Quando i social possono fare male ai giovani

Giovani e social media: un rapporto di amore e odio, a volte molto complicato, che ha fatto scattare l’ennesimo allarme. Dopo un recente studio di Dipendenze Svizzera, secondo cui una «minoranza significativa» di adolescenti fa un uso problematico dei social (il 4% dei maschi e il 10% delle femmine di età compresa tra gli 11 e 15 anni), a puntare i riflettori sulle piattaforme digitali, questa volta, è il chirurgo generale degli Stati Uniti Vivek Murthy, capo esecutivo dello United States Public Health Service Commissioned Corps, nonché portavoce delle questioni di salute pubblica all'interno del governo federale, che martedì ha pubblicato un avviso straordinario sui rischi dei social media per i giovani. L'avvertimento è arrivato proprio nel giorno in cui la Casa Bianca ha lanciato l'allarme sulla «crisi di salute mentale giovanile senza precedenti» negli Stati Uniti, con un aumento di quasi il 30%, negli ultimi anni, dei casi di depressione e ansia.
Nel rapporto di 19 pagine, il dottor Vivek Murthy afferma che gli effetti dei social media sulla salute mentale degli adolescenti non sono stati ancora completamente compresi e che le piattaforme digitali potrebbero essere anche utili per alcuni utenti. Tuttavia, viene sottolineato come ci siano «ampi indicatori che nell’uso dei social vi sia un profondo rischio di danni alla salute mentale e al benessere di bambini e adolescenti».
Il rapporto, inoltre, suggerisce alcune raccomandazioni pratiche per aiutare le famiglie a guidare i giovani. Ad esempio, viene consigliato ai genitori di evitare i device elettronici durante i pasti o limitarne l'uso durante il giorno, promuovendo i rapporti personali e la conversazione. Oppure si invitano madri e padri a responsabilizzare i figli sulla diffusione dei dati personali e l’importanza della privacy. Nel report non vi sono indicazioni su quale potrebbe essere un uso sano dei social media, che – meglio precisare – non vengono in alcun modo condannati. C’è però un monito ad approfondire l’argomento, in quanto non ci sono prove sufficienti per determinare se i social media siano sufficientemente sicuri per i giovani.
Il chirurgo generale degli Stati Uniti, citato dal New York Times, ha invitato le grandi compagnie digitali a imporre limiti di età e a creare impostazioni predefinite con elevati standard di sicurezza e privacy, specialmente per i bambini. Il medico ha pure esortato il Governo americano a creare standard di sicurezza legati all’uso delle piattaforme da parte dei giovani. Sebbene la maggior parte delle piattaforme applichi un requisito di età minima di 13 anni, quasi il 40% dei bambini americani di età compresa tra gli 8 e i 12 anni accede regolarmente sui social.
Stando a un sondaggio di Pew Research, fino al 95% degli adolescenti utilizza almeno una piattaforma online, mentre più di un terzo usa i social media «quasi costantemente». Tornando allo studio di Dipendenze Svizzera, oltre l'80% dei giovani di età compresa tra gli 11 e i 15 anni frequenta quotidianamente i social network, con un tasso di utilizzo problematico di circa il 7%.
Il New York Times, citando alcuni studi, fa notare che con la crescita degli utenti sono aumentate pure le diagnosi cliniche di ansia e depressione negli adolescenti, nonché i casi di autolesionismo e di tendenze suicide. Il recente rapporto – continua il NYT – potrebbe incoraggiare ulteriori ricerche per capire se ci sia una effettiva correlazione tra i problemi di salute mentale dei giovani e l’uso dei social. Da uno studio interno della società madre di Facebook, Meta, è emerso che nel 14% delle adolescenti che usano Instagram i pensieri suicidi si sono intensificati, mentre il 17% delle ragazzine attive sul social ha affermato di aver notato un peggioramento nei disturbi alimentari. Negli ultimi anni, però, sono state pubblicate diverse ricerche sull'argomento e i risultati sono stati poco coerenti e ricchi di sfumature, suggerendo come le piattaforme online possano avere un impatto sia positivo che negativo sul benessere dei giovani. I social media non vanno dunque stigmatizzati, ma studiati più a fondo: questi strumenti hanno innegabili aspetti positivi, come la possibilità di aiutare i giovani a connettersi con gli altri, a far parte di una comunità e ad esprimersi.
Nel documento sono però elencati anche gli aspetti negativi: i social sono luoghi pieni di contenuti «estremi, inappropriati e dannosi», inclusi quelli che possono far sembrare normali gli atti di autolesionismo, i disturbi alimentari e altri comportamenti autodistruttivi. Senza contare un fenomeno dilagante come il cyberbullismo. Inoltre, va ricordato che queste piattaforme hanno interessi economici e mirano a mantenere gli utenti online per più tempo possibile, utilizzando tecniche che spingono le persone a «comportamenti simili alla dipendenza». Per Vivek Murthy è necessario monitorare e approfondire quello che potrebbe diventare «un problema urgente di salute pubblica».