Aviazione

Quale fu il ruolo dei piloti nello schianto del volo Air France AF 447?

La domanda, in questi giorni, è tornata d'attualità complice il processo d'appello a Parigi nei confronti di Airbus e della compagnia francese
© AP/Teresa Suarez
Marcello Pelizzari
11.10.2025 13:30

Fu colpa dei piloti, quindi? La domanda, nel processo d'appello contro Airbus e Air France in merito allo schianto del volo AF 447 del 1. giugno 2009, è stata formulata male. In realtà, come in primo grado d'altro canto, sul banco degli imputati ci sono i rappresentanti del costruttore europeo e della compagnia. Eppure, l'impatto dell'equipaggio non può essere ignorato. Né sottaciuto. Domanda nella domanda: i tre piloti, quella notte, mentre sorvolavano l'Atlantico in viaggio da Rio de Janeiro a Parigi, disponevano di tutte le possibilità per superare la situazione venutasi a creare?

Le indagini hanno stabilito che alla tragedia hanno contribuito più fattori. A innescare la catena di eventi è stata una tempesta tropicale, che ha causato la formazione di ghiaccio sulle sonde di Pitot, essenziali per controllare la velocità di un aereo. Il guasto, a sua volta, ha causato l'attivazione degli allarmi di velocità nella cabina di pilotaggio dell'aereo e la disattivazione del sistema di pilotaggio automatico. In risposta, i piloti – interpretando erroneamente i segnali dell'aereo – hanno spinto il velivolo in una brusca salita, causando lo stallo e il successivo schianto in mare.

La scorsa settimana, il citato processo d'appello si è aperto con l'audizione del primo gruppo di esperti, comprendente tre piloti e un ingegnere. Quest'ultimo, Hubert Arnould, ha preso le distanze dagli altri membri. Concentrandosi, in particolare, sul comportamento e sull'atteggiamento del capitano di fronte alla massa tempestosa che stava prendendo forma davanti all'aereo, un Airbus A330-200, mentre si avvicinava alla cosiddetta zona di convergenza intertropicale. Dalle registrazioni vocali emerge con chiarezza che i piloti avevano individuato la massa. Non solo, erano pure stati informati dalla centrale operativa di Air France della presenza di una zona convettiva sulla loro rotta. Nel suo rapporto sull'incidente, costato la vita a 228 persone, il Bureau d'Enquêtes et d'Analyses francese (BEA) aveva dichiarato di non essere in grado di concludere «che l'attività temporalesca nell'area in cui il volo AF 447 è scomparso fosse eccezionale», indicando tuttavia la presenza di «un ammasso di potenti nubi cumulonembi, identificabile dalle 00.30» sulla traiettoria del volo.

Arnould, durante l'audizione, ha insistito sul fatto che il pilota di turno avesse chiesto più volte di poter salire oltre i 10.700 metri di altitudine per passare sopra l'ammasso temporalesco. Ricevendo, però, il rifiuto del capitano, Marc Dubois. È stata registrata, nello specifico, solo una deviazione, su iniziativa dell'altro pilota, che nel frattempo aveva sostituito il capitano andato a dormire, due minuti prima del guasto alle sonde di Pitot. Così l'esperto: «La formazione di un pilota di linea comprende la conoscenza dei temporali, del fatto che sono un pericolo e di come evitarli. Nonostante ciò, il capitano ha deciso di volare attraverso il primo temporale e poi di dirigere l'aereo direttamente verso il fronte intertropicale». Un punto di vista, quello di Arnould, in linea con l'analisi del BEA, secondo cui il capitano quella notte ha mostrato una reazione molto limitata alle preoccupazioni espresse in merito alla zona di convergenza intertropicale oltre a un certo distacco rispetto alla situazione meteorologica. Basti pensare che il capitano è andato a riposare quando l'aereo è entrato nella fascia di maltempo. Arnould, nella sua audizione, si è spinto oltre, considerando Dubois un fattore scatenante nella sequenza degli eventi. Un fattore perfino più impattante rispetto al congelamento delle sonde di Pitot. Un fattore, soprattutto, che potrebbe aver spinto uno degli altri due piloti, Pierre-Cédric Bonin, a salire sopra le nuvole come aveva suggerito in precedenza a Dubois. Portando l'aereo in stallo.

La posizione di Arnould ha suscitato reazioni forti in aula, a cominciare da quella del giudice. Il quale ha ricordato all'esperto che «la sua posizione potrebbe non essere condivisa da tutti». L'ingegnere, dal canto suo, ha spiegato di aver presentato pure una relazione separata. In difesa del comandante e dei piloti si è schierata anche Entraide et Solidarité AF 447, la principale associazione dei famigliari delle vittime. Il rappresentante dell'associazione, l'avvocato Sébastien Busy, ha chiesto ad Arnould se fosse un pilota di linea, ben sapendo che l'ingegnere è un pilota privato. «Pensa che i piloti di Air France siano dei kamikaze che volano contro i temporali? Lei è l'unico non pilota di linea a giudicare il lavoro dei piloti di linea e a dire che hanno fatto qualcosa». E ancora: «Anche se alcuni troveranno da ridire sui piloti, penso che come gli altri, erano su quell'aereo, sono morti su quell'aereo e sono vittime di quell'aereo».

Detto di Arnould, anche altri esperti, come Michel Beyris, hanno sottolineato l'impatto dei piloti sulla catena degli eventi che hanno portato allo schianto dell'Airbus. Non appena il pilota automatico si è disconnesso, ha spiegato Beyris, è stato registrato un pilotaggio «brutale» seguito da un fenomeno particolare, di cui è rimasto vittima il pilota di turno, ovvero il tunneling: riassumendo al massimo, Bonin non ha più prestato attenzione ai suoi strumenti, come l'orizzonte artificiale, l'altimetro o il variometro, perdendo così di vista l'assetto dell'aereo. Beyris ha definito l'operato dell'equipaggio «insoddisfacente». L'esperto ha pure osservato che l'altro pilota presente in cabina, David Robert, quella notte ha notato l'aumento di quota anomalo, ma era troppo preso dai messaggi di errore che sputava il sistema di monitoraggio elettronico centralizzato dell'aeromobile (ECAM) e dai tentativi di richiamare il comandante per poter seguire efficacemente la traiettoria. Eppure, era un suo compito. Prioritario, anche. Beyris, infine, ha notato una forte, fortissima mancanza di chiarezza da parte del comandante nel scegliere il suo vice per il volo. Da parte sua, il BEA nel suo rapporto aveva parlato di una «destrutturazione del lavoro dell'equipaggio». Una constatazione che, per quanto brutale, non risponde alla domanda delle domande: i piloti disponevano di tutta la formazione e di tutte le informazioni necessarie per affrontare la situazione?

Airbus e Air France, in prima istanza, nell'aprile del 2023, erano stati prosciolti dall'accusa di omicidio colposo. All'epoca, il Tribunale di Parigi aveva giudicato che, sebbene fossero state commesse «colpe», «nessun nesso causale certo» con l’incidente poteva «essere dimostrato».

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