie TV, sbarcata sul colosso dello streaming poco più di un mese fa, vede Buck Braithwaite nei panni di un Alessandro Magno «woke», a detta di molti. Il prodotto, considerato per lo più un documentario, si appoggia infatti alle convinzioni di lunga data degli esperti, secondo i quali il condottiero macedone nel corso della sua vita avrebbe avuto relazioni con degli uomini. Una teoria che, nella serie targata Netflix, viene più che abbracciata, richiamando alla mente ciò che accadde già nel 2004 con il film Alexander. A quei tempi, la pellicola di Oliver Stone era finita sotto i riflettori in Grecia con l'accusa di aver promosso una «campagna di propaganda sull'omosessualità di Alessandro Magno». Una vicenda che ha ricordato quanto accaduto l'anno scorso in Egitto, quando il ministero delle antichità egiziane si era scagliato contro il colosso dello streaming statunitense, a causa della scelta di far interpretare l ruolo di Cleopatra a un'attrice afrodiscendente. 

E ora la storia si ripete. Ancora una volta. In questo caso, ad aver puntato il dito, in primis, contro la nuova serie è stata Lina Mendoni, ministra della Cultura greca. A suo dire, il documentario avrebbe una «narrativa di qualità scadente», e sarebbe anche pieno di inesattezze storiche, oltre che «povero di contenuti». Un pensiero fortemente condiviso anche dal presidente del partito politico di estrema destra cristiano-ortodosso, Dimitris Natsiou, che ha definito la serie «deplorevole, inaccettabile antistorica», sottolineando che, in questo modo, si trasmette «in modo subliminale l'idea che l'omosessualità era accettabile anche nei tempi antichi». 

Sempre secondo Lina Mendoni, inoltre, nelle fonti storiche degli esperti, non ci sarebbe alcuna menzione inerente una possibile storia d'amore tra Alessandro Magno e Efestione. I due, secondo quanto sottolinea la ministra, sono sempre stati solo e soltanto amici. Di più, sempre secondo Mendoni, van Beek avrebbe dipinto una versione «eccessivamente stereotipata» del re macedone, utilizzano etichette che hanno poco a che vedere con quelli che erano le prassi e il sistema dei valori del mondo antico. A suo dire, infatti, «non sarebbe possibile interpretare né le pratiche né le persone che hanno agito 2.300 anni fa applicando le nostre misure, le nostre norme e i nostri diritti».

Nulla da fare, insomma. In Grecia, il prodotto della regista britannica non è per nulla decollato. Ciononostante, la serie non verrà boicottata. Sebbene Natsiou si fosse rivolto al Ministero della Cultura chiedendo di prendere dei provvedimenti per censurare la prima stagione di Alexander: The Making of a God, Mendoni ha specificato che si tratterebbe di un'azione «incostituzionale». La costituzione greca, infatt, tutela la libertà d'arte dall'inizio del 19. secolo, e pertanto, chiedere la rimozione del prodotto dal catalogo Netflix non può essere un'opzione. 

«Il Ministero della Cultura non esercita censura, non compie azioni che comportano procedimenti penali o divieti, non manipola, non limita, non controlla la diffusione di informazioni e idee né in modo preventivo né repressivo», ha ribadito chiaramente la ministra. «L'ispirazione degli artisti, l'interpretazione personale e il giudizio dei singoli non possono, evidentemente, essere sottoposti a un regime normativo e di controllo, né possono essere governati dai tribunali o trascinati in essi. Viene invece valutato e giudicato da ciascuno di noi, dalla comunità internazionale. E, allo stesso modo, viene valutato anche Netflix». Tradotto: il prodotto può non piacere. Anche per niente. Ma questa non è e non sarà mai una giustificazione abbastanza grande per censurarlo o vietarne la visione.