La polemica

«Piste chiuse? Noi italiani invidiamo la Svizzera»

Laura Kaltembacher, albergatrice di Bormio, torna sul dietrofront del Governo italiano in merito alla riapertura degli impianti sciistici e afferma: «Avevamo assunto personale e ordinato merce, adesso è tutto inutile»
© Shutterstock
Marcello Pelizzari
15.02.2021 12:56

Improvviso. Come una valanga. Parliamo del dietrofront del Governo italiano. Nessuna riapertura degli impianti sciistici. Al contrario, funivie e seggiovie rimarranno ferme in tutto il Belpaese. Fino al 5 marzo, poi si vedrà. Anche se dopo questa retromarcia appare difficile, diciamo pure impossibile, salvare la stagione invernale. Con tutte le conseguenze del caso per chi, questi impianti, li gestisce e per chi, come gli alberghi, vive grazie agli sciatori. «Ovviamente non siamo contenti» afferma Laura Kaltembacher dell’Hotel Terme a Bormio. Qui, va da sé, la riapertura rappresentava una speranza. La classica boccata d’ossigeno, sì. Per respirare almeno un po’ e guardare al domani con meno pessimismo. Niente da fare, il ministro della Salute Roberto Speranza ha gelato tutti. E adesso la domanda sorge spontanea: che si fa?

«Noi albergatori eravamo convinti di poter sfruttare la riapertura degli impianti per migliorare la situazione» prosegue Kaltembacher. «Avremmo guadagnato qualcosa in quest’ultima parte di stagione, ma appunto è arrivata questa mazzata e ora siamo amareggiati. Per non dire peggio». A infastidire sono soprattutto le tempistiche. La riapertura era stata annunciata per il 15 febbraio, i vari operatori coinvolti si erano mossi a suon di investimenti per farsi trovare pronti ma, sul più bello, le autorità hanno deciso diversamente. Prolungando lo stop. «E lo hanno fatto il 14 febbraio, giorno di San Valentino» dice, risentita, la nostra interlocutrice. «Siamo stati avvisati con zero anticipo, praticamente. Se l’intenzione era quella di non riaprire, beh, la comunicazione sarebbe potuta arrivare prima. Molto prima. C’è chi si era messo a preparare le piste, chi come noi aveva assunto personale extra e fatto ordinazioni di merce e generi alimentari».

«Aumento di prenotazioni grazie alla zona gialla»

C’era stato, immaginiamo, anche un aumento di prenotazioni. «Un aumento dettato, diciamo, dal ritorno della Lombardia in zona gialla» afferma Kaltembacher. «Soprattutto da Milano e in relazione alle vacanze di carnevale. Molte famiglie, insomma, volevano venire a Bormio con i bambini e sciare. C’è chi verrà lo stesso, ma le disdette non si contano più oramai».

Si riaprirà, forse, il 5 marzo dunque. «Ma a questo punto, con il grosso della stagione oramai alle spalle, non so se abbia senso riaprire gli impianti così tardi» ribadisce l’albergatrice. «Dobbiamo metterci in testa, ahinoi, che chiuderemo l’inverno in perdita. Ed è un peccato, considerando l’innevamento che quest’anno era davvero eccezionale». Una stagione (quasi) fantasma, con pochissime presenze nei vari hotel e in paese. «Ma Bormio, in particolare nei weekend, un po’ si ravviva. Chiaro, con la chiusura dei ristoranti e dei commerci alle sei di sera lo scenario si fa subito triste. E poi, è evidente, siamo ben lontani dallo struscio pre pandemia. Da parte nostra, avremmo tanto bisogno di poter tornare a programmare con un minimo di certezza. La situazione attuale non può durare in eterno. Penso agli impianti, a noi albergatori, ma anche ai vari negozi sportivi, a chi noleggia sci e a tutti i vari maestri. Bormio rischia di sprofondare in una crisi pesantissima».

«Anche qui avremmo sciato in sicurezza»

In tutto questo, a pochi chilometri da Bormio c’è la Svizzera. Ci sono, soprattutto, impianti di sci aperti. «E noi, da qui, guardiamo con un pizzico di invidia al vostro Paese» conclude Kaltembacher. «Il fatto è che anche in Italia, come da voi, erano stati approvati dei protocolli per la riapertura. Anche qui avremmo potuto sciare in sicurezza. Poi capisco la paura per le varianti, capisco anche il timore che troppa gente si sposti verso le località di montagna. E posso perfino capire, alla fine, che si decida di non riaprire. Quello che non digerisco è il fatto che la comunicazione, in merito, sia arrivata tardissimo. Quando praticamente stavamo riaprendo le piste».

In questo articolo: