Quando la Kellogg's viene accusata di essere «woke»

Dopo lo scandalo degli M&M's di qualche mese fa, un altro prodotto alimentare è finito nell'occhio del ciclone. Con l'accusa, in questo caso, di «sessualizzazione». Parliamo dei tanti amati cereali Kellogg's, consumati anche alle nostre latitudini. Negli Stati Uniti, la nota azienda è stata accusata di aver «sessualizzato» alcune confezioni realizzate per il «Proud Month» (il mese dell'orgoglio, ndr). E non solo. Il noto marchio di cereali sarebbe colpevole di aver adottato pratiche di assunzione, formazione e promozione «infuse di ideologia woke» e basata «su una discriminazione illegale basata sulla razza». Critiche pesanti, queste, mosse dalla America First Legal. Un'organizzazione conservatrice senza scopo di lucro gestita da Stephen Miller. L'uomo che il Telegraph definisce «lo zar dell'immigrazione di Donald Trump alla Casa Bianca».
L'associazione, leggiamo ancora sul quotidiano britannico, sembra fare sul serio. Tant'è che avrebbe chiesto a un'agenzia antidiscriminazione degli USA di indagare sulla Kellosg's, per capire quali siano realmente le sue politiche di diversità sul posto di lavoro. E capire quanto soddisfino il progetto di un team equilibrato, a livello di razza e sesso dei dipendenti assunti.
La nuova campagna realizzata per il Proud Month, quindi, sarebbe solo un ulteriore pretesto per puntare il dito contro l'azienda produttrice di cereali. Mercoledì, l'AFL ha infatti presentato una denuncia federale per i diritti civili alla Commissione per le pari opportunità di impiego. Dimostrando, una volta di più, di essere pronta ad andare a fondo alla questione.
Nella lettera, l'organizzazione afferma che la Kellog's abbia dichiarato di voler avere «il 25% di talenti sottorappresentati a livello manageriale» entro il 2025, promuovendo programmi di borse di studio aperti unicamente alle minoranze razziali. «Le pratiche occupazionali di Kellogg's sono illegalmente basate sull'equità, il che è un eufemismo per indicare la discriminazione legale», si legge tra le dichiarazioni degli avvocati.
E non è tutto. L'America First Legal ha fatto sapere di aver inviato una lettera anche al consiglio di amministrazione dell'azienda di cereali, minacciando addirittura azioni legale da parte degli azionisti, qualora le politiche adottate in materia di assunzioni e diversità sul posto di lavoro rimanessero invariate. Minacce non da poco, per intenderci. Ma la Kellogg's è in buona compagnia. La stessa sorte, verosimilmente, potrebbe toccare anche la Target Corp, citata anch'essa in giudizio per conto di un investitore. In questo caso, si sostiene che il rivenditore non sia riuscito ad anticipare le reazioni dei clienti per i prodotti a tema LGBTQ, che hanno di conseguenza danneggiato il valore delle sue azioni.
Come nel caso dello scandalo degli M&M's, queste denunce fanno parte di una campagna promossa da gruppi legali conservatori e legislatori repubblicani. Volta a smascherare le cosiddette politiche «woke» tra le grandi aziende negli Stati Uniti.
«Dalle famiglie alle drag queen»
Ma torniamo, per un momento, a parlare della nuova campagna di Kellogg's. Dopotutto, sebbene l'intento primario dell'organizzazione conservatrice fosse un altro, le accuse non si sono di certo risparmiate nemmeno sui nuovi prodotti. L'America First Legal, parlando delle nuove scatole di cereali, ha affermato con una certa sicurezza che l'azienda «ha abbandonato il suo approccio di marketing, da sempre favorevole alle famiglie, per politicizzare e sessualizzare i suoi prodotti». In particolare, facendo riferimento alle confezioni di cracker Cheez-It su cui appare la drag queen RuPaul, e a quelle di cereali che celebrano il Proud Month LGTBQ.

A dirla tutta, poi, alla AFL non sono piaciuti neppure gli scatti dei Tony Awards di giugno, in cui si vede ritratto Tony the Tiger, noto personaggio dell'azienda, insieme a DylanMulvaney, influencer transgeder. Un'altra mossa, insomma, che a detta dell'organizzazione, contribuirebbe ad alimentare le convinzioni che la Kellogg's adotti politiche woke.