Il punto

Perché la Francia è insorta contro Emmanuel Macron?

La riforma delle pensioni, lo stato della democrazia, il mancato rimpasto di governo: che cosa spinge così tanti francesi in strada?
© AP
Marcello Pelizzari
24.03.2023 15:15

La Francia contro Emmanuel Macron. Un’ampia fetta di Paese, arrabbiata, ha riversato in strada – con forza e violenza – la propria frustrazione per la discussa riforma delle pensioni varata dal presidente, con il passaggio da 62 a 64 anni dell’età pensionabile. Il punto di ebollizione, probabilmente, è stato raggiunto giovedì notte, quando i manifestanti hanno dato fuoco a una parte del municipio di Bordeaux. La sintesi, se vogliamo, di una protesta che, secondo le stime, ha fatto confluire nelle strade e nelle piazze fra 1,1 e 3,5 milioni di persone.

Nell’imbarazzo generale dello stesso Macron, una visita di Stato di re Carlo III, domenica, è stata rinviata a causa dei disordini. E della sporcizia che regna sovrana a Parigi, la capitale, visto che ai moti hanno aderito pure i netturbini. La lotta, leggiamo, è tutt’altro che finita. Ma perché i piani pensionistici di Macron hanno alimentato così tanta rabbia in Francia? Proviamo a fare chiarezza.

Le parole di Macron

Riavvolgiamo il nastro: mercoledì, in diretta televisiva, Macron ha difeso il suo piano di innalzare l’età pensionabile. Affermando, fra le altre cose, che se qualcuno dei suoi oppositori sperava in un compromesso sarebbe rimasto deluso. Tradotto: il presidente francese ha escluso qualsiasi modifica alla riforma, respingendo di riflesso anche le richieste di rimpasto del governo e, addirittura, le dimissioni del primo ministro Elisabeth Borne. Il solo rimpianto? «Non essere riuscito a convincere la gente della necessità di questa riforma».

Le parole di Macron hanno fatto crescere la rabbia dei manifestanti. I quali si sono detti preoccupati circa lo stato della democrazia francese, visto che la riforma è diventata legge con una forzatura del presidente e, soprattutto, senza passare dal Parlamento. Se è vero che molti hanno mostrato il proprio dissenso in maniera pacifica, diciamo ottimista, è altrettanto vero che a prevalere è stato il lato più cupo e incazzoso.

I «casseur»

E così, giovedì una manifestazione in gran parte pacifica, a Parigi, si è via via trasformata in un autentico caos a causa della presenza e delle azioni dei cosiddetti casseur. Distruzioni di vetrine, edicole, finestre, pensiline, oltre a lancio di oggetti e pietre contro la polizia.

Fra accuse reciproche su chi abbia contribuito di più all’escalation, manifestanti e forze dell’ordine non si sono certo risparmiati in una notte lunga e rumorosa. Violenta, anche. Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ha definito i casseur dei teppisti, etichettandoli come giovani di estrema sinistra. Marylise Léon, vicesegretaria generale del sindacato CFDT, ha invece descritto i disordini come «una risposta alle falsità espresse dal presidente e alla sua incomprensibile testardaggine», aggiungendo che «la responsabilità di questa situazione esplosiva non è dei sindacati ma del governo».

Le proteste di giovedì notte sono state definite significative, poiché legate al primo, vero tentativo da parte di Macron di affermare la sua autorità. Ma anche perché i numeri parlano chiaro. E descrivono un malessere profondo.

Che cosa dicono i numeri

La Francia e le pensioni, va detto, hanno un rapporto non proprio tranquillo. Nel 1995, a provarci fu Jacques Chirac. Ma si ritrovò un intero Paese paralizzato dagli scioperi, oltre a cassonetti dei rifiuti bruciati e violenze diffuse. Lo stesso Macron, durante il suo primo mandato, aveva tentato una riforma audace: riunire sotto un unico cappello i 42 regimi pensionistici del Paese. A questo giro, ha «semplicemente» chiesto alle persone di lavorare per altri due anni. Convinto che, così facendo, il sistema sul lungo periodo sarà più sostenibile.

Su questo punto, proprio Macron insiste da tempo: i cambiamenti sono cruciali e valgono il sacrificio. E pazienza, affermano dal suo entourage, se questa mossa inevitabilmente gli farà perdere qualcosa, se non molto, in termini di popolarità e simpatia. I dati, insomma, parlano chiaro: se nel 2000 c’erano 2,1 lavoratori per ogni pensionato, nel 2020 questo rapporto era sceso a 1,7 mentre nel 2070 potrebbe toccare quota 1,2.

Eppure, l’opinione pubblica francese ritiene il sistema pre-riforma corretto. Di più, è la pietra angolare del sistema sociale del Paese. E un motivo d’orgoglio, visto che i pensionati francesi ad oggi hanno meno probabilità di vivere in povertà rispetto ai colleghi degli altri Paesi europei.

L’approccio di Macron, dunque, a detta dei critici sarebbe stato troppo duro. E violento, a suo modo. Anche perché studi indipendenti dimostrerebbero, al netto di un deficit nel sistema pensionistico per i prossimi venticinque anni, che la spesa per le pensioni non è fuori controllo. Perché, poi, spingere sulla riforma dell’età pensionabile e, allo stesso tempo, varare tagli fiscali per le imprese?

Il caso francese, certo, è emblematico. E sebbene nell’Esagono la protesta sia insita nel DNA, senza per questo scomodare la Storia e la Rivoluzione, è probabile che il tema diventi caldo nei prossimi anni anche altrove. Per dire: l’Organizzazione mondiale della sanità prevede che, da qui al 2050, la popolazione mondiale ultrasessantenne raddoppierà.

Le conseguenze politiche

Come si tradurrà tutto ciò a livello politico, al momento, non si sa. I manifestanti, sondaggi alla mano, sembrano rappresentare al meglio i sentimenti del Paese. Due terzi delle persone interrogate, ad esempio, sostengono i moti mentre l’indice di gradimento di Macron è sceso al 28%.

Macron, per ora, non ha mostrato alcun segno di cedimento. Anche se, stando ad alcuni esperti, potrebbe rimuovere Borne una volta che la crisi si sarà placata. Secondo altri opinionisti, il presidente e i suoi alleati intendono sfruttare le violenze delle manifestazioni per creare un fossato fra gli stessi manifestanti e l’opinione pubblica. Una strategia rischiosa, anche perché la questione pensioni è troppo radicata perché la tattica possa avere successo.

All’orizzonte, intanto, c’è chi inizia a sfregarsi le mani: Marine Le Pen, leader dell’estrema destra, desiderosa di ribaltare quanto deciso da Macron.

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