Regno Unito

Portami l'ultima birra: il declino senza fine dei pub

Il numero di esercenti costretti a chiudere è in aumento: dal terzo trimestre dello scorso anno sono 729 i gestori che hanno abbassato la serranda – C'entrano l'inflazione e il costo della vita, ma anche le abitudini (cambiate) della società
© Shutterstock
Red. Online
21.08.2023 17:00

Oddio, a giudicare dal viavai di gente al sabato sera, nelle zone più calde di Londra e delle altre città britanniche, verrebbe da dire che i cosiddetti publican, come vengono chiamati i gestori dei pub, non hanno problemi. Di clienti, insomma, ce ne sono di tutti i tipi. E in abbondanza. A cominciare dai tifosi di calcio. Perché, allora, il Regno Unito sta conoscendo un'ondata di chiusure – a livello di pub – senza precedenti? Bella domanda.

La tempesta perfetta

Secondo Price Bailey, rinomato studio di commercialisti e consulenti aziendali, nel secondo trimestre del 2023 qualcosa come 223 pub hanno cessato la propria attività. In aumento rispetto ai 200 del primo trimestre. Complessivamente, dal terzo trimestre dello scorso anno 729 gestori di pub hanno abbassato, in via definitiva, la serranda. Rispetto al medesimo periodo fra il 2021 e il 2022, l'aumento è significativo: +80%. Possibile, nel Paese delle sbronze collettive? Evidentemente sì.

Addirittura, stando a Price Bailey nel semestre in corso il numero di fallimenti salirà. Ancora e ancora. Colpa, manco a dirlo, degli aggressivi aumenti dei tassi di interesse. Che hanno colpito, duramente, una categoria costretta a indebitarsi, negli anni scorsi, per superare l'emergenza coronavirus.

La Banca d'Inghilterra, al riguardo, ha assestato il tasso base al 5,25% dopo 14 rialzi consecutivi. Una mazzata, per molti esercizi, che dopo le chiusure dettate dalla pandemia possono sopravvivere solo in un regime di tassi bassi. Non solo, anche i proprietari di pub sono stati colpiti dall'aumento dei costi per l'energia. Come tutti gli altri sudditi di sua maestà. All'equazione, una vera e propria tempesta perfetta, bisogna infine aggiungere l'aumento del costo della vita. A detta di un sondaggio condotto da Campaign for Real Ale, associazione di consumatori che raggruppa i bevitori di birra e i frequentatori di pub in tutto il Regno Unito, nota come CAMRA, solo un britannico su dieci considera ancora conveniente, parlando di prezzo, bere una birra al pub. «Una pinta al pub con gli amici è uno dei semplici piaceri della vita e anche una parte unica del nostro patrimonio culturale» ha affermato al riguardo Nik Antona, presidente dell'associazione. «È devastante che così pochi di noi sentano di potersela permettere». L'anno precedente alla pandemia, una pinta costava in media 3,52 sterline, secondo i dati della BBPA, la British Beer and Pub Association. L'anno scorso, invece, il prezzo medio era già salito a 4,03 sterline. Tra l'altro, quasi un terzo di questa cifra va allo Stato, sotto forma di Imposta sul valore aggiunto e tassa sugli alcolici. A Londra, dove la clientela è notoriamente meno sensibile all'inflazione, i prezzi tra le sette e le otto sterline non sono affatto una rarità. L'anno scorso, il pub di Brixton The Craft Beer Co aveva fatto notizia con la birra probabilmente più costosa di tutto il Regno Unito. Il prodotto di un mini birrificio di San Diego, in California, costava qualcosa come 80,15 sterline a pinta. Roba da matti.

Il calo dura da anni

In termini assoluti, il numero di pub è in calo da diversi anni oramai. All'inizio degli anni Duemila se ne contavano, nel Regno, 60.800. Alla fine del 2022, dati della BBPA alla mano, ce n'erano appena 45.800. E le ragioni di questo calo non possono spiegarsi unicamente con l'inflazione o l'aumento dei tassi di interesse. Secondo gli esperti, infatti, a mancare sempre più è la figura del boozer. L'ubriacone, già. Le nuove generazioni, in particolare, sarebbero più attente alla salute o, meglio, non considerano la bevuta al pub né uno sport nazionale né tantomeno una parte, sacra, della cultura quotidiana britannica. Anche la composizione della società, con ampie fasce di britannici di fede musulmana, non sta certo facendo le fortune dei pub. Nella migliore delle ipotesi, ha spinto alcuni esercenti a reinventarsi: nel gennaio del 2020, ad esempio, fece scalpore l'apertura di un pub nell'East End di Londra, gestito dal birrificio scozzese Brewdog, nel quale venivano offerte esclusivamente birre analcoliche. Un approccio nuovo e, appunto, moderno che tuttavia non sortì gli effetti sperati: alla riapertura dopo le restrizioni dettate dal COVID, infatti, l'esercizio serviva anche alcolici. Ora, per contro, il pub è rientrato nella lunga lista di quelli costretti a chiudere i battenti.

Proprio la pandemia e il perdurare, per molti, del lavoro a distanza anche a emergenza conclusa hanno scombinato le carte a molti gestori. Abituati, prima che il mondo si fermasse, a intercettare i molti pendolari che, prima di rientrare al proprio domicilio, si fermavano per una birra o un boccone al volo con amici e colleghi, oggi si ritrovano con una clientela presente in ufficio solo per pochi giorni alla settimana. Il lunedì e il venerdì, in particolare, i quartieri della City sono vuoti.

Ma c'è chi guadagna

Bene, o male a seconda dei punti di vista. Ma chi potrebbe approfittare della crisi dei pub? Le grandi catene quotate in Borsa come Wetherspoon, fondata nel 1979 e attiva proprio nel settore dei pub e nell'albergheria. Il fatturato annualizzato del gruppo, attualmente, è di 2 miliardi di sterline. Un valore mai raggiunto, secondo il suo fondatore Tim Martin. Il segreto? Poter offrire, viste le dimensioni e i tanti punti vendita, prezzi più bassi rispetto alla concorrenza. Con ricavi aumentati di circa 100 milioni di sterline rispetto all'ultimo anno pre-COVID, il 2019, utili e numero di dipendenti pure in aumento, la situazione per questo colosso appare più che mai rosea.

Brewdog, dal canto suo, dopo l'esperimento fallito delle birre analcoliche punta ad arrivare a 300 pub sparsi nel Regno Unito entro il 2030. Il birrificio, detto del telelavoro, intende concentrarsi su snodi trafficati come la stazione londinese di Waterloo e, parallelamente, su offerte parallele all'interno degli esercizi come scivoli e piste da bowling. Una piccola, grande rivoluzione. Che sta facendo sempre più vittime fra gli esercenti ancorati alla tradizione.