Repressione

Proteste in Iran: nei fucili munizioni «prodotte in Italia e in Francia»

Le forze di scurezza iraniane avrebbero utilizzato cartucce dell'azienda italo-francese Cheddite, nonostante le sanzioni UE - I pallini metallici sono devastanti per gli occhi: «I reparti di oftalmologia pieni di pazienti»
© Twitter
Michele Montanari
28.11.2022 12:45

Parte dei colpi che feriscono e, troppo spesso, uccidono i manifestanti in Iran potrebbero avere firma italo-francese. Emerge da un’indagine del team investigativo The Observers dell’emittente televisiva internazionale France 24: in diverse città iraniane, dopo gli scontri con le forze di sicurezza, sarebbero state trovate cartucce per fucile prodotte dalla italo-francese Cheddite, azienda di munizioni con sedi a Livorno e Bourg-lès-Valence. Stando all’inchiesta, le cartucce per fucile non solo sarebbero state trovate in seguito alle proteste legate alla morte della 22.enne Mahsa Amini, lo scorso 16 settembre, ma verrebbero utilizzate per la caccia anche dopo il 2011, anno delle sanzioni dell'UE contro l'Iran, approvate proprio ad aprile di quell'anno. Nota sulla Svizzera: il Consiglio federale ha imposto sanzioni nei confronti delle Repubblica Islamica dell’Iran e ha emanato un’apposita ordinanza il 14 febbraio del 2007. Dal 19 gennaio 2011 la Confederazione ha deciso di applicare le sanzioni adottate dall'Unione europea.

Le sanzioni e le condanne dell’UE

Dal 2011 l’Unione europea ha adottato misure restrittive legate alla violazione dei diritti umani in Iran, tra queste vi sono il congelamento dei beni e il divieto di visto per persone ed entità responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, nonché il divieto di esportazione verso l'Iran di attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna, e di attrezzature per la sorveglianza delle telecomunicazioni. Nello specifico, negli ultimi anni l’UE ha adottato diverse restrizioni sul commercio di vari prodotti, tra cui «divieti di esportazione verso l'Iran di armi, di beni a duplice uso e di prodotti che possono essere utilizzati in attività connesse all'arricchimento; divieto di importazione di petrolio greggio, di gas naturale e di prodotti petrolchimici e petroliferi; divieto di vendita o fornitura di attrezzature essenziali utilizzate nel settore energetico, di oro, di altri metalli preziosi e diamanti, di talune attrezzature navali, di determinati software». Sul sito dell’Unione europea si legge: «A seguito della morte di Mahsa Amini, donne e uomini in tutto l'Iran hanno esercitato il loro diritto fondamentale di riunirsi e manifestare. Suscita preoccupazione la risposta delle forze di sicurezza e di polizia iraniane che è stata sproporzionata e ha causato la perdita di vite umane e un elevato numero di feriti. Per l'Unione europea e i suoi Stati membri, il diffuso e sproporzionato ricorso alla forza nei confronti di manifestanti non violenti è ingiustificabile e inaccettabile. Gli abitanti dell'Iran, come di qualsiasi altro Paese, hanno il diritto di manifestare pacificamente. Tale diritto deve essere garantito in ogni circostanza. La decisione delle pertinenti autorità iraniane di limitare drasticamente l'accesso a internet e di bloccare le piattaforme di messaggistica istantanea viola palesemente la libertà di espressione». Secondo diverse ONG per i diritti umani, da Iran Human Rights a Human Rights Watch, in Iran oltre 430 persone sarebbero state uccise durate le proteste iniziate a metà settembre e, tra le vittime, vi sarebbero anche 60 minorenni. Nicholas Marsh, ricercatore senior presso il Peace Research Institute Oslo, ha dichiarato a France 24: «Il regolamento attualmente in vigore stabilisce che non è consentito vendere fucili di alcun tipo, munizioni progettate per loro e componenti associate. La restrizione sulle armi da fuoco è stata aggiunta in un emendamento del 24 marzo 2012». Mentre Mehrdad Emadi, consigliere economico dell'Unione Europea, ha aggiunto: «Cheddite è legalmente responsabile, indipendentemente dal fatto che l'Iran abbia acquistato i prodotti direttamente o da terzi. Cheddite deve controllare i suoi acquirenti e assicurarsi che non rivendano i prodotti a organizzazioni terroristiche o a Paesi vietati dalle norme dell'UE, poiché i suoi prodotti non sono a duplice uso, ma sono progettati per ferire o uccidere».

Le cartucce Cheddite ritrovate in Iran

France 24 ha chiesto agli iraniani di inviare prove fotografiche delle munizioni utilizzate dalla polizia durante le azioni di repressione. Secondo il team investigativo, la maggior parte dei proiettili fotografati è stata fabbricata in Iran, ma 13 cartucce recuperate da otto diverse città iraniane (Teheran, Yazd, Shiraz, Mahabad, Karaj, Rasht, Sanandaj e Kamyaran) avevano il logo Cheddite. Un membro delle forze di sicurezza iraniane avrebbe dichiarato ai reporter che la sua unità «a volte viene dotata di cartucce da caccia». Cheddite è tra i più grandi produttori al mondo di cartucce da caccia e si occupa della fabbricazione e l'assemblaggio di ogni singolo componente per la creazione di una cartuccia. L’azienda produce gli inneschi, i bossoli, le polveri, le borre e i buscioni. Nello stabilimento di Livorno avviene l’assemblaggio dei singoli componenti: bossolo innescato, polvere, borra e piombo. I manifestanti iraniani hanno inviato a France 24 foto che mostrano tre cartucce a marchio Cheddite recuperate durante le proteste scoppiate il 16 settembre, mentre un gruppo di attivisti ha inviato altre immagini che mostrano ulteriori 10 cartucce a marchio Cheddite. Secondo un testimone, non sarebbe facile recuperarle poiché quando le forze di sicurezza sparano alle persone, cercano sempre di raccogliere tutti i bossoli rimasti sul terreno. Secondo France 24, il racconto è coerente con altre testimonianze riportate sui social media. Alcune delle cartucce trovate recavano solamente il logo «12*12*12*12*» (senza la scritta Cheddite, come altre ritrovate sul campo) e, secondo i giornalisti autori dell’inchiesta, l’azienda franco-italiana «è l’unico produttore noto a utilizzare quella sigla». Un membro della milizia iraniana Basij, che si sarebbe occupato della repressione delle proteste scoppiate a settembre, avrebbe dichiarato all’emittente televisiva che «l’equipaggiamento standard della sua unità per i fucili sono cartucce a marchio Maham», ma, durante questi mesi, sarebbero state utilizzate «anche cartucce da caccia non contrassegnate dal logo, piene di pallini di metallo, che causano “piccole ferite” su tutto il corpo delle vittime».

Lo sparo, poi il buio

Le cartucce che rilasciano pallini metallici sono particolarmente pericolose per gli occhi: in Iran numerosi manifestanti sarebbero stati accecati da queste munizioni. Stando a un’inchiesta del New York Times, tra gli effetti più devastanti della repressione da parte delle forze governative c'è proprio l'accecamento delle persone che hanno partecipato alle proteste. In tutto l'Iran, decine di manifestanti sarebbero finiti negli ospedali con gli occhi feriti irrimediabilmente dai pallini di metallo e dai proiettili di gomma che le forze di sicurezza sparano per disperdere la folla. Il dramma di queste ferite agli occhi è stato in parte silenziato a causa delle interruzioni dei servizi Internet. Ma le prove fornite al New York Times da medici, manifestanti, familiari dei pazienti e gruppi per i diritti umani hanno portato alla luce come i reparti di oftalmologia negli ospedali del Paese siano inondati da centinaia di pazienti feriti agli occhi. Nell’inchiesta si parla di 80 pagine di cartelle cliniche di diversi nosocomi iraniani: tra i danni si citano retine mutilate, nervi ottici recisi e iridi perforate. Più di 230 oftalmologi hanno firmato una lettera congiunta indirizzata al presidente dell'Associazione iraniana di oftalmologia, il dottor Mahmod Jabbarvand, invitandolo a rendere note al governo le «conseguenze irreparabili di tali gravi lesioni».

In questo articolo: